Ha ragione. Nel modo di pensare comune il «non commettere atti impuri» è riferito all’uso indebito della sessualità: mentre con «non commettere adulterio» si pensa principalmente al tradimento dell’amore. La Chiesa ha ritenuto di estendere il sesto comandamento a tutto il vasto capitolo dell’uso distorto della sessualità, probabilmente perché da sempre ha pensato la sessualità non come genitalità, ma nel senso più ampio di maschilità e femminilità. Si è sessuati non solo perché si hanno genitali diversi, ma perché tutta la propria umanità è segnata dalla maschilità e dalla femminilità. In questa prospettiva il «non commettere atti impuri» comprende certamente l’uso indebito solitario o in coppia della propria genitalità, ma si estende a ogni comportamento scorretto della propria maschilità/femminilità quali l’adulterio, la gelosia, la ruolizzazione, il mancato riconoscimento e apprezzamento o la negazione della diversità del maschile/femminile.