Vecchio e sazio di giorni, secondo una formula usata
nella Bibbia per i grandi patriarchi, se ne è andato il rabbino Elio
Toaff. Avrebbe compiuto 100 anni il prossimo 30 aprile ed è un
peccato che sia mancata l'occasione per celebrare il secolo di vita
di una delle personalità più importanti non solo della vita
ebraica, ma anche della storia italiana del Novecento.
Negli ultimi tempi Elio
Toaff viveva ormai ritirato nel suo appartamento, proprio di fronte
alla Sinagoga di Roma. Le sue apparizioni in pubblico si erano fatte
rare. Quando aveva compiuto 99 anni si era affacciato alla finestra,
sorretto dai familiari, per salutare e ringraziare un gruppo di
bambini che gli faceva gli auguri con una torta al cioccolato del
peso di 20 chili. Nel 2010 Toaff era sceso in strada per salutare
papa Benedetto XVI in occasione della visita del pontefice alla
Sinagoga.Cappello nero, cappotto nero, un talled sulle spalle,
Toaff venne salutato così da papa Ratzinger: “Sono lieto di
incontrare colui che ricevette il mio amato predecessore”.
Ormai quasi invisibile e
silenzioso, Toaff era comunque rimasto nel cuore non solo degli
ebrei romani, ma di tutta la città. Affabile, sorridente, arguto,
uomo dal cuore aperto al dialogo, reso popolare anche dalle sue
brevi meditazioni nella rubrica radiofonica della Rai “Ascolta si
fa sera”, Toaff è stato rabbino capo a Roma per mezzo secolo, dal
1951 al 2001. Si tratta di un record che l'attuale rabbino capo di
Roma, Riccardo Di Segni, ha definito “estremamente raro” perchè
“difficilmente vi sono state delle comunità disposte a convivere
con lo stesso rabbino per un periodo tanto lungo”.
Prima di arrivare a Roma,
Elio Toaff, nato a Livorno, aveva avuto una vita già densa di
eventi. Introdotto alla fede e ai riti della religione ebraica dal
padre, Alfredo Sabato Toaff, Elio divenne rabbino nel 1939. Dopo gli
studi e la laurea in Giuirisprudenza a Pisa, Elio Toaff visse gli
anni della guerra tra Fabriano e Ancona, dove divenne rabbino nel
giugno del 1940, proprio quando l'Italia entrava nel conflitto
mondiale. Nel 1941 Toaff sposò a Firenze Lia Luperini e, dopo
l'armistizio, entrò nella Resistenza. Nel 1944 Toaff riuscì a
sfuggire alla fucilazione da parte dei nazisti, ma subì lo strazio
incancellabile di essere fra i primi testimoni dell'eccidio di
Sant'Anna di Stazzema (560 civili, bambini compresi), compiuto dalle
SS. Da allora Toaff decise di non avere alcun rapporto con la
Germania, al punto di non sorvolarla neppure in aereo.
Dopo la guerra, Toaff fu
nominato rabbino a Venezia, dove continuò l'opera di salvaguardia e
diffusione della cultura e della tradizione ebraica. Nel 1951 ci fu
la chiamata a Roma. In mezzo secolo Rav Toaff ha accompagnato gli
ebrei romani, ha ricompattato la comunità, ha gestito le relazioni
pubbliche e istituzionali, ha coltivato il dialogo interreligioso e
ha dovuto affrontare il tragico momento dell'attentato del 9 ottobre
1982, in cui venne assassinato il piccolo Stefano Gay Tachè. Furono
giorni di infinito dolore, ma anche di rabbia e di forte tensione
fra la comunità ebraica e le istituzioni, compreso il presidente
della Repubblica, Sandro Pertini (che pochi giorni prima aveva
incontrato con grande cordialità il leader palestinese Arafat). In
un primo momento la comunità fu contraria alla presenza di Pertini
al funerale, ma Toaff riuscì a imporre agli ebrei romani di
accogliere il presidente senza contestazioni, pena le sue dimissioni.
Nei suoi anni romani Elio
Toaff è stato protagonista del dialogo con i cattolici. Fu il padre
che gli insegnò a prendere le distanze dalla diffidenza nei
confronti dei preti e della Chiesa. “Dovunque”, scrisse nel suo
libro autobiografico Perfidi giudei, fratelli maggiori,
“c'è il buono e il cattivo e occorre valutare caso per caso se si
vuole essere obiettivi e non cadere negli stessi errori di coloro
che, giudicando gli ebrei, generalizzano mettendo tutti nello stesso
calderone”.
Il rabbino ha sempre
ricordato con emozione il gesto di papa Giovanni XXIII, che il 17
marzo 1962, passando in auto sul lungotevere, si fermò per benedire
gli ebrei che uscivano dalla Sinagoga. “Era la prima volta nella
storia che un papa benediceva gli ebrei, ed era forse quello il primo
vero gesto di riconcilaizione”, ricordava Toaff. Con il pontificato
di Giovanni Paolo II, che aveva vissuto da vicino le sofferenze degli
ebrei polacchi, i rapporti si fanno più stretti. Già nel febbaio
del 1981, durante la visita pastorale del papa alla parrocchia di San
Carlo ai Catinari, a due passi dal quartiere ebraico, c'è un
incontro fra Toaff e Wojtyla. Ma l'evento storico accade il 13 aprile
1986, quando Giovanni Paolo II viene accolto da Toaff e dalla
comunità all'interno del Tempio Maggiore di Roma. Fu una giornata
che Toaff ha sempre ricordato con commozione, anche per le parole del
papa, che definì gli ebrei “fratelli maggiori”. Il rispetto e
l'amicizia tra Giovanni Paolo II ed Elio Toaff furono profondi e si
rinnovarono in varie occasioni. Non è un caso se Giovanni Paolo II,
nell'ultima aggiunta al testamento, ha voluto ricordare “il rabbino
di Roma”.