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mercoledì 07 giugno 2023
 
Bambini “chirurgici”
 

Bambini in ospedale: quando le cicatrici diventano tenere fiabe

23/08/2016  Giulia ha subìto 43 operazioni, Mattia “solo” quattro. A Trieste un’associazione segue le famiglie e i bambini come loro non solo in ospedale. E per superare il trauma hanno scritto un libro di racconti

Dalla sala parto, alla sala operatoria. Senza neanche abbracciare la madre. Ci sono bambini che si affacciano alla vita sperimentando, al posto delle carezze materne, l’invasione di un catetere, l’intubazione o l’ago della flebo. A causa di una malformazione di qualche tipo, ancor prima di vedere la luce sono costretti a sottoporsi a un complesso intervento chirurgico. Il primo, spesso, di una lunga serie.
Com’è stato per Mattia, triestino, che a otto anni ha già subìto quattro operazioni alle mani. E una quinta è già programmata. Ogni volta sembra sia quella definitiva, e ogni volta i genitori devono rimettersi in viaggio con lui, per un lontano ospedale di Amburgo.
Com’è stato per Giulia, di Pordenone, che di anni ne ha dieci e di interventi chirurgici ne ha già subiti 43. Sì, non è un errore: proprio quarantatré, in media più di uno a trimestre, cioè a ogni cambio di stagione. Da quando è nata. L’ultimo nel gennaio scorso alle dita della mano destra. «Perché avevo il pollice ciompo», spiega scherzando la bambina. Così al Gaslini di Genova le hanno sostituito il pollice con l’indice. Sulla piccola paziente sono intervenuti i chirurghi delle principali pediatrie italiane, da Trieste a Pavia, passando per Monza e Firenze.
Quante cicatrici su quei corpicini, ma soprattutto sul cuore di questi bambini. E quali ansie e paure nell’intimo dei loro genitori. È per questo che 11 anni fa, per alleviare le sofferenze e dare sostegno a questi piccoli ammalati e alle loro famiglie, a Trieste è nata ABC, l’Associazione per i bambini chirurgici dell’ospedale pediatrico Burlo Garofolo. Una squadra di volontari, tra cui psicologhe e psicoterapeute, che si fanno in quattro per affiancare madri e padri di neonati a cui sono state diagnosticate gravi malformazioni fisiche. L’azione d’aiuto inizia già durante la gravidanza, per proseguire in corsia d’ospedale durante la degenza. Quindi, dopo il parto e durante il ricovero del neonato, ABC mette a disposizione dei genitori provenienti da fuori due appartamenti.
«Le famiglie già provate e in difficoltà possono così trovare un ambiente familiare e confortevole in cui sentirsi a casa e alleviare le tensioni dell’ospedalizzazione dei figli», spiega la direttrice dell’associazione Giusy Battain. Un terzo appartamento è in ristrutturazione e tra poco sarà a disposizione di nuove famiglie. Qualora i locali siano tutti già occupati, l’associazione affitta a proprie spese appartamenti in bed & breakfast.
«La permanenza a volte dura anche sette, otto mesi, a seconda della gravità e complessità degli interventi sui bimbi». In due anni sono state accolte oltre sessanta coppie provenienti dall’Italia, ma anche dall’estero, molte dai Paesi dell’Est o da zone di guerra. Grazie ai ponti di solidarietà, giungono, infatti, all’“eccellenza chirurgica” del Burlo molti bambini con mutilazioni e traumi causati da eventi bellici.
«Altre famiglie hanno bisogno di un aiuto economico per sostenere le spese delle cure ospedaliere», prosegue la direttrice. ABC rifonde le spese del viaggio a Trieste, copre anche il costo per il trasporto in ambulanza.
«I momenti più brutti? Quando si indossa camice e mascherina per accompagnare la nostra piccola in sala operatoria. Non è facile per un genitore vedere un figlio, affetto da gravi patologie malformative, sottoposto in età così tenera a continui interventi chirurgici. Se non ci fosse stata l’associazione, non so come avremmo affrontato i frangenti più traumatici», testimonia Federica Sist, giovane mamma di Giulia. «Ci hanno assistito in tutto. Abbiamo ricevuto perfino i sondini per i re‘flussi».
ABC è stata fondata nel 2005 da Giusy Battain e Luca Alberti, genitori di Riccardo, un bimbo a cui era stata diagnosticata una malformazione tumorale, guarito dopo una serie di terapie chirurgiche. «Aver vissuto sulla nostra pelle l’esperienza di mettere al mondo un figlio che in sala parto devi lasciare, per affidarlo alle mani dei chirurghi e rivederlo dopo tre giorni, ci ha cambiato e ci ha motivato a creare qualcosa che sia d’aiuto in una situazione simile». È passato un decennio e ABC è cresciuta come i suoi “bambini chirurgici”: ora garantisce anche formazione del personale ospedaliero del Burlo, l’aggiornamento delle tecniche chirurgiche e sostiene la ricerca.
L’ultimo “miracolo” si chiama Nella foresta veramente scura, un libro speciale, illustrato da grandi disegnatori, che raccoglie dieci “storie di avventure, cicatrici e coraggio”, narrate da altrettanti bambini “chirurgici”. Seguiti con amore da Rosella Giuliani, psicoterapeuta dell’età evolutiva, i bambini raccontando esorcizzano tutte le paure. Gli interventi chirurgici diventano brutti dinosauri predatori che minacciano i dinosauri buoni. Ma alla fine i cattivi perdono.

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