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Addio al Rabbino Elio Toaff

20/04/2015  E' morto a Roma pochi giorni prima di compiere 100 anni. Per mezzo secolo, dal 1951 al 2001, ha guidato la comunità ebraica romana. Nell'aprile del 1986 accolse Giovanni Paolo II nella storica visita alla Sinagoga di Roma. San Giovanni Paolo II lo citò nel suo testamento.

Vecchio e sazio di giorni, secondo una formula usata nella Bibbia per i grandi patriarchi, se ne è andato il rabbino Elio Toaff. Avrebbe compiuto 100 anni il prossimo 30 aprile ed è un peccato che sia mancata l'occasione per celebrare il secolo di vita di una delle personalità più importanti non solo della vita ebraica, ma anche della storia italiana del Novecento.

Negli ultimi tempi Elio Toaff viveva ormai ritirato nel suo appartamento, proprio di fronte alla Sinagoga di Roma. Le sue apparizioni in pubblico si erano fatte rare. Quando aveva compiuto 99 anni si era affacciato alla finestra, sorretto dai familiari, per salutare e ringraziare un gruppo di bambini che gli faceva gli auguri con una torta al cioccolato del peso di 20 chili. Nel 2010 Toaff era sceso in strada per salutare papa Benedetto XVI in occasione della visita del pontefice alla Sinagoga.Cappello nero, cappotto nero, un talled sulle spalle, Toaff venne salutato così da papa Ratzinger: “Sono lieto di incontrare colui che ricevette il mio amato predecessore”.

Ormai quasi invisibile e silenzioso, Toaff era comunque rimasto nel cuore non solo degli ebrei romani, ma di tutta la città. Affabile, sorridente, arguto, uomo dal cuore aperto al dialogo, reso popolare anche dalle sue brevi meditazioni nella rubrica radiofonica della Rai “Ascolta si fa sera”, Toaff è stato rabbino capo a Roma per mezzo secolo, dal 1951 al 2001. Si tratta di un record che l'attuale rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha definito “estremamente raro” perchè “difficilmente vi sono state delle comunità disposte a convivere con lo stesso rabbino per un periodo tanto lungo”.

Prima di arrivare a Roma, Elio Toaff, nato a Livorno, aveva avuto una vita già densa di eventi. Introdotto alla fede e ai riti della religione ebraica dal padre, Alfredo Sabato Toaff, Elio divenne rabbino nel 1939. Dopo gli studi e la laurea in Giuirisprudenza a Pisa, Elio Toaff visse gli anni della guerra tra Fabriano e Ancona, dove divenne rabbino nel giugno del 1940, proprio quando l'Italia entrava nel conflitto mondiale. Nel 1941 Toaff sposò a Firenze Lia Luperini e, dopo l'armistizio, entrò nella Resistenza. Nel 1944 Toaff riuscì a sfuggire alla fucilazione da parte dei nazisti, ma subì lo strazio incancellabile di essere fra i primi testimoni dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema (560 civili, bambini compresi), compiuto dalle SS. Da allora Toaff decise di non avere alcun rapporto con la Germania, al punto di non sorvolarla neppure in aereo.

Dopo la guerra, Toaff fu nominato rabbino a Venezia, dove continuò l'opera di salvaguardia e diffusione della cultura e della tradizione ebraica. Nel 1951 ci fu la chiamata a Roma. In mezzo secolo Rav Toaff ha accompagnato gli ebrei romani, ha ricompattato la comunità, ha gestito le relazioni pubbliche e istituzionali, ha coltivato il dialogo interreligioso e ha dovuto affrontare il tragico momento dell'attentato del 9 ottobre 1982, in cui venne assassinato il piccolo Stefano Gay Tachè. Furono giorni di infinito dolore, ma anche di rabbia e di forte tensione fra la comunità ebraica e le istituzioni, compreso il presidente della Repubblica, Sandro Pertini (che pochi giorni prima aveva incontrato con grande cordialità il leader palestinese Arafat). In un primo momento la comunità fu contraria alla presenza di Pertini al funerale, ma Toaff riuscì a imporre agli ebrei romani di accogliere il presidente senza contestazioni, pena le sue dimissioni.

Nei suoi anni romani Elio Toaff è stato protagonista del dialogo con i cattolici. Fu il padre che gli insegnò a prendere le distanze dalla diffidenza nei confronti dei preti e della Chiesa. “Dovunque”, scrisse nel suo libro autobiografico Perfidi giudei, fratelli maggiori, “c'è il buono e il cattivo e occorre valutare caso per caso se si vuole essere obiettivi e non cadere negli stessi errori di coloro che, giudicando gli ebrei, generalizzano mettendo tutti nello stesso calderone”.

Il rabbino ha sempre ricordato con emozione il gesto di papa Giovanni XXIII, che il 17 marzo 1962, passando in auto sul lungotevere, si fermò per benedire gli ebrei che uscivano dalla Sinagoga. “Era la prima volta nella storia che un papa benediceva gli ebrei, ed era forse quello il primo vero gesto di riconcilaizione”, ricordava Toaff. Con il pontificato di Giovanni Paolo II, che aveva vissuto da vicino le sofferenze degli ebrei polacchi, i rapporti si fanno più stretti. Già nel febbaio del 1981, durante la visita pastorale del papa alla parrocchia di San Carlo ai Catinari, a due passi dal quartiere ebraico, c'è un incontro fra Toaff e Wojtyla. Ma l'evento storico accade il 13 aprile 1986, quando Giovanni Paolo II viene accolto da Toaff e dalla comunità all'interno del Tempio Maggiore di Roma. Fu una giornata che Toaff ha sempre ricordato con commozione, anche per le parole del papa, che definì gli ebrei “fratelli maggiori”. Il rispetto e l'amicizia tra Giovanni Paolo II ed Elio Toaff furono profondi e si rinnovarono in varie occasioni. Non è un caso se Giovanni Paolo II, nell'ultima aggiunta al testamento, ha voluto ricordare “il rabbino di Roma”.

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L'addio al rabbino Toaff, l'uomo del dialogo
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