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domenica 08 settembre 2024
 
IL RAPPORTO
 

Africa, ma non solo: quando la terra di missione diventa terra di martirio

30/12/2021  Ventidue missionari uccisi nel mondo nel 2021: sono i dati raccolti dall’Agenzia Fides. Si tratta di 13 sacerdoti, 1 religioso, 2 religiose e 6 laici. Il numero più elevato di morti si registra in Africa, dove sono stati uccisi 10 missionari. Seguono l’America, con 7 missionari uccisi, l’Asia (3) e l’Europa (1, in Francia)

Sono i "portatori di speranza". Sono vite donate, per fede e per amore, nel servizio alla Chiesa di Cristo. Sono vite offerte nel incontrare e servire Cristo presente nei poveri, nei sofferenti, nei vulnerabili. Sono le vite dei missionari e operatori pastorali cattolici uccisi nell'anno 2021: il dossier che l'Agenzia Fides ogni anno pubblica  - dopo un'attenta verifica delle fonti e i contatti con le Chiese locali in tutto il mondo - indica che nel 2021 sono stati uccisi nel mondo 22 missionari: 13 sacerdoti, 1 religioso, 2 religiose, 6 laici. Il numero più elevato si registra in Africa, dove sono stati uccisi 10 missionari (6 sacerdoti, 2 religiose, 2 laici);  segue l’America, con 7 missionari uccisi (4 sacerdoti, 1 religioso, 2 laici) quindi l’Asia, dove sono stati uccisi 3 missionari (1 sacerdote, 2 laici), e l’Europa, dove è stato ucciso 1 sacerdote. Dal 2000 al 2020, secondo i nostri dati, sono stati uccisi nel mondo 536 missionari, cui vanno sommati i 22 dell'anno corrente.

Come rileva il documento diffuso oggi dall'agenzia delle Pontificie Opere Missionarie, spesso i missionari e gli operatori pastorali che hanno perso la vita in modo violento non stavano compiendo azioni eclatanti, ma erano impegnati nel quotidiano servizio di catechesi, liturgia, carità, proprio della loro esistenza, sempre a servizio di comunità remote, di gruppi indigenti, di persone cui mancano i servizi essenziali, di genti disperate per la guerra.  Essi "stavano dando testimonianza di fede in contesti di violenza, di disuguaglianza sociale, di sfruttamento, di degrado morale e ambientale, dove la sopraffazione del più forte sul più debole è regola di comportamento, dove non vi è  alcun rispetto della vita umana".

Tra loro vi sono diversi sacerdoti uccisi nelle loro comunità, in Africa e in America, spesso rapiti al fine di un riscatto, o rapinati dei pochi beni essenziali che avevano. L'ultimo in ordine di tempo è don Luke Adeleke, assassinato in un tentativo di sequestro in Nigeria, dopo aver  celebrato la Messa della vigilia di Natale, la sera del 24 dicembre, colpito dai proiettili esplosi da uomini armati nella località di Ogunmakin Obafemi Owode. Pastore come lui, me in altro continente, ad Haiti il 6 settembre scorso don André Sylvestre, è stato aggredito da due giovani in motocicletta mentre usciva da una banca portando un borsello, dove aveva una piccola somma di denaro da destinare alle diverse opere sociali o educative che gestiva. Anche nel continente europeo, padre Olivier Maire, Superiore provinciale della Compagnia di Maria (monfortani), è stato assassinato il 9 agosto a Saint Laurent sur Sèvre, in Francia, da un cittadino ruandese che il missionario da tempo ospitava nella comunità. Non si possono dimenticare le vittime del Sud Sudan: suor Mary Daniel Abut e suor Regina Roba, della Congregazione del Sacro Cuore di Gesù, sono state uccise a sangue freddo durante un agguato lungo l'autostrada Juba-Nimule, il 16 agosto. Accanto a loro, Peter Bata, capo catechista, è rimasto ucciso insieme ad altre persone il 26 ottobre durante  l’assalto di un gruppo armato alla parrocchia cattolica di Mupoi, nella diocesi di Tombura-Yambio. Qui la guerra civile che imperversa da anni ha falcidiato la comunità, con 16 nomi tra catechisti, leader dei gruppi, operatori pastorali
uccisi nell’anno corrente durante gli scontri armati.

Un cenno speciale, osserva Fides, va ricolto ai tanti laici: oltre ai catechisti in Sud Sudan, i due birmani giovani Alfred Ludo e Patrick Bo Reh uccisi dai cecchini mentre si adoperavano per portare aiuti agli sfollati in Myanmar; la missionaria laica italiana Nadia de Munari,  dell'Operazione Mato Grosso, brutalmente assassinata per rubare un cellulare in Perù; Omer Dalyom Dallet,  giovane saltato su una mina nella Repubblica Centrafricana mentre viaggiava sull’auto della missione; Simón Pedro Pérez López, indigeno tzozil,  catechista indigeno, attivista per il rispetto dei diritti umani in forma non violenta, ucciso in Messico. Tutti loro, si ricorda,  “non potevano, non potevano non testimoniare Cristo” con la forza della loro vita donata per amore, lottando ogni giorno, pacificamente, contro la prepotenza, la violenza, la guerra.

 

 
 
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