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mercoledì 09 ottobre 2024
 
 

Affrontare una strage silenziosa

18/05/2011  Un progetto di ricerca-azione per cogliere gli indici di rischio predittivi sull'uso degli stupefacenti e così improntare un percorso di prevenzione tra gli adolescenti.

(questo articolo fa parte del numero di maggio - giugno 2011 di Famiglia Oggi). E' possibile abbonarsi al bimestrale cliccando qui.

Il dibattito contemporaneo sul fenomeno dell’uso e abuso di droghe tra i giovani, mette in evidenza come l’assunzione di queste sostanze, e in particolare l’uso di alcool, sia ritenuta, in alcuni casi, una pratica pressoché “normale”. Pertanto tali comportamenti non possono più essere considerati come l’effetto di processi di sviluppo di atti devianti, ma vanno interpretati all’interno di un quadro adolescenziale complessivo. Alcuni autori definiscono i comportamenti di uso di droghe come dei compiti di sviluppo, seppur disfunzionali, che un soggetto in crescita ha, di fatto, a disposizione per risolvere situazioni che avverte come problematiche.

Il fenomeno della tossicodipendenza oggi assume tratti preoccupanti e sempre più allarmanti per chi si occupa di educazione. La fascia di età di chi sperimenta la prima sostanza si abbassa vertiginosamente e ciò pone in evidenza un’emergenza pedagogica che in primo luogo è di tipo conoscitivo. Diviene importante approfondire le caratteristiche di un fenomeno in continua evoluzione e cambiamento. Tale fenomeno sta cambiando forma e la stessa figura del tossicodipendente nella percezione sociale e nell’immaginario collettivo si va modificando: siamo di fronte non più al ragazzo vittima di sostanze, fondamentalmente eroinomane e ai margini di una società; sempre più spesso ci si imbatte in ragazzi ben integrati e perfettamente inseriti anche nel contesto lavorativo e sociale, i quali fanno uso di cocaina e hanno un’immagine “pulita”, dichiarando di assumere sostanze per stare meglio con sé stessi e con gli altri (ciò pone in evidenza il grande vuoto esistenziale in cui i nostri ragazzi sono immersi, stretti nella morsa della noia da un lato, e della volontà di trasgredire e rompere una monotonia difficilmente sopportabile).

Da un punto di vista scientifico è molto interessante approfondire quali siano i passaggi che conducono a una condizione di questo tipo, quali i fattori di rischio (ovvero i campanelli di allarme che è possibile osservare) e su un piano pratico-progettuale è opportuno chiedersi: come è possibile intervenire?
Utilizzando quale canale e trasferendo quali competenze? La letteratura ci offre numerosi spunti utili a programmare interventi che si ispirino a una prospettiva di tipo preventivo-promozionale. Il termine prevenzione etimologicamente deriva dal latino praeventio e indica l’adozione di una serie di provvedimenti per cautelarsi da un male futuro, e quindi l’insieme delle azioni volte a raggiungere tale scopo. L’etimo prevenzione fa, tuttavia, riferimento a due aree tematiche connesse tra loro, l’una si riferisce al concetto di arrivare prima, precedere, anticipare; l’altra può avere il significato di impedire, ostacolare, evitare. Per questa ragione si è preferito affiancare al termine prevenzione, quello di promozione che rimanda all’idea di sostenere, sollecitare, suscitando suggestioni positive. Ciò conduce chiaramente al concetto di promozione della salute, già anticipato dalla tradizione ippocratica, oggi utilizzato per evidenziare gli aspetti positivi che favoriscono il raggiungimento del benessere psicofisico.

Interessante è la definizione di psicologia preventiva fornitaci da Fernandez- Rios e Cornes, i quali evidenziano alcune caratteristiche di questa prospettiva, in primo luogo il carattere di interdisciplinarietà, la prospettiva ecologica dell’intervento, il fatto di essere proattiva, la sua prospettiva etica (rispettando sempre la persona nel senso olistico del termine) e infine la concezione bio-psicosociale della salute. È quindi possibile conoscere un fenomeno partendo da un’attenta analisi dei fattori di rischio (individuali oppure contestuali). Prevenire i comportamenti a rischio diviene, quindi, essenziale se si vuole agire per modificare un comportamento. Si tratta, infatti, di mobilitarsi per lavorare sul trasferimento di competenze e abilità sociali in grado di contrastare gli specifici fattori di rischio.

