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lunedì 24 marzo 2025
 
Laura Boldrini
 

«Così si batte la corruzione»

18/03/2015  La presidente della Camera ripercorre i suoi primi due anni alla guida di Montecitorio e annuncia: occorre regolamentare l’attività lobbistica e varare un codice etico di condotta per i parlamentari come in altri Paesi.

Laura Boldrini l'8 marzo, Festa della donna (foto Ansa)
Laura Boldrini l'8 marzo, Festa della donna (foto Ansa)

Laura Boldrini lavora in una grande stanza con le pareti tappezzate di verde. Alle spalle della scrivania spicca la scultura di un gatto accucciato, che è sempre una presenza rassicurante. La presidente della Camera si accomoda su un divanetto sovrastato da una grande tela di Sironi e parla del suo libro Lo sguardo lontano (Einaudi). Non è solo il racconto della sua esperienza alla Camera. È anche un libro affollato di volti e di storie di italiani. Incontrati a Montecitorio e in giro per l’Italia.

Presidente Boldrini, perché lo sguardo lontano?
«Perché vorrei che questo sguardo animasse la politica. Basta con le piccole beghe fra i partiti e all’interno dei partiti. Più si parla di polemiche politiche e più la gente si disamora e non legge più i giornali. Io stessa mi annoio per questa autoreferenzialità continua. Ma a chi interessa questo circo? Proiettiamoci sui grandi temi del futuro, su quello che riguarda e migliora la vita delle persone».

Però negli ultimi tempi il dibattito politico l’ha trascinata in polemiche con il presidente del Consiglio Renzi. Che cosa è successo?
«Credo di avere già fatto chiarezza. Sul Jobs act e sulla decretazione d’urgenza ho solo difeso la centralità del Parlamento. Da presidente della Camera non posso che valorizzare il lavoro delle commissioni, così come non posso che auspicare un minore ricorso ai decreti legge. Con la riforma dei regolamenti stiamo proprio fissando delle corsie preferenziali per i disegni di legge del Governo, dando così dei tempi certi senza bisogno della decretazione di urgenza