Un momento del dibattito sulle adozioni internazionali al Festival del Volontariato di Lucca.
«È un incontro, quello sulle adozioni, che ha il pregio di unire molti dei valori in cui crediamo e che esprimiamo in diversi campi d’azione». È appassionata l’introduzione di Edoardo Patriarca, Presidente del Centro Nazionale per il Volontariato, al Festival del Volontariato che si svolge in questi giorni a Lucca. «Nell’adozione si concentra quella solidarietà nella gratuità, che è una delle grandi potenzialità dell’uomo».
Alberto Laggia, giornalista di Famiglia Cristiana, chiamato a coordinare il seminario, sottolinea un aspetto forse poco conosciuto: «L’adozione internazionale, lo dicono chiaramente i dati ufficiali, è un’eccellenza civile di cui l’Italia può andare fiera. Non solo siamo uno dei Paesi al mondo che adotta più bambini (siamo ad un testa-testa per il primato con gli Stati Uniti) ma la cultura dell’adozione è stata accolta moltissimo nel tessuto sociale e familiare italiano».
Ciò nonostante di adozione si parla poco (magari trova più spazio mediatico il tema della fecondazione assistita) anche se le testimonianze di chi ha portato a termine il processo adottivo, ti lasciano gli occhi lucidi. «Siamo un Paese culturalmente accogliente», dichiara Anna Genni Miliotti scrittrice ed esperta del settore, «ma potremmo fare di più per comunicare questa cultura. Negli Stati Uniti, ad esempio, hanno dedicato una giornata particolare del calendario all’adozione (Adoption Day, a fine novembre), a cui intervengono le massime autorità americane».
Molto belle le testimonianze di alcune famiglie intervenute all’incontro, storie di speranza, vissute nell’attesa di un figlio che diventa tale, a migliaia di chilometri da te. Persone genuine che non hanno avuto paura di affrontare un percorso articolato, non privo di difficoltà, per poter dare una famiglia a dei bambini.
Come le due famiglie italiane, una di Certaldo e l’altra di Verbania, che hanno adottato 5 orfani (tre maschi e due femmine) dall’Etiopia. «Un cammino di crescita», ci racconta Rita, mamma adottiva di tre dei cinque, «che facciamo, in un certo senso, parallelamente all’altra coppia che ha gli altri due. Sono in continuo contatto e crescono sereni, perché quello che desideravano era rimanere insieme. Anche se ci dividono diversi chilometri dall’altra famiglia, si può dire che con i continui incontri e i mezzi di videocomunicazione il loro desiderio si è realizzato».
Come si è realizzato anche quello di Mara e Matteo, di Varese, partiti per il Congo insieme ai due figli che già avevano adottato (una bambina di 10 anni e un maschietto di 8, originario del Vietnam) per concludere la loro terza adozione, una bambina di pochi anni. La permanenza si complica per motivi burocratici, fino a durare per 2 mesi e mezzo. Al termine dei quali, per loro e per altre 25 coppie, c’è il ritorno in Italia con un momentaneo nulla di fatto, gonfio di sofferenza per aver dovuto lasciare la bambina nell’ orfanatrofio congolese. Tutto si risolve felicemente per loro nella primavera del 2013 quando, grazie all’azione diplomatica italiana, la bambina africana giunge, insieme ad altri bambini adottati, nel nostro Paese su un aereo governativo.
Silvia della Monica, senatrice e presidente Commissione adozioni internazionali.
I motivi del calo di adozioni degli ultimi anni
Ma il 99% delle adozioni ha un iter sereno con processi di durata diversi (come i costi), dipendenti sia dall’Ente scelto che dal Paese di origine del bambino (diversi iter burocratici tra gli Stati). «Negli ultimi anni», domanda Alberto Laggia, «sia a livello nazionale che internazionale, si è registrata una diminuzione nel numero delle adozioni. A cosa è dovuta?». A rispondere è Silvia della Monica, senatrice e Presidente Commissione Adozioni Internazionali: «Le cause possono essere varie. Negli ultimi anni è diminuita anche la natalità naturale, la crisi economica posteriore al 2008 ha inciso pesantemente. A questo bisogna aggiungere che i tempi dell’adozione, soprattutto in certi Paesi sono cambiati. Alcuni Stati, firmando la convenzione dell’Aia, hanno modificato il percorso dei permessi e dei documenti dilatando i tempi. Se a questo si aggiungono le crisi politiche di alcuni Paesi come Ucraina, Cambogia ed Etiopia si può facilmente capire come tutto può aumentare i tempi dell’adozione».
Il grande lavoro che viene fatto “dietro le quinte” mentre le famiglie sono in attesa dell’adozione è forse poco conosciuto ma molto efficace. «Noi», continua Silvia Della Monica, «dobbiamo sempre salvaguardare il diritto del bambino ad avere un padre e una madre. Ci auguriamo fortemente che un giorno le adozioni internazionali finiscano, sarebbe bellissimo, vorrebbe dire che ogni bambino potrebbe rimanere a vivere nel proprio Paese. Per il momento c’è ancora molta strada da fare per comunicare meglio e di più la cultura dell’adozione, soprattutto per scacciare una volta per tutte i “fantasmi” che ancora oggi aleggiano su questa bellissima esperienza. Anche a questo proposito abbiamo messo in atto la Campagna Adozioni Pulite, per intensificare ogni sforzo in favore della trasparenza, dell’assoluta legalità e della massima attenzione riguardo alle procedure di tipo economico. Come rimaniamo fermi sulle nostre posizioni riguardo la Kafalà (procedura di adozione islamica), che ha ancora distanze consistenti dalla nostra convenzione dell’Aia».
Proprio per la fedeltà ai tre punti della Campagna, il lavoro dei 62 Enti accreditati su territorio nazionale è sempre mirato al miglior abbinamento possibile tra bambino/a e famiglia adottiva. «Gli Enti autorizzati», dichiara Marina Virgilitto, portavoce del Cea (Coordinamento enti autorizzati), «lavorano molto sulla formazione e preparazione della coppia adottiva. Possono capitare, in alcuni casi, bambini con varie difficoltà, per questo dobbiamo fornire ogni supporto alla famiglia che accoglie il minore affinché l’adozione sia sempre vissuta da tutti, con la massima serenità possibile».