“Gli anni compiuti non sono gli anni passati, ma la storia della pazienza di Dio che compie la sua opera fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.
Gli anni compiuti non sono gli anni sottratti al futuro, ma la perseveranza nella speranza che intravede i segni del Regno, se ne rallegra, e invoca il compimento.
Gli anni compiuti non sono gli anni che gravano sulle spalle e rallentano il cammino, ma la generosità della grazia che arricchisce di pensieri, affetti, memorie, struggente invocazione della gioia.
Questo auguriamo all’Arcivescovo Angelo per il suo compleanno: l’esperienza della pazienza di Dio, la fortezza nella perseveranza, l’abbondanza di ogni grazia”.
Così il Consiglio Episcopale, la Curia Arcivescovile e tutta la Diocesi si sono stretti con affetto intorno al proprio Pastore per esprimergli i migliori auguri per il suo compleanno. Tutti coloro che volessero porgere personalmente un augurio all’Arcivescovo possono farlo con una mail a auguriscola@chiesadimilano.it.
Chi intendesse accompagnare l’augurio con un dono può versare, invece, su indicazione del cardinale Scola stesso, un contributo per l’emergenza terremoto che da mesi sta provando il Centro Italia (su www.chiesadimilano.it le modalità).
Il cardinale Scola dedicherà il giorno del suo compleanno a un tempo di ritiro spirituale.
Di seguito, ripubblichiamo l'intervista che gli abbiamo fatto a fine settembre.
Eminenza, che Milano ha conosciuto quando è arrivato e che città è oggi? La Milano dell’economia, della finanza, dell’Expo e del “dopo
Expo”. La Milano in Europa e nel mondo; la Milano che (forse) sta diventando bella…
«Mi sembra indubbio che in questi ultimi
anni Milano abbia alzato la testa. Si ripropone
di fatto in modo deciso come un punto di riferimento
per il Paese, per l’Europa tutta e non
solo. Io ho vissuto a Milano fino a 40 anni e
mi sono ricoinvolto con la città, eletto arcivescovo
nel giugno del 2011. In questi pochi anni
ho visto una Milano sempre più realista, che
tenta vie nuove ma non si nasconde i problemi
talora dolorosi, che vive l’inevitabile dialettica
sociale, culturale e politica ma, salvo alcuni casi
relativamente rari, cerca “amicizia civica” come
condizione di vita buona personale e sociale.
L’angolo di visuale del vescovo è privilegiato.
Incontra molte persone in parrocchie e aggregazioni
di fedeli, a livello dei mondi del lavoro,
della cultura, dell’economia, della finanza».
«I miei preti particolarmente impegnati
con pesanti situazioni di emarginazione mi
hanno aiutato a incontrare i più poveri, gli
emarginati e i carcerati. È però necessario assecondare
“criticamente” la realtà con le circostanze
e i rapporti che ne costituiscono la trama.
E qui vedo il punto ancora debole. In una
società ormai plurale, ricca di “mondovisioni”
diverse, bisogna avere il coraggio di porre con
forza nella vita di tutti i giorni da parte di tutte
le persone, le comunità e i gruppi la ricerca
del senso, inteso sia come significato del vivere
quotidiano sia come direzione di un cammino.
I radicali mutamenti in atto in questo cambiamento
d’epoca stanno trasformando i linguaggi
con cui vivere questi aspetti decisivi dell’umana
esistenza. Qui si gioca l’avventura per
Milano “Città-di-mezzo”».
L'arcivescovo Scola in visita a Bruzzano
Immigrazione. Come giudica il muro di
Calais, le scelte dei Paesi europei, le posizioni italiane? Cosa muove queste
scelte? Come si vince la paura?
«Può essere facile dire che il muro
di Calais è inaccettabile. Auspicare
ponti e non muri. Ma la paura è una
bestia nera, la si vince solo con un
paziente lavoro di educazione. E qui
ritorniamo alla questione del senso
del vivere. In questa nuova fase è
necessario rompere l’isolamento in
cui l’io è precipitato rivolgendosi alle
moltissime comunità che, come vedo
nelle visite pastorali, arricchiscono la
vita di città e paesi. Sono i nuovi corpi
intermedi. Buone relazioni danno
sicurezza e capacità di iniziativa. L’accoglienza
diffusa nella nostra diocesi
– cito solo il ben noto esempio di
Bruzzano – è un modo privilegiato
per vincere la paura».
L’Europa sempre più burocratica e
meno solidale: di cosa ha più bisogno?
«L’Europa ha bisogno di un disegno
nuovo, che non sia affidato solo
a tecnocrati e burocrati. Gli esperti
ci vogliono, ma un fenomeno straordinario
come l’Europa non può non
venire dal basso, da movimenti di popolo,
che certo hanno bisogno di essere
stimolati e interpretati. Per questo
però è necessaria solidarietà e sussidiarietà
vera, non bastano generici
richiami alla Carta dei diritti, bisogna
favorire le libertà realizzate».
il Fondo Famiglia Lavoro che giunge quet'anno alla fase del collocamento
Come le sembra che la Chiesa italiana
abbia accolto l’appello del Papa
ad aprire ai migranti le sue strutture?
Trova che sull’accoglienza potrebbe
fare di più, essere più incisiva nella
società?
«Mi sembra di poter francamente
dire che l’ha sostanzialmente accolto
bene. Aggiungo che al di là delle dialettiche, parlando regolarmente con la
gente sul territorio, trovo una capacità
di accoglienza che giudico straordinaria.
Certo si può sempre fare di più».
La famiglia. È al centro anche
della sua lettera pastorale. Pensa che regga
da un punto di vista economico
e sociale? Come pensa che possa
essere ascoltata l’Esortazione Amoris
laetitia e che frutti pensa possa dare?
«È vero, la famiglia è al centro della
mia lettera pastorale. Capisco che
in questa fase di radicale mutazione
del senso degli affetti può sembrare
un paradosso, e tuttavia constato che
tutti vogliono fare famiglia. In questa
fase sociale è in crisi la coppia, non la
famiglia. Come cristiani, però, seguendo
Amoris laetitia, la famiglia deve
assumere una diretta responsabilità
nell’azione ecclesiale e deve farlo
aprendo regolarmente la propria casa
a due o tre altre famiglie con le quali
affrontare i problemi che la vita pone.
Questa è la strada principale perché
finalmente il laico cessi di essere un
cliente della Chiesa per diventarne un
soggetto attivo. Senza l’azione ecclesiale
della Chiesa domestica il cristianesimo
si disincarna».
Emerge dalla sua lettera pastorale
l’imprescindibile urgenza di educarsi
alla mentalità (pensiero) e ai sentimenti
di Cristo. Cosa intende e di
cosa c’è bisogno per riuscirci?
«Molti praticano ancora con convinzione
la liturgia domenicale, ma
spesso quando usciamo di chiesa non
è la mentalità di Cristo, non sono i sentimenti
di Cristo, come dice san Paolo,
a dare senso al nostro quotidiano. Per
far questo è assolutamente necessario
che la persona impari a dare del Tu a
Gesù, cosa che avviene solo se si vive
con piena libertà immersi in una viva
comunità cristiana. Del resto Gesù
stesso ci ha detto: “Dove sono due o tre
riuniti nel mio nome, io sono in mezzo
a loro”».