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giovedì 12 settembre 2024
 
 

Acqua, Africa chiama Africa

22/03/2012  Fino al 30 marzo, Amref lancia l’iniziativa di un sms solidale a numero 45508. Obiettivo: costruire pozzi, acquedotti, dighe per dare acqua pulita a scuole, a villaggi, a famiglie.

Le immagini sono di pochi mesi fa: colonne infinite di somali che lasciavano il proprio Paese, denutriti, affamati e assetati per la lunga assenza di piogge che aveva portato alla carestia, alla perdita dei raccolti e alla morte di tutto il bestiame. Immagini che, purtroppo, presto si ripeteranno: l’emergenza non è finita, le piogge sono state insufficienti anche nell’ultima stagione, ed è quindi previsto che un altro milione e mezzo di bambini si troveranno presto in stato di denutrizione, nel Corno d’Africa.

Un’altra emergenza umanitaria sta scoppiando nel Sahel, in Africa occidentale: anche qui il problema è l’acqua, che non è arrivata con le recenti stagioni delle piogge, e la conseguente carestia che comincia mostrare i suoi effetti drammatici. Sulla questione dell’acqua, sempre più decisiva per il destino di milioni di africani, ha deciso di puntare l’attenzione Amref, organizzazione non governativa nata in Africa, ma che proprio quest’anno festeggia i 25 anni di attività nel nostro Paese, dove opera come Amref Italia. Dall’11 al 30 marzo l’organismo di volontariato internazionale attiva la campagna di raccolta fondi L’acqua al centro, con la quale si propone di realizzare una serie di interventi concreti nel Continente nero e in particolare in Kenya (uno dei Paese più colpiti dalla recente carestia dell’Africa orientale) attraverso l’sms solidale (il numero è 45508) per donare 2 euro sia da telefonia mobile che fissa.

«Nell’Africa Subsahariana l’accesso all’acqua pulita è un diritto umano fondamentale tuttora negato a più del 40% della popolazione», spiega l’Ong nella promozione della campagna. «Amref, principale organizzazione sanitaria non profit africana, vuole ricordarlo nel momento in cui nel mondo si preparano le celebrazioni della Giornata mondiale dell’acqua (il 22 marzo) e mentre in Italia il dibattito sul diritto all’acqua come bene comune è più vivo che mai. Amref con i suoi progetti porta acqua pulita e sicura a migliaia di bambini, donne, uomini dell’Africa Subsahariana: costruisce pozzi, cisterne, acquedotti. Lo fa coinvolgendo le comunità locali, con la corresponsabilizzazione e la partecipazione attiva ai progetti.

La campagna prevede una promozione su tutte le principali reti televisive nazionali (Rai, Mediaset, La7, Sky), su un ampio circuito di radio e tv locali, sul web e sulla carta stampata. «Attraverso il numero solidale 45508», continua Amref, «chiunque può partecipare con un gesto che si trasformerà subito in acqua, vita, salute, futuro. La donazione sarà di 2 euro per ciascun sms inviato da cellulari Tim, Vodafone, Wind, Tre, PosteMobile, CoopVoce, Tiscali e Noverca. Come pure per le chiamate da rete fissa (Telecom Italia, Infostrada, Fastweb, TeleTu e Tiscali). Al fianco di AMREF, rappresentata dal presidente Mario Raffaelli e dal direttore Tommy Simmons, nella campagna si sono impegnati alcuni testimonial: Giobbe Covatta, storico “volto” della Ong; Demetrio Albertini, vicepresidente della Figc; e la cantante italo‐etiope Saba Anglana.

La campagna di Amref Acqua al centro arriva dopo la terribile siccità che ha avuto il suo momento più drammatico nel luglio 2011, ma che colpisce ancora oggi oltre 10 milioni di persone in tutta l’Africa orientale: bambini e anziani, donne e uomini hanno perso tutto e lottano ogni istante per la sopravvivenza. Si tratta della peggiore siccità degli ultimi 60 anni.

Questa emergenza umanitaria è solo l’ultima in ordine di tempo. Ma si sa che in tutto il pianeta l’acqua è da considerarsi sempre più come un bene prezioso e raro. Eppure è noto che il problema non è la scarsità d’acqua, ma il mancato accesso a questa risorsa vitale. Poter avere acqua pulita e potabile è un diritto umano fondamentale, ma è tuttora negato nel mondo a quasi 900 milioni di persone, costrette a utilizzare acqua contaminata, che è anche il veicolo principale di molte gravi malattie.  

L’assenza di acqua potabile è una delle cause fondamentali del circolo vizioso di fame, patologie e povertà.

