La chiesa di Bologna ha espresso preoccupazione per il clima che si sta
creando alla vigilia del referendum. Un clima che rischia di creare odio
e divisioni impoverendo il pluralismo. «L'intervento della diocesi è da
leggere in questa chiave, perché non possiamo ignorare un'importante
fetta della nostra città che si sente rappresentata dall'attuale sistema
scolastico», ha dichiarato il vicario generale, monsignor Giovanni
Silvagni.
Il comitato Articolo 33, promotore del referendum, accusa la
scuola paritaria di essere confessionale e di "indottrinare" i piccoli
alunni. In realtà nelle ultime settimane hanno fatto sentire la loro
voce genitori di diversa estrazione religiosa e culturale, che hanno
iscritto i propri figli alla scuola paritaria cattolica con piena
fiducia nel suo valore formativo ed educativo. Anche mamme e papà
dichiaratamente atei o di religione musulmana.
Se il cardinale Bagnasco ha ribadito l'importanza del ruolo formativo
svolto dalle scuole paritarie e della libera scelta educativa delle
famiglie, nel dibattito è intervenuto anche il presidente dell' Agesc
(associazione genitori scuole cattoliche) Roberto Gontero. La sua preoccupazione va al di là dei confini della scuola bolognese.
«Ormai il referendum di Bologna ha assunto una valenza nazionale»,
ha dichiarato, «in quanto la situazione scolastica del capoluogo
emiliano-romagnolo è paradigmatica di quella delle più importanti città
italiane».
Il rischio è quello di tornare indietro e di mettere in discussione risultati importanti nel campo della parità scolastica.
«Se venissero meno i contributi statali o comunali alle scuole
paritarie, a Bologna come altrove, assisteremmo a un'impennata delle
rette tale da renderle proibitive per la maggioranza delle famiglie», ha
aggiunto, «si ritornerebbe al vecchio modello selettivo delle scuole
per ricchi, mentre la scuola paritaria in cui crediamo è assolutamente
una scuola popolare, aperta a tutti».
Votare B significa difendere la libertà di scelta di migliaia di famiglie.
Intanto il clima che si è creato a Bologna alla vigilia della consultazione sembra andare in direzione contraria. Le ragioni dei referendari infatti si sono sposate con la protesta delle maestre delle scuole comunali,
preoccupate per l'imminente passaggio delle materne del comune a un'
Asp unica, che dal prossimo anno assorbirà anche i servizi educativi
fino a questo momento gestiti direttamente dall'amministrazione.
La loro protesta genera inevitabilmente confusione e imbarazzo,
soprattutto tra i genitori. Le maestre non solo organizzano cortei e
notti bianche, coinvolgendo le famiglie degli alunni, ma distribuiscono
volantini e fanno propaganda, anche all'interno delle scuole.
Naturalmente a favore dell'opzione A, mettendo in difficoltà i genitori
che non sono d'accordo. La situazione sta diventando bollente. Pochi
giorni fa una mamma ha presentato un esposto al Comune.
Nel nido comunale in cui ha iscritto uno dei suoi figli - l'altro
frequenta invece una scuola paritaria - ci sono solo i volantini che
difendono l'opzione A, più un mega cartellone a firma delle educatrici.
Più volte ha cercato di appendere un volantino a sostegno dei fondi alle
paritarie, ma le maestre gliel'hanno sempre impedito. Alla fine,
esasperata, ha presentato un esposto, perché «non mi sentivo accettata
all'interno della scuola».