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mercoledì 16 ottobre 2024
 
 

Adolescenti, il perché di un suicidio

10/01/2013  Il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani, dopo gli incidenti stradali. L'accanimento virtuale ferisce ma secondo gli esperti non c'è un nesso con la scelta di voler morire.

È novembre quando Andrea, quindicenne di Roma che frequenta il liceo Cavour, si toglie la vita impiccandosi con la sciarpa a casa sua, nel quartiere Ostiense. Andrea amava vestirsi di rosa, truccarsi e smaltarsi le unghie. E per questo qualcuno aveva addirittura aperto una pagina Facebook “il ragazzo dai pantaloni rosa”. Per deriderlo, additandolo come gay.

Tre giorni fa a Pordenone, D. P., una studentessa di 16 anni dall'esistenza apparentemente serena, si butta dalla terrazza di casa lasciando solamente un dolore straziante, silenzioso e fitto di domande. Tra venerdì e sabato, Carolina,14 anni, si uccide gettandosi dalla finestra della sua camera a Novara pare, perché dileggiata senza tregua su Facebook.

Il suicido ancora oggi è la seconda causa di morte tra i giovani
, dopo gli incidenti stradali (seguono le cadute accidentali e gli avvelenamenti).  Nel 2010 sotto i 25 anni (dati Istat 2012) sono 138 i casi di suicidio accertato: 111 maschi e 27 femmine, con un tasso totale di suicidio del 5,1 su 100mila ragazzi. Il rapporto tra maschi e femmine è di 4 a 1 in tutte le età, ad eccezione della fascia di età 14-17 in cui il rapporto scende a 2 a1.

Secondo l'Oms, Organizzazione Mondiale della salute (dati 2005), il 40% dei ragazzi che non riesce a suicidarsi e non riceve un trattamento adeguato fa un secondo tentativo.

Andrea, D.P, Carolina. Giovani suicidi, storie e volti di una fragilità adolescenziale che continua ad interrogare. «C’è una fragilità tipica che è quella legata all’età evolutiva - spiega  Alessandra Granata, psicologa e psicoterapeuta dell’associazione L’amico Charly, nata nel 2001 a Milano in seguito alla tragica scomparsa di Charly Colombo allora sedicenne.

Ma la caratteristica dei ragazzi che tentano la morte, dalla nostra esperienza (ndr, Crisis Center www.amicocharly.it), è una quota di fragilità narcisistica che è aggiuntiva e li rende ancor più vulnerabili».

- Ed è lì che si inserisce la rete?

 «Sì.  Nativi digitali, i giovani di oggi hanno un rapporto diretto con le immagini e con la propria rappresentazione pubblica nel mondo. Quando il gruppo di pari, riferimento costante con cui gli adolescenti si confrontano, si sposta sulla rete si ribadiscono i meccanismi classici del bullismo ma tutto si amplifica. La vittima ha la sensazione che lo scherno assuma dimensioni globali, passando velocemente tra i contatti, immediati e incontrollabili. Allora chi subisce ha la percezione di essere umiliato in toto, di aver perso la faccia, di non avere possibilità di riscatto. E l’accanimento virtuale ferisce come e più di quello frontale. Detto ciò, la letteratura nega un rapporto diretto tra il bullismo e il suicidio che è un fenomeno troppo complesso per avere una causa sola. Resta comunque un fattore di rischio».

- Qual è il profilo della vittima di bullismo?


«Partirei dal persecutore perché il bullismo è espressione di fragilità anche da parte sua. I bulli scherniscono le caratteristiche che negano e odiano più di loro stessi. I bullizzati invece sono quei ragazzi che hanno caratteristiche più vicine al mondo dell’infanzia, a quel mondo che l’adolescente deve lasciare per raggiungere la maturità».   

Quali sono i segnali del disagio?

«L’isolamento, i comportamenti anomali legati al rapporto con i coetanei, al sonno, al cibo, il rendimento scolastico».

- Quali i rimedi?

«Un’attenzione ai segnali, ma soprattutto una grande cura del dialogo, un’apertura e disponibilità autentiche da parte dei genitori. Il rischio maggiore è il silenzio del mondo degli adulti».     

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