Sono solo echi lontani le polemiche che popolano le pagine e i blog dei vaticanisti. Qui in Africa papa Francesco è percepito dai cattolici – e non solo – come un pastore vicino, che si occupa delle situazioni concrete, che annuncia con chiarezza il Vangelo. Ci confida monsignor Jean-Pierre Kwambamba, già accanto al Santo Padre a Roma come cerimoniere e attualmente vescovo ausiliare di Kinshasa, capitale della Repubblica Democratica del Congo: «Ogni Papa ha la sua specificità e porta una novità alla Chiesa. Di Francesco apprezzo soprattutto la semplicità, quella che ha mostrato ad esempio in Centrafrica favorendo il percorso di pacificazione». Un atteggiamento che Monalisa Bouity, 21 anni, studentessa di Brazzaville, lega a «una forza d’animo misericordiosa e determinata».
Nel continente si affacciano i segni di una recrudescenza terroristica di matrice radicale islamica e continua la diffusione di sette pseudocristiane. I cattolici chiedono di ricevere dal Magistero e nella catechesi quei valori profondi che permettono di rendere solida e aperta al confronto la loro fede. Le Ceb, Comunità ecclesiali di base, cellule della vita parrocchiale, si incontrano regolarmente, in un giorno infrasettimanale, oltre alla partecipazione alle attività domenicali.
Padre Gilber Mbambi, gesuita, assistente del provinciale dell’Africa Centrale, sottolinea di Francesco l’attitudine pastorale: «Vuol cambiare le strutture e lo fa attraverso la spiritualità, la preghiera». Christian Dino, giovane religioso paolino, cita la sua capacità di prendere la vita con umorismo: «Ha scherzato anche sulle zanzare africane, tanto fastidiose».
Ma il suo ruolo di artigiano della pace in una situazione politica che in diversi Paesi è sempre prossima al rischio di violenza è ciò che rivela maggiormente il suo impegno, senza risparmio di forze fisiche o di salute. «Mi piace sottolineare come caratteristica di Francesco l’annuncio del Vangelo della gioia», dice monsignor Etienne Ung’Eyowun, vescovo di Bondo, diocesi congolese in piena foresta equatoriale e prossima al confine con il Centrafrica, «come è avvenuto nel primo viaggio africano a Kampala, in Uganda».
Un giovane originario di Luanda, in Angola, Antonio Oliveira Ntetani, 23 anni, esprime lo stesso concetto: «Il Papa ci invita a essere uomini di gioia, a crescere in umanità». Edel Mulumba, 22 anni, studente di giornalismo e animatore dei gruppi scout a Kimwenza, verso la provincia del Kongo Central, coglie in Francesco l’attenzione alla salvaguardia del Creato e alla vita delle famiglie, due punti chiave della situazione dell’Africa. Il continente verde è sottoposto a uno sfruttamento incontrollato. Anche la famiglia, pur mantenendo uno stile più tradizionale rispetto a quanto accade in Occidente, non è esente da problematiche che rischiano di creare una frattura con il passato.
La parola di papa Francesco giunge rapidamente, soprattutto per chi segue le reti sociali sul Web. L’annuncio di una sua prossima visita africana, molto probabilmente anche nella Repubblica Democratica del Congo, lascia spazio alla speranza per un Paese che ormai da diversi anni è attanagliato dalla crisi socio-politica. Negli ultimi mesi papa Francesco è intervenuto più volte direttamente su questa crisi, come per altri casi aperti, e la diplomazia vaticana sta lavorando per appoggiare l’opera di mediazione affidata ai vescovi locali.