Il professore Vescovi con mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita
La stretta di mano è vigorosa. Come le bordate che il professor Angelo Vescovi, 54 anni, lancia dal suo ufficio dell’Università Bicocca di Milano, dove insegna Biologia cellulare. Ha fondato e dirige il Laboratorio Cellule Staminali, Cell Factory e Biobanca di Terni e dal 2010 è direttore scientifico dell’Irccs Casa Sollievo della sofferenza di San Giovanni Rotondo, l’ospedale voluto da Padre Pio. Con Revert Onlus, Vescovi è stato il primo a guidare la sperimentazione clinica che utilizza staminali cerebrali prive di problematiche etiche, effettuando nel 2012 il primo trapianto al mondo in un paziente affetto da Sla.
L’obiettivo è trovare un metodo di cura per le malattie neurologiche e neurodegenerative come la Sla, il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, l’Alzheimer, ma anche il cancro al cervello. Il suo mentore è monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita. «Senza il suo aiuto», chiosa Vescovi, «non saremmo neanche partiti».
Cosa sono le cellule staminali?
«L’ufficio manutenzione del nostro organismo. Tutte le cellule del nostro corpo svolgono una precisa funzione che può determinarne un progressivo deterioramento. I nostri tessuti perdono costantemente parte delle cellule che li compongono. Per consentire la nostra sopravvivenza è quindi necessario che le cellule degenerate vengano rapidamente sostituite; questo è il ruolo delle staminali: garantire il mantenimento dell’integrità dei nostri tessuti».
Perché le staminali embrionali presentano problemi etici?
«Perché bisogna produrre l’embrione in vitro e poi distruggerlo per estrarle. Una scienza che crea un essere umano per distruggerlo contraddice quello che è per me la scienza stessa, che studia la vita per proteggerla e curarla e non la crea in laboratorio per distruggerla e poi studiarla».
Molti suoi colleghi la accusano di essere oscurantista...
«Poche storie: l’embrione è parte dell’essere umano. La vita si sa benissimo quando comincia: quando i due gameti sono separati il grado di disordine è infinito; quando si fondono, cala a un valore misurabile. Questo passaggio repentino segna l’inizio della vita e nessuno può smentirlo».
Allora come se ne esce?
«Shinya Yamanaka (Nobel per la medicina nel 2012, ndr) ha messo a punto un metodo che ricava cellule simil-embrionali partendo dalle cellule adulte. Chi diceva che non c’erano alternative a quelle embrionali diceva una bugia. La verità è che sono stati fatti investimenti economici e di carriere su un sistema che presenta grossi problemi etici».
Per questo nel 2005 si schierò con i cattolici per l’astensione nel referendum sulla fecondazione assistita...
«E mi sono arrivate anche minacce di morte. Io sono agnostico ma non si può creare l’essere umano per distruggerlo, si trovano altre soluzioni».
Le cellule usate nella sua sperimentazione arrivano da feti deceduti per cause naturali, giusto?
«Sì, per questo non presentano problemi etici».
Perché queste cellule possono rivelarsi ottime alleate nella cura delle malattie neurodegenerative?
«La staminale ha una funzione di emergenza. Quando c’è un danno ai tessuti, se ne accorge ed entra in uno stato iperattivo, producendo molte più cellule riparative rispetto al normale».
Ora che la sperimentazione è alla fase 2, cosa si sente di dire a un familiare di un malato di Sla?
«La sperimentazione di fase 1, dopo tre anni e 18 pazienti trapiantati, è andata meglio di quanto mi aspettassi. Qualcosa s’intravede, anche se la cura è ancora molto lontana».
La speranza è che le staminali trapiantate possano rallentare o bloccare la morte delle cellule nervose...
«Esattamente. Nel 2017 partiamo con la sperimentazione sulla sclerosi multipla e un mese fa è stata autorizzata quella per i tumori cerebrali maligni incurabili».
Com’è nata l’amicizia con monsignor Vincenzo Paglia?
«A Narni, in Umbria. Era l’estate del 2001, mi ero appena trasferito al San Raffaele e stavo illustrando i dati sulla sclerosi multipla durante un seminario. Paglia era tra il pubblico, rimase impressionato e da lì cominciammo a parlarne. Si è innamorato di questo progetto, l’ha protetto e ci ha permesso di andare avanti».
C’è un fatto personale che l’ha spinta a dedicarsi a questo tipo di sperimentazione?
«Una mia amica aveva la bimba affetta da Sla e mi colpì il fatto che non potevano mai abbracciarsi a causa della malattia. All’ospedale neurologico Besta ho visto bambini con malattie terribili. È lì che è cominciata la mia battaglia contro il caos, perché la malattia è caos».
Di lei hanno detto che fa demagogia, che il furto alla Bicocca nel 2008 in cui venne distrutta la sua banca cellule era falso. Cosa le dà più fastidio?
«La disonestà intellettuale di certi colleghi che non riconoscono la realtà dei fatti e cioè che questo è un metodo funzionante e ci sono ricercatori all’estero che lo fanno con fior di finanziamenti. Noi in Italia l’abbiamo fatto quasi senza soldi. Nel mondo della ricerca ci sono delle lobby che lavorano per portare i finanziamenti a gruppi precisi. Tu puoi avere il progetto di ricerca più bello del mondo ma se non appartieni a queste lobby i nanziamenti non li ottieni. E questo sistema serve a far avanzare le carriere di alcuni ma danneggia in primis i giovani ricercatori e le persone che dalla ricerca aspettano una speranza di cura».
Cos’è per lei Dio?
«Nella tradizione taoista c’è un fumetto con un’onda piccola e dietro una grossa che vanno verso la spiaggia. La piccola dice alla grande: “Perché sto facendo questa cosa, chi sono io?”. E l’altra risponde: “Non siamo nient’altro che due piccoli frammenti dell’unica grande cosa che è il mare”. Ecco, gli esseri umani sono delle increspature, delle onde sulla supeficie di Dio. Dio è il tutto».