«Abbiamo visto morire una bambina di 6 mesi che pesava 3 chili. I casi di denutrizione sono in aumento, c'è disperato bisogno di latte in polvere e di medicinali. Nel campo profughi di Bab-al-Salam un solo pediatra deve occuparsi di 8.000 bambini».
È un grido di dolore senza fine quello che arriva dalla Siria. Gli ultimi resoconti di guerra raccontano della conquista da parte delle truppe governative di un quartiere strategico di Homs, una delle città simbolo dei ribelli. Ma raccontano ogni giorno una situazione sempre più tragica: violenze inaudite, bambini feriti a morte mentre cercano di fuggire, campi profughi con condizioni di vita disumane. E il prezioso lavoro delle tante organizzazioni non governative impegnate nell'area diventa sempre più delicato e difficile.
Da poco sono rientrati in Italia, dopo l'ennesima missione, i volontari di Time4Life, associazione modenese nata proprio per alleviare le sofferenze del popolo siriano. Dal marzo scorso i volontari sono presenti, due volte al mese, nel campo di Bab-al-Salam, al confine con la Turchia, e in altri luoghi della Siria flagellati dal conflitto: Aleppo e Huraitan.
Ma quest'ultimo viaggio è stato un fuori programma, deciso in extremis, viste le condizioni disperate dei profughi: «Il grave stato di denutrizione dei bambini, di cui ci ha informato il dottor Alì, il pediatra del campo, ci ha spinti a partire una volta in più, per portare gli aiuti necessari», spiega Elisa Fangareggi, avvocato di 32 anni, una delle fondatrici di Time4Life. «Abbiamo trovato una situazione ancora più grave della volta precedente: alcuni bambini sono addirittura fuori dal parametro di sopravvivenza previsto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Arrivano al campo stremati, dopo aver attraversato l'interno della Siria, dove non trovano nulla da mangiare. Dentro le tende la temperatura arriva a 45 gradi e a causa delle pessime condizioni igieniche, il rischio di malattie è altissimo».
Come sempre, nell'atrocità della guerra sono i più fragili a pagare il prezzo più alto. Lo denuncia anche Save the Children, associazione umanitaria che aiuta la popolazione siriana sia all'interno del Paese, sia nelle comunità di rifugiati in Libano, Giordania e Iraq.
I numeri fanno paura: attualmente oltre 1 milione 600 mila persone scappate dalla Siria vivono nei campi profughi dei Paesi vicini e durante l'estate sono attesi altri 2 milioni di arrivi. Un esodo inarrestabile. Metà dei profughi sono minori.
«Abbiamo appreso storie tremende dai rifugiati siriani, che descrivono tantissimi bambini uccisi, torturati, reclutati come soldati e abusati», racconta Valerio Neri, direttore generale Save the Children Italia. «I minori vengono separati dalle proprie famiglie e molti muoiono per strada a causa delle ferite, cercando di scappare».
Storie atroci, racconti di "viaggi della morte", fotografie della disperazione e dell’orrore che i bambini siriani stanno affrontando quotidianamente. Tutti devono essere aiutati – è l'appello di Save the Children – quelli rimasti nel Paese ed esposti alla brutalità del conflitto, ma anche quelli che, riusciti a scappare, ora vivono in campi profughi affollatissimi, senza poter frequentare una scuola o senza avere un posto sicuro dove giocare.
A più di due anni dall'inizio delle tensioni, poi sfociate in sanguinosa guerra civile, l'escalation di violenze non si ferma. L'osservatorio siriano dei diritti umani riferisce di feroci combattimenti a Homs, città simbolo della rivolta contro il regime di Bashar al Assad. Già da un anno in stato d'assedio, la roccaforte dei ribelli è stata colpita nelle ultime settimane dai bombardamenti dell'esercito siriano. Nuovi raid aerei stanno mettendo in ginocchio diversi quartieri di Damasco, mentre ad Aleppo proseguono i combattimenti. Spostarsi è diventato quasi impossibile.
Eppure, nonostante un quadro così difficile, c'è chi non si tira indietro e cerca di aiutare in ogni modo possibile la popolazione. Oltre alle già citate Ong, in Siria è presente Medici senza Frontiere, la più grande organizzazione medico-umanitaria al mondo, che ha realizzato 2.095 interventi chirurgici, più di 37.400 visite mediche, oltre 8.500 vaccinazioni e ha distribuito 166 tonnellate di materiali medici. Con i profughi siriani lavorano anche gli operatori dell'organizzazione umanitaria Intersos e quelli dell'Avsi (Associazione Volontari per il Servizio Internazionale), realtà di area cattolica. Tanti i progetti in atto, che hanno bisogno del sostegno economico di tutti per andare avanti.
La tragedia della guerra non può lasciare indifferente il popolo cristiano. L'ultimo appello in ordine di tempo arriva dal padre gesuita Paolo Dall'Oglio, promotore in Siria di un trentennale dialogo islamico-cristiano, che per sollecitare un intervento diplomatico ha deciso di rivolgersi direttamente a papa Francesco (si può appoggiare la petizione di padre Dall’Oglio sul sito www.change.org).
Profondo conoscitore del contesto geo-politico mediorientale, padre Dall'Oglio analizza la situazione con parole pungenti e non risparmia critiche anche ad alcuni esponenti delle gerarchie ecclesiastiche. «La forte e strumentale implicazione delle Chiese nella manipolazione menzognera sistematica di regime», scrive, «non può non esigere una reazione cosciente e responsabile da parte della Chiesa cattolica e dunque del Papa di Roma. La petizione che presento alla vostra attenzione mostrerà il volto più solidale e maturo della società italiana e consentirà a Papa Francesco di superare le resistenze del suo contesto, tendenzialmente islamofobo, anche se spesso in modo tipicamente subdolo e indiretto».
Da qui la decisione di scrivere al Santo Padre, «amante della pace nella giustizia», per chiedergli «di promuovere personalmente un'iniziativa diplomatica urgente e inclusiva per la Siria, che assicuri la fine del regime torturatore e massacratore, salvaguardi l'unità nella molteplicità del Paese e consenta, per mezzo dell'autodeterminazione democratica assistita internazionalmente, l'uscita dalla guerra tra estremismi armati».