Progettare interventi di questo tipo certamente non è cosa semplice. Il primo passo è rappresentato evidentemente dalla conoscenza di un fenomeno, calato in un determinato contesto socio-culturale (prospettiva ecologica). Nell’ambito di un progetto preventivo di ricercaazione denominato Progetto Icaro (con l’evidente riferimento mitologico a Icaro che voleva volare) si è inteso procedere su due assi: quello della ricerca, ovvero del recupero di informazioni e dello studio approfondito di un contesto e di un campione, e quello dell’intervento, in una logica a spirale, tale da consentire un continuo ritorno sui dati di partenza nella massima flessibilità possibile.
La ricerca- azione si pone come motore di sinergia tra teoria e prassi in cui la ricerca è direttamente finalizzata all’azione; quest’ultima poi è in grado di orientare l’indagine in un andamento circolare in cui il feedback ha una funzione di collante tra teoria e prassi.

In una frase è possibile affermare che la ricercaazione si ponga tra il desidero di conoscere e il bisogno di agire. Desiderio e bisogno animano una modalità di ricerca che si esprime in termini di circolarità e malleabilità4. Da un punto di vista metodologico la ricerca-azione possiede alcune importanti caratteristiche che pare opportuno richiamare:

  1. la connessione diretta con i problemi socioeducativi: essa non nasce da una questione epistemica, ma da un problema di tipo socio-educativo, avvertito come rilevante da una comunità;
  2. il circolo analisi-azione: ovvero esiste un passaggio continuo tra la riflessione e l’azione;
  3. l’elaborazione delle transizioni: il concetto di cambiamento prende in considerazione anche l’adeguamento dell’ambiente educativo ai bisogni degli attori;
  4. l’emancipazione degli attori: questi hanno il potere di determinare il corso dell’azione pur negoziando le scelte in un processo di compartecipazione;
  5. il coinvolgimento esistenziale degli attori;
  6. la riabilitazione dell’affettività e dell’immaginario;
  7. e, infine, la centralità dell’efficacia.

Il Progetto Icaro ha visto coinvolti diversi partners6, è stato attuato presso il comune di Fasano (Br), un piccolo centro tra il mare e la collina, purtroppo spesso al centro di tristi fatti di cronaca che coinvolgono frequentemente giovani e giovanissimi, i quali incrociano lungo la loro esistenza la sostanza, spesso vissuta come “panacea di ogni male” e che si rivela una finta illusione in grado di rovinare non solo una vita, ma l’esistenza di una famiglia, di un contesto sociale, con gravi ripercussioni sulla qualità della vita di ciascuno.
Il progetto si può suddividere in due fasi: durante la prima è stato somministrato un questionario al campione rappresentativo, al fine di raccogliere informazioni sull’uso e abuso di sostanze stupefacenti; la seconda fase (quella dell’intervento) è stata caratterizzata dalla formazione di piccoli gruppi di ragazzi, i peer leaders, i quali hanno seguito degli incontri di approfondimento sui temi cardine che è stato possibile estrapolare dal questionario.

Questi incontri sono stati organizzati e condotti con la collaborazione di esperti della Polizia, avvocati, psicologi, docenti e operatori di comunità che di volta in volta hanno incontrato i ragazzi approfondendo temi e chiarendo molte questioni tutt’ora oggetto di confusioni e pregiudizi. Obiettivo principale della ricerca è stato quello di cogliere gli indici predittivi di un fenomeno oramai esteso a macchia d’olio e soprattutto latente, imbrigliato nelle maglie di una società che stenta a offrire risposte alternative e si appiattisce su un “non senso” che imprigiona soprattutto le giovani generazioni.
Indici predittivi, fattori di rischio e fattori di protezione, quindi, sono stati il fulcro di un questionario anonimo composto da 33 domande e somministrato a un campione di ragazzi di età compresa tra i 14 e i 19 anni afferenti a tre scuole del territorio: un Liceo Scientifico, un Liceo Classico e un Istituto Professionale per i Servizi Sociali. Su una popolazione studentesca di 970 ragazzi frequentanti le tre scuole citate, è stato estrapolato un campione statisticamente rappresentativo di 100 unità. Nello specifico il campione è risultato costituito da 73 femmine e 27 maschi, di questi: il 26% di 15 anni; il 18% di 16 anni; il 17% di 17 anni e il 14% di 18 anni; sotto la voce “altro” pari al 25% del totale si trovano il 22% di 14 anni e il 3% di 19 anni.