  • L’accesso all’acqua pulita riduce i tassi di mortalità infantile di oltre il 20%. Insieme all’igiene, è tra le “medicine” preventive più efficaci per ridurre le malattie infettive. Viceversa, l’acqua impura è la seconda causa di morte tra i bambini in tutto il mondo: provoca diarrea, colera, tifo e altre infezioni che uccidono ogni anno 1,8 milioni di piccoli.
  • Acqua pulita significa ricchezza e reddito per l’economia dei Paesi africani. L’Africa subsahariana, per la mancanza di accesso ad acqua pulita, perde ogni anno il 5% circa del proprio Pil (Prodotto interno lordo): 28,4 miliardi di dollari.
  • È stato stimato che circa 40 miliardi di ore di lavoro l’anno siano usate per recarsi presso fonti d’acqua, spesso contaminate. Un peso sociale che ricade soprattutto su donne e bambine. Invece, per ogni dollaro investito in infrastrutture idriche e igieniche, se ne ricavano 8 in aumento di produttività.
  • Il fabbisogno minimo giornaliero di acqua pulita – per bere, cucinare e lavarsi – è pari a 20/50 litri per persona. Nei Paesi poveri ogni individuo in media consuma 10 litri di acqua al giorno. In Europa, la media è di 200 litri. In Nord America i litri salgono addirittura a 400.

Amref ha una lunga esperienza di lavoro sul campo, specie in Kenya, dove l’Ong è nata. Quella che segue è una testimonianza sul campo di una delle operatrici dell’organismo non governativo: Betty Muriuki, che opera a Nairobi. 

«Un’esperienza di successo, che reca con sé un grosso carico di pensieri e riflessioni: questa è stata la mia visita al campo medico di Turkana, in Kenya, durante la crisi durissima che ha colpito l’Africa Orientale. Successo, perché ho constatato quanto lo staff e i volontari di Amref riescano a fare per la popolazione colpita dalla siccità. Ma anche drammatica perché mi ha dato modo di vedere da vicino i devastanti effetti della mancanza d’acqua pulita. Il campo è stato allestito presso la Loitanik Primary School: è stato qui che, arrivando, ho trovato centinaia di persone, la maggior parte sedute per terra, le une vicine alle altre, come per darsi reciproco sostegno.

I Turkana sono alti, orgogliosi e pieni di energia, ma la folla che era lì ad attenderci sembrava aver perso queste qualità. Ho ancora negli occhi l’immagine degli anziani abbandonati per terra, che ci guardavano con occhi privi di espressione. Uomini che in tempi normali avevano avuto un ruolo di forza e di potere nelle proprie comunità, e che ora si ritrovavano in balia di aiuti esterni per i bisogni anche più elementari: acqua e cibo. Capifamiglia, che fondavano il proprio orgoglio e la ricchezza delle loro comunità sul bestiame, che avevano perso la principale fonte di sostentamento.

Volti da sempre specchio di grande dignità, ora sguardi vuoti. Sullo sfondo, le donne in fila per entrare nelle aule della scuola, per incontrare medici e infermieri. Nasistae Ejore portava suo figlio, Ejen, 2 anni: era così emaciato da non sorreggersi sulle esili gambe, qualche colpo di tosse di tanto in tanto. Mentre Ejore lo sistemava a sedere sul pavimento, una chiazza di diarrea lentamente lo ha circondato. La donna ha ricevuto subito una confezione di bottiglie contenenti una bevanda nutriente, e del cibo per il suo piccolo Ejen.

Poi Kiragu, l’autista di Amref a Turkana, l’ha accompagnata al centro medico di Kaikor, dove Ejen avrebbe ricevuto tutte le cure necessarie. Poi è stata la volta di un’anziana, assai magra e ricurva su se stessa, accompagnata dai suoi parenti. Anche lei ha avuto subito una bevanda nutriente. Bevuto il primo sorso, l’ha riposta come il più delicato dei tesori. Aveva chiaramente fame ma era decisa a conservare il resto per averne ancora più tardi. Solo dopo essere stata rassicurata dal nostro staff sul fatto che ne avrebbe ricevuto una scorta da portar via, ha finito la sua bottiglia.

Il campo era affollato: il personale sanitario era indaffarato a vaccinare i bambini, fornire medicazioni, insegnare alle donne come somministrare ai bambini il cibo terapeutico e come utilizzare il kit di purificazione dell’acqua. Sono stati anche distribuiti dei cereali e, con il passare delle ore, lo stato d'animo è cominciato lentamente a cambiare. Tra le donne si è levata l’eco di una rinata conversazione, a volte qualche fugace sorriso. A fine giornata sono rientrata a Nairobi e la mattina seguente sentivo dentro di me l’istinto, forte, di tornare li, ma poi ho capito: la nostra squadra medico-sanitaria che ogni giorno lavora al campo sa perfettamente come gestire la situazione. Il mio ruolo non era quello di rimanere lì, ma di raccontare questa storia, per far capire a chi vive lontano quanto il sostegno di tutti possa fare, davvero, un’enorme differenza.

 
 
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