«Quando la Storia del pensiero
occidentale, che ho scritto insieme
a Dario Antiseri, è stata
tradotta in russo, sono stato invitato
a Mosca per la nomina a professor honoris
causa. Lì mi portarono a visitare la
basilica del Salvatore: l’edificio, ora restaurato,
era stato completamente distrutto
e al suo posto era stata costruita
una piscina. Lo stesso è accaduto con la
Costituzione europea: per una forma di
integralismo laicista e illuminista, le radici
cristiane sono state negate con una
gigantesca rimozione storica, una damnatio
memoriae che tende a cancellare
fatti fondamentali del passato, in presenza
dei quali la nuova ideologia non
potrebbe mai imporsi».
È un fiume in piena, il professor Giovanni
Reale. Ed è felice di poter dare il
proprio contributo di riflessione sulla
vicenda «dell’assurda negazione delle
radici cristiane dell’Europa». Assurda
perché «senza cristianesimo l’Europa,
questa Europa non sarebbe mai nata».
Pochi come lui, fra i più grandi conoscitori
della filosofia antica e autore del volume
Radici culturali e spirituali dell’Europa
(Raffaello Cortina Editore), sono titolati
a spiegare perché è stato compiuto
un madornale errore storico.
Professore, perché era doveroso sottolineare,
nel preambolo della Carta
europea, le radici cristiane?
«Non si contesta il diritto ad affermare
una cultura postcristiana, ma la negazione
di un dato di fatto: l’Europa è
quello che è grazie al cristianesimo».
Proviamo a spiegare perché?
«Anzitutto per la centralità dell’uomo,asse portante della sua cultura. IGreci avevano una visione cosmocentrica.Platone diceva: l’universo non esisteper te, ma tu per l’universo. La Bibbia muta radicalmente prospettiva. I Dieci comandamenti cominciano così: Io sonoil signore Dio tuo..., vale a dire: con un colloquio fra Dio e l’uomo, che in tal modo acquisisce uno spessore sconosciuto alle altre culture. Da qui nasce poi il concetto moderno di persona. Dove troviamo qualcosa di simile, al di fuori del cristianesimo?».
Nel Prologo c’è però un riferimentoal concetto di persona...
«Intesa però come individuo, che è in realtà la negazione del concetto autentico di persona, al quale appartiene la dimensione della relazione e della solidarietà, altra insostituibile eredità che il cristianesimo, pure attraverso l’azione del monachesimo, ha lasciato all’Europa».
Vale a dire?
«Anche i greci avevano parlato di amore. Per Platone, ad esempio, era la via per avvicinarsi a realtà sempre più elevate. Una visione affascinante: checosa si può pretendere di più? E invece il cristianesimo è andato oltre, insegnando un concetto di amore che da acquisitivo diventa donativo e che, come scriveva Kierkegaard, diventa tanto più grande quanto più piccolo è l’essere che lo riceve. E l’apporto del cristianesimo all’Europa non finisce qui...».
Che altro c’è ancora?
«Oltre al concetto di persona e di amore, l’Europa deve riconoscere al cristianesimo la capacità di dare un senso al dolore, che diventa non soltanto un’esperienza di crescita umana, ma addirittura la via per conquistare la salvezza nell’attraversare il mare della vita».
Di tutto questo nella Carta non c’è traccia: è dunque da buttare?
«La Carta è un inizio. Gli euroburocrati hanno voluto fondare l’Unione sul diritto e sull’economia, ma se pensano che 25 Paesi stiano insieme solo per questo, resteranno delusi. La Carta è necessaria, ma non certo sufficiente».
E l’apertura alle diverse religioni, come va interpretata?
«Mi sembra ambigua, perché se il dialogo è in sé un valore, è vano pensare di rapportarsi agli altri cancellando la propria identità. Dire che tutto vale allo stesso modo, equivale a dire che tutto vale zero».
Quali margini di manovra restano, a questo punto, per chi giudica carente questa Costituzione europea?
«Nessuna Costituzione è in grado di formare una comunità, non bastano le leggi per edificare una casa: per questo occorre costruire l’uomo europeo. Impresa impossibile se si rinnegano le sue radici culturali e spirituali».
Vai alla bibliografia di Giovanni Reale