Sulla base dell’individuazione degli indici predittivi strettamente correlati all’uso e abuso di sostanze stupefacenti è stato possibile tracciare un profilo del rischio della popolazione giovanile presa in considerazione dalla ricerca.
È opportuno chiarire che, sull’intero campione, il 15% dei ragazzi che ha dichiarato di aver fatto un uso diretto di sostanze, presenta in media 4,8 indici predittivi. Questo ci fa comprendere che più aumenta la presenza di indici predittivi più ci si avvicina alla condizione di uso abituale di sostanze stupefacenti (ciò anche in linea con i dati forniti dalla letteratura scientifica sull’argomento); inoltre questi dati ci forniscono un’informazione sull’attendibilità dello strumento utilizzato.

Analizzando i singoli indici predittivi che emergono dalle risposte del campione, nel 59% dei casi (a conferma dell’importanza che il gruppo dei pari rappresenta per gli adolescenti) emerge quale indice predittivo: “interazione con coetanei che hanno atteggiamenti positivi e tolleranti verso la droga o interazione con coetanei che ne fanno uso”. Degna di nota la risposta alla domanda: “Se volessi, sapresti come procurarti alcune sostanze stupefacenti?”.
Il 57% afferma che sarebbe facile reperirle. Si evidenzia altresì un ulteriore indice predittivo ovvero “disponibilità e accessibilità delle droghe nel contesto sociale in cui si vive”; nel 40% dei casi si rileva un uso precoce (prima dei 13 anni) di tabacco e alcool; il 26% dei ragazzi dichiara di aver assunto comportamenti precoci di tipo antisociale (coinvolgimento in risse, intimidazioni o minacce, menzogne o imbrogli finalizzati al divertimento); in relazione alla difficoltà di resistere alla pressione di gruppo, il 15% dei ragazzi dichiara che di fronte a una richiesta del gruppo si sentirebbe condizionato ad assumere sostanze stupefacenti; qui è interessante scendere nel dettaglio delle motivazioni per cui si dà questa risposta, e a tal proposito i ragazzi evidenziano che userebbero la sostanza per dimenticare i problemi, per curiosità e per non essere esclusi dal gruppo.

Nel 14% dei casi si registra l’atteggiamento e le credenze positive sull’uso di sostanze (che sommate a pressione del gruppo e impulsività fanno si che la probabilità di inizio si alzi notevolmente); infine il 5% riporta che nel contesto familiare vi sono da parte di fratelli e sorelle atteggiamenti o comportamenti positivi o di tolleranza verso le droghe; nell’ 1% dei casi si riportano atteggiamenti di questo tipo, riferiti specificatamente ai genitori.
Ciò induce a un’ulteriore riflessione sul ruolo della famiglia oggi, sulla qualità delle relazioni affettive al suo interno, sulle sue difficoltà, incertezze e le conseguenze preoccupanti cui si va incontro assumendo stili educativi che lasciano spazio alla confusione.
Un dato importante su cui riflettere ed eventualmente da cui partire per l’implementazione di progetti sul territorio riguarda le risposte che i ragazzi hanno fornito alla domanda: “Quali sono i servizi e le strutture cui rivolgersi se qualcuno presenta un problema con la droga e/o con l’alcol? Come funziona la presa in carico? Quali sono i trattamenti proposti?”. Ebbene dalle risposte si evince la quasi totale assenza di informazioni (indice predittivo), e solo in alcuni casi la presenza di scarse informazioni. I ragazzi ignorano quasi completamente la presenza sul territorio di strutture idonee al trattamento di queste problematiche. Obiettivo del progetto sarà quello di fornire informazioni utili rispetto a questi argomenti, utilizzando il canale “privilegiato” dei peers leaders.
Pertanto, nella logica del pretest/ post-test sarà, quindi, possibile evidenziare se un intervento di questo tipo sortisce effetti significativi rispetto alla padronanza e conoscenza da parte dei giovani e giovanissimi di quello che il proprio territorio offre in termini di servizi alla persona.

 
 
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