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sabato 14 settembre 2024
 
testimonianza
 

Adozione al tempo del coronavirus: l'amore supera gli ostacoli

21/04/2020  Dall'Ungheria all'Italia in macchina, durante i giorni della quarantena per la pandemia in entrambi i Paesi, per portare nella sua nuova casa, a Roma, il secondo figlio adottivo (il primo è stato adottato dieci anni fa), grazie ad Asa-Associazione solidarietà adozioni-Onlus. Adelina e Francesco raccontano la loro avventura, che si è conclusa qualche giorno fa con il sostegno di tante persone, in una lettera che pubblichiamo integralmente. «Solo con l'aiuto di una comunità intera», scrivono i due genitori, «aiutandosi tutti insieme, si può andare avanti».

Il fiocco trovato sulla porta di casa con la scritta "bentornati" in italiano e ungherese.
Il fiocco trovato sulla porta di casa con la scritta "bentornati" in italiano e ungherese.

(Foto di Asa-Associazione solidarietà adozioni-Onlus)

Siamo partiti il primo marzo da Roma. Dal giorno prima il governo ungherese aveva imposto delle restrizioni in ingresso per i voli provenienti dal Nord Italia. Le ragioni del cuore e il pensiero di nostro figlio che ci aspettava e aveva già con sé il piccolo album di foto, preparato dal fratello – adottato anche lui dieci anni prima – è stato più forte di ogni cosa. Accompagnati dalle preghiere di chi ci vuole bene verso le 9 siamo volati verso l’Ungheria.

A quanto ne sappiamo siamo stati l’ultima coppia italiana ad entrare in Ungheria. Subito dopo sono stati bloccati i voli per l’Italia e l’Ungheria ha proclamato via via lo stato di emergenza e la quarantena su scala nazionale, con restrizioni al movimento delle persone. Una volta ultimate tutte le procedure, l’unica soluzione per tornare a casa era affittare una macchina e passare attraverso la Slovenia. Siamo partiti il 16 aprile prestissimo e siamo arrivati a casa il giorno dopo, nelle prime ore del mattino.

Eravamo preoccupati per i bambini, non potevamo far affidamento sulle soste perché le aree di servizio in cui era consentito l’accesso ai viaggiatori in transito erano pochissime ed abbiamo potuto programmare solo due fermate in Ungheria e Slovenia per fare il pieno e ripartire. Il piccolo poi, non essendo mai uscito dal paesino in cui si trovava, era spaventato da un viaggio che non finiva mai ed aveva molto male alle gambe. Però, piano piano, con l’aiuto del fratello che gli insegnava i nomi in italiano di ciò che vedeva velocemente dai finestrini, bosco…montagna…ponte…fiume…cicogne…galleria, abbiamo attraversato il confine. 

Eravamo tentati di fare una tappa intermedia per farli distrarre e riposare un po’, ma non ce la siamo sentita di correre rischi. E poi, una volta in Italia, il gioco per scoprire quello che portavano i camion, unici compagni di viaggio: camion-grissini…camion-latte…camion-frutta…quanto lavoro e sacrifici per poter trovare tutte queste cose a casa… I ragazzi hanno percepito che ci trovavamo in una situazione straordinaria e particolare, quando saranno più grandi credo che ne parleremo a lungo.

Le persone che ci hanno aiutato sono state veramente tante, non è possibile fare tutto questo da soli: solo con l’aiuto, l’incoraggiamento, il lavoro silenzioso di tanti "vai avanti" (anche sconosciuti come la pattuglia di Polizia Stradale che, fermandoci e chiedendoci i documenti, ci ha dato fiducia e ci ha fatto sorridere).

Un sincero e profondo sentimento di gratitudine a tutte le persone dell’ente Asa Onlus che ci ha sostenuto a distanza e sul posto e un grazie di cuore alla presidente, la dottoressa Maria Virgillito; alla Commissione adozioni internazionali che ci ha seguito passo passo, in modo speciale alla vicepresidente, la dottoressa Laera, che ha fatto di tutto in tempo record per farci avere l’autorizzazione all’ingresso in Italia, alla dottoressa Barbieri e ai suoi funzionari che si sono adoperati instancabilmente per il nostro rientro; ai lavoratori dell’unità di crisi, che permettono la disponibilità on line delle informazioni utili per districarsi all’estero nelle situazioni di difficoltà. Quante persone sconosciute che lavorano per servire chi non conoscono!

Una volta arrivati a casa, a notte fonda, abbiamo trovato sulla porta di casa un fiocco ricamato con su scritto “Bentornati-Fogadtatàs” (Bentornati in lingua ungherese). Abbiamo aperto la porta e siamo stati sopraffatti dall’emozione: sul tavolo del salone un ciambellone al cioccolato profumatissimo, in cucina una spesa fornitissima che i nostri vicini avevano preso per noi un po’ per volta, nel frigorifero tanti prodotti freschi che i nostri vicini avevano preso per noi appena hanno saputo che partivamo. Il piccolo entrato in una nuova casa non faceva altro che ripetere "che bello, mamma". Abbiamo dei vicini, amici, fantastici che ci hanno sostenuto come potevano… 

Ecco, crediamo che quello che racconteremo ai nostri figli e che resterà sia questo, solo con l’aiuto di una comunità intera, aiutandosi tutti insieme, si può andare avanti: solo il fratello che aiuta il fratello è una città invincibile.  Siamo un popolo generoso e un grande Paese, siamo fieri di essere italiani. Adesso siamo a casa tutti insieme e abbiamo portato con noi un dono meraviglioso: il nostro secondo amore. 

Adelina e Francesco

 
 
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