Ci ha lasciato a 86 anni il fotografo Paolo Ferrari, per oltre vent’anni prezioso collaboratore del nostro giornale.Bolognese nell’accento, nella simpatia e nel dna, storico fotoreporter del Resto del Carlino, Paolo teneva tantissimo a Famiglia Cristiana che aveva un posto privilegiato nell’elenco nutrito dei clienti del suo studio.
Ricordo il primo servizio che feci con lui, nel lontano ’85, quando ero stata da poco assunta a Famiglia Tv. Andammo insieme a San Patrignano, per raccontare una realtà che era ancora agli albori ma dove stava nascendo un teatro. I suoi scatti seppero cogliere la drammaticità e la luce di speranza delle storie dei ragazzi e delle ragazze che Vincenzo Muccioli ci fece incontrare, tanto che ne uscì la foto di copertina. In seguito, come giornalista di Famiglia Cristiana, ho avuto il privilegio di lavorare con lui per quasi vent’anni.
Abbiamo raccontato insieme il terremoto dell’ Umbria del ’97, seguito il pullman della campagna elettorale di Romano Prodi, scritto molte pagine delle serie dedicata ai borghi più belli d’Italia e alla cucina dei conventi, solo per fare alcuni esempi. Soprattutto, abbiamo scoperto insieme storie e personaggi della provincia italiana, perché Paolo è stato soprattutto un cronista di razza, ma un cronista con un’anima grande, curioso e appassionato dell’incontro con le persone prima ancora che della notizia. E proprio questa sua non comune capacità di instaurare un rapporto immediato anche con gente sconosciuta è stata molto spesso di grande aiuto, negli anni in cui abbiamo lavorato insieme.
Paolo d’altra parte è sempre stato consapevole del valore sociale del lavoro del fotoreporter. Aveva cominciato quasi per caso, come fotografo di scena di Pupi Avati, poi aveva trasformato la passione giovanile in una professione che lo ha portato a testimoniare con i suoi scatti le luci e le ombre della sua città, dalla strage del 2 agosto alla scia di sangue dei delitti della Uno bianca. Nel 2015, con un gesto che ne testimonia la generosità, ha donato il suo immenso archivio di oltre due milioni di scatti, tra fotogrammi, diapositive e immagini digitali, alla Fondazione Genius Bononiae. Un archivio che custodirà per sempre un pezzo della memoria storica della città che Paolo amava tanto.