Chiara Pazzaglia, presidente delle Acli Provinciali di Bologna
"Le Acli sono anzitutto una grande azienda italiana, con circa 6.000 dipendenti di sistema, per non parlare dell’indotto. A Bologna i dipendenti dei servizi sono attualmente una sessantina, dunque siamo un buon campione di riferimento. Al primo controllo, che d’ora in poi faremo a tutti all’ingresso, ogni giorno, non abbiamo trovato nessuno sprovvisto di green pass". Chiara Pazzaglia, presidente delle Acli di Bologna, cerca di smorzare i toni ma al contempo si dice preoccupata sulla situazione di colf e badanti. "Ci siamo però confrontati civilmente con alcuni collaboratori che hanno dichiarato di essere contrari a tale misura: fa parte di una sana dialettica democratica che, per ora, riusciamo a gestire senza tensioni particolari".
Lei in questi giorni ha lanciato un allarme relativo alle colf e alle badanti, cosa sta succedendo?
"Abbiamo individuato alcune criticità, grazie alle segnalazioni dei collaboratori dell’Ufficio Colf e Badanti del Patronato Acli e grazie alle richieste dei nostri clienti, i datori di lavoro domestico. Occorre anzitutto sciogliere il nodo della validità dei vaccini Sputnik e Sinovac: l’hanno ricevuto molti lavoratori stranieri e, per adesso, non dà diritto al green pass. Sappiamo che, in queste ore, è in corso una discussione sul punto: i cittadini di San Marino hanno ottenuto la deroga fino al 31 dicembre, l’auspicio è che questa deroga possa valere per tutti. L’altro punto cruciale riguarda i controlli: gli anziani, i disabili assistiti e le loro famiglie sono molto preoccupati di questo. Spetta a loro l’onere della verifica del green pass, ma molti di questi non hanno lo smartphone o la capacità di usare l’app preposta. Alcuni sanno che la propria badante non è vaccinata, spesso non vuole nemmeno sottoporsi al tampone e temono da un lato per la loro salute, dall’altro di incorrere in sanzioni. Faticano altresì a sostenere la spesa dei tamponi al posto della lavoratrice: di per sé, un lavoratore domestico grava già moltissimo sulle casse di una famiglia. I nostri clienti ci stanno chiedendo di frequente chi altri, oltre a loro, potrebbe verificare l’assenza del green pass e multarli".
E voi come rispondete?
"In realtà, non siamo in grado di rispondere. Alcuni chiedono di designare le Acli al controllo, ma non possiamo farlo. Gli anziani, particolarmente affezionati alla propria assistente e necessitati a non perderla, tacciono anche con i familiari di fronte all’inadempienza dell’obbligo: il rischio è che siano i figli, o gli amministratori di sostegno, a licenziare la badante, di fronte all’assenza di green pass. Questo inficia molto il benessere dell’anziano: d’altra parte, si rischia di sprofondare di nuovo nell’avanzare del lavoro nero, già, purtroppo, molto diffuso nel settore. Senza voler mettere a rischio la salute degli anziani, riteniamo che non possa gravare su di loro una simile responsabilità: c’è chi ha preferito licenziare la badante non vaccinata (si può sempre interrompere sine causa il contratto di lavoro domestico, con opportuno preavviso), ma spesso queste hanno la residenza a casa dell’assistito, per cui restano comunque a vivere con lui. Ormai, chi assume chiede per prima cosa se hanno il green pass ed è sempre più difficile trovare una badante convivente. Le Acli di Bologna gestiscono annualmente circa 3.200 contratti di lavoro, questa situazione di incertezza e preoccupazione ci è nota per circa 200 assistiti".
Le Acli quindi che consigli possono dare alle famiglie che si appoggiano a bandati e colf per poter effettuare i controlli?
"Consigliamo loro di agire secondo la legge e secondo il buon senso. Ci sono persone che non possono permettersi di restare senza assistenza: la loro salute è la priorità, in ogni senso possibile. Alle badanti timorose sul vaccino consigliamo di confrontarsi con il medico di base, per fugare le loro paure. Purtroppo, più di questo non possiamo fare.
Ci sono altri settori in difficoltà per questo motivo? Ad esempio il vasto mondo delle baby-sitter?
"Il discorso è il medesimo per tutti i lavoratori domestici, incluse le baby sitter che, peraltro, lavorano con un’utenza che non può sottoporsi al vaccino. Nel loro caso, dunque, vale anche il principio di salvaguardia della salute: la loro e dei bimbi che assistono. I genitori di questi ultimi sono i più intransigenti di tutti sulla presenza del green pass".
In questo momento di forte polarizzazione (pro-vax/no-vax) con preoccupanti derive ideologiche e violente, cosa si sente di consigliare ai datori di lavoro e ai lavoratori in genere? Cosa auspica e cosa chiederebbe al Governo e agli enti competenti?
"L’obbligatorietà del green pass è stato il pretesto per far esplodere tensioni sociali preesistenti. Se ne è avuta una prova venerdì 15 ottobre, quando dal palco di una manifestazione a Bologna è stata insultata gratuitamente Liliana Segre. Quindi l’adozione di questa norma è stata usata per riversare sentimenti di rabbia accumulati nell’ultimo anno e mezzo. Parlarne è l’unico modo per trovare un accordo: d’altra parte, il datore di lavoro è passibile di sanzione quanto il dipendente “disobbediente”. Bisogna trovare un equilibrio costi-benefici: ci sono aziende che preferiscono pagare i tamponi ai lavoratori, piuttosto che doverli mettere a casa. Le sostituzioni hanno un costo molto alto per le aziende, specie quelle di servizi. Di certo, il datore di lavoro è sempre più gravato di adempimenti burocratici, obblighi, balzelli: questo nuoce profondamente al nostro mercato del lavoro. Esternalizzare, spostare la produzione all’estero diventa la via più semplice. Far ricadere questo onere ulteriore sulle imprese ha acuito una situazione di conflitto sociale molto forte: il Governo dovrebbe assumersi la responsabilità dell’obbligo vaccinale, come già avviene, peraltro, per altri sieri".
Secondo lei quindi è preoccupante il clima di tensione che si sta creando nel mondo del lavoro?
"Sì. È in atto da tempo un conflitto sociale molto forte, una guerra tra poveri che contrappone tra loro le classi sociali più deboli: immigrati, disoccupati, working poors, precari… non era certamente il caso di offrire un nuovo pretesto per riempire le piazze della protesta".