Mentre in Italia, dopo la grande paura, si percepisce una gran voglia, probabilmente incauta, di tornare alla normalità ( o almeno a una normalità parziale), nel resto del mondo si alza l’allarme per l’epidemia di Coronavirus, che ormai ha toccato tutti i continenti e dal quale resta immune, per ora, l’Antartide.
“It’s going global”, sta diventando globale, titola in copertina il settimanale The Economist. Il quotidiano britannico The Guardian titola in prima pagina che la crisi dell’economa globale potrebbe eguagliare quella del 2008. “L’economia mondiale sotto lo shock del coronavirus”, aggiunge il quotidiano francese Le Figaro. Anche il quotidiano sportivo francese L’Equipe venerdì 28 febbraio mette in prima pagina la foto impressionante di un partita di calcio giocata in Giappone, dove quasi tutti gli spettatori indossano una mascherina. Intanto la Svizzera ha deciso di vietare fino al 15 marzo le manifestazioni pubbliche o private con più di 1.000 persone. Di conseguenza è stato annullato il Salone dell’automobile di Ginevra. E il Giappone chiude tutte le scuole fino all’8 aprile, lasciando a casa 13 milioni di bambini.
Il mondo ha paura ed è ancora troppo presto per scrollarsela di dosso. La malattia non è letale come altre (ad esempio Ebola), ma la sua diffusione rischia di mandare in crisi il sistema sanitario di molti paesi, che potrebbero non essere in grado di fronteggiare l’emergenza. Questo è un rischio che non corrono soltanto le regioni più arretrate (inquieta il primo caso di persona infetta in Africa subsahariana, nella popolosa regione di Lagos, in Nigeria). Oggi il Guardian scrive che il sistema sanitario pubblico del Regno Unito dispone di soli 15 letti per assistere con la respirazione extracorporea i pazienti con gravi crisi respiratorie. Se i pazienti bisognosi di terapia intensiva diventano decine, sarebbe una tragedia.
In questo quadro, per fortuna, non sembrano emergere fobie anti italiane, nonostante l’Italia sia, dopo la Cina e la Corea del Sud, il terzo paese paese al mondo con il più alto numero di persone contagiate. Finora sono 13 i Paesi che hanno vietato l’ingresso a chi arriva dall’Italia: Israele, Giordania, Arabia Saudita, Bahrein, El Salvador, Mauritius, Turkmenistan, Iraq, Capo Verde, Kuwait, Seychelles, Territori palestinesi e Madagascar. Ma a parte questi provvedimenti di prevenzione sanitaria, nei commenti della stampa internazionale nessuno ci sta trattando come gli appestati o gli untori d’Europa. Sui media stranieri girano soprattutto le immagini del centro di Milano semideserto o dei varchi della “zona rossa” in Lombardia e in Veneto. E il New York Times dedica un articolo alla partita Inter-Ludogorets di Europa League giocata a porte chiuse allo Stadio Meazza di Meazza. Colpisce una partita di calcio giocata in Italia senza spettatori.
Per ora nessuna copertina shock contro l’Italia, tipo quella del settimanale tedesco Der Spiegel che nel 1977, epoca di rapimenti e terrorismo, pubblicò la foto di una pistola appoggiata su un piatto di spaghetti. Questa volta il vignettista del quotidiano svizzero Neue Zürcher Zeitung mostra invece tre persone impegnate in un tiro alla fune con uno spaghetto che esce da un piatto pieno di pastasciutta. Il disegno è bruttino, ma il senso della vignetta è riassunto dal titolo: nelle crisi l’Italia si compatta.