Da tempio del rugby a cattedrale. Lo stadio di Marsiglia in 36 ore è stato trasformato per accogliere la messa conclusiva della visita pastorale di papa Francesco. Sotto la copertura ondulata del Velodrome, la Francia del rugby che giovedì 21 ha sconfitto la Namibia, celebrando la vittoria in piazza e ristoranti, oggi cede il passo alle centinaia di fedeli che salutano Francesco lungo i sei chilometri percorsi in papamobile, e ai sessantamila che si ritrovano allo stadio, colorato di bianco e azzurro. Il maestrale ha spazzato via le nuvole e le forze dell’ordine hanno messo in sicurezza ogni angolo delle strade dove passano il capo della Chiesa di Roma e le autorità politiche ed ecclesiastiche. La ferita del terrorismo è ancora viva. La ricorda anche il Papa, a fine messa, che saluta le persone arrivate da varie parti della Francia, cita «i fratelli e le sorelle venuti da Nizza sopravvissuti al tremendo attentato del 14 luglio 2016» e rivolge «un ricordo orante a quanti persero la vita in quella tragedia e in tutti gli atti terroristici perpetrati in Francia e in ogni parte del mondo».
Il Papa è arrivato al termine di una settimana dedicata al Mediterraneo, che ha visto il lavoro comune di 70 giovani e 70 vescovi provenienti dalla cinque rive del mare nostrum, decine di iniziative realizzate in parrocchie, moschee e sinagoghe, in luoghi di culto e centri culturali, sui battelli e nelle piazze, e ha dato il suo messaggio “politico” nei discorsi al memoriale dedicato ai morti in mare e al palais du pharo alla presenza del presidente Macron e delle autorità politiche e amministrative. «Lei ha voluto attirare gli sguardi del nostro Paese verso questo Mediterraneo e risvegliare le nostre coscienze alla responsabilità che abbiamo nei confronti di questo spazio che fa parte della nostra storia e della nostra geografia», gli dice ringraziandolo il cardinale di Marsiglia, Jean-Marc Aveline.
Nella messa conclusiva Francesco riporta tutto al cuore del Vangelo. Lo fa partendo dal brano della Visitazione. Nell’incontro tra Maria ed Elisabetta, due maternità impossibili, si gioca tutto la creatività e la potenza del Dio della fede cristiana. Un Dio che «fa visita non attraverso eventi celesti straordinari, ma nella semplicità di un incontro. Dio viene sull’uscio di una casa di famiglia, nel tenero abbraccio tra due donne, nell’incrociarsi di due gravidanze piene di stupore e di speranza». È da questa Parola che Francesco parte: «Chi crede, chi prega, chi accoglie il Signore sussulta nello Spirito, sente che qualcosa si muove dentro, “danza” di gioia». Il cuore piatto, il cuore freddo, è espressione di «passioni tristi», di chi «si blinda nell’indifferenza e diventa impermeabile, insensibile a tutto e a tutti, pure al tragico scarto della vita umana, che oggi viene rifiutata in tante persone che emigrano, così come in tanti bambini non nati e in tanti anziani abbandonati». È di un «nuovo sussulto» che ha bisogno allora la nostra vita, la vita della Chiesa, la Francia, l’Europa: «Abbiamo bisogno di ritrovare passione ed entusiasmo, di riscoprire il gusto dell’impegno per la fraternità, di osare ancora il rischio dell’amore nelle famiglie e verso i più deboli, e di rinvenire nel Vangelo una grazia che trasforma e rende bella la vita». I cristiani che sussultano, dice Francesco, «accolgono il fuoco dello Spirito per poi lasciarsi bruciare dalle domande di oggi, dalle sfide del Mediterraneo, dal grido dei poveri, dalle “sante utopie” di fraternità e di pace che attendono di essere realizzate». L’ultimo pensiero va a Notre Dame de la Garde, perché «vigili sulla vostra vita, custodisca la Francia e l’Europa intera e ci faccia sussultare nello Spirito». Quindi l’invito a pregare per lui. Anche perché, dice a braccio, mentre lo stadio applaude in piedi, «c’est pas facile».