Il Sinodo dei vescovi si è aperto. Non è un refuso o un ritardo redazionale nella pubblicazione di questo testo. No, quello appena terminato a Roma è un Sinodo che si è aperto alla Chiesa e al mondo e tale vuole restare nel “cammino insieme” che vescovi e popolo di Dio continuano a percorrere sulle strade del mondo, là dove il Signore ha posto i suoi discepoli come testimoni della misericordia che copre la miseria umana.
Il Sinodo si è aperto all’ascolto delle Chiese locali, in questi due anni in cui a tante realtà ecclesiali di ogni continente è stata offerta la possibilità di confrontarsi con le gioie, le speranze, le ferite di tante famiglie, di uomini, donne e bambini in carne e ossa che attendono un sostegno alla loro fede, una parola di consolazione per le loro sconfitte, un segno di speranza per un futuro di dignità, una mano che incoraggia e un cuore che accoglie.
Ma il Sinodo si è aperto, soprattutto nelle tre settimane di intensi lavori a Roma, anche all’ascolto reciproco tra vescovi, all’accoglienza della parola ferma e mite di papa Francesco, alla comprensione di linguaggi e culture così diversi eppure concordi nel desiderio di rendere conto della speranza cristiana deposta nei cuori di tutti i battezzati. Si è aperto alla sinodalità, cioè al fare “cammino insieme” dietro l’unico Signore, al riflettere tutti sulle questioni che riguardano tutti: persone sposate e celibi, anziani e giovani, famiglie felici e lacerate, bambini di strada e bambini soldato, migranti in fuga e coniugi abbandonati... La famiglia cristiana è realtà che non si può declinare al singolare: non solo perché è di per sé aperta all’altro, all’inatteso che la visita, ma anche perché ha avuto e ha infinite sfaccettature legate alla storia, alla cultura, alla tradizione, agli usi e alle consuetudini. Diversità e sfaccettature che costantemente devono confrontarsi con il Vangelo e con la capacità umana di capirlo sempre più in profondità.
Frutto di queste aperture è la relazione finale ampiamente condivisa e tutta permeata di misericordia, preludio a un atteggiamento nuovo verso le persone maggiormente ferite nelle loro storie familiari, a una sollecitudine rispettosa delle loro coscienze, a una cura pastorale attenta alle membra più deboli del corpo di Cristo. Ora si apre un anno giubilare durante il quale papa Francesco ha voluto che le porte di tante chiese in tutto il mondo si spalancassero per accogliere chi vuole tornare all’abbraccio del Padre.
Un anno che vuole inaugurare una lunga stagione in cui anche le porte del nostro cuore si devono aprire a Cristo che bussa per entrare, le porte delle nostre case e chiese si devono aprire per farci uscire incontro al nostro fratello minore che torna, alla vittima dei briganti lasciato per strada moribondo; una stagione in cui le finestre delle nostre stanze si devono spalancare al vento dello Spirito e alla voce della Parola che ci fa ardere il cuore nel petto. Sì, il Sinodo si è aperto e possiamo davvero rallegrarci perché è riuscito a esprimere un canto alla misericordia: ha preferito lo spirito alla lettera, la realtà umana alle idee, la vita delle persone alle formule.