È morto nel sonno a Pavia Virginio Rognoni, uno dei politici italiani più conosciuti della seconda metà del Novecento. Aveva compiuto 98 anni lo scorso 5 agosto.
Avvocato formatosi all’università di Pavia, aveva cominciato la carriera politica nella Democrazia Cristiana, prima come consigliere comunale e assessore a Pavia , quindi come parlamentare eletto per sette legislature (dal 1968 al 1994). Vicepresidente della Camera dei deputati dal 1976 al 1978, sempre nel 1978 fu nominato ministro dell’Interno al posto di Francesco Cossiga, dimissionario dopo il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro. Rognoni rimase al Viminale fino al 1983, in un periodo da fra tremare le mani ai polsi per l’aggressione allo stato da parte del terrorismo e della mafia. Durante gli anni in cui Rognoni fu ministro, furono assassinati fra gli altri Guido Rossa, Emilio Alessandrini, Giorgio Ambrosoli, Piersanti Mattarella, Vittorio Bachelet, Guido Galli, Girolamo Tartaglione, Mario Amato, Carlo Alberto Della Chiesa. Furono gli anni della strage alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980 (la notizia arrivò mentre Rognoni giocava a tennis con Antonio Maccanico, segretario generale del Quirinale) e dell’attacco alla Sinagoga di Roma (9 ottobre 1982).
“Ha guidato la durissima prova che la Repubblica ha dovuto affrontare contro l'eversione nera e il terrorismo rosso, nel rispetto della Costituzione. Un esempio di correttezza e di coraggio”, dice oggi di Rognoni l’ex compagno di partito Guido Bodrato.
Rognoni era al Viminale anche quando ci fu il terremoto dell’Irpinia nel novembre del 1980. La gestione dei soccorsi fu duramente criticata in un celebre discorso televisivo del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini. Poche ore dopo l’intervento di Pertini, Rognoni si dimise. Ritirò le dimissioni il giorno dopo, in seguito a un intervento del Presidente del Consiglio Forlani.
Il nome di Rognoni resta legato alla legislazione antimafia. La legge n. 646, del 13 settembre 1982, nota come legge "Rognoni-La Torre", introdusse per la prima volta nel codice penale la previsione del reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis) e la conseguente previsione di misure patrimoniali applicabili all’accumulazione illecita di capitali.
Lasciato il Viminale, Rognoni successivamente, fu ministro della Giustizia e della Difesa.
Dopo la fine dell'esperienza della DC, aveva aderito prima al Partito Popolare e poi al Pd. E' stato vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 2002 al 2006.
Pierluigi Castagnetti, altro esponente di spicco della Dc, ricorda oggi Rognoni come “un giurista raffinato, dal profilo tendenzialmente aristocratico” che ha gestito “tanto potere in ministeri importanti, sempre con competenza, eleganza e un certo distacco interiore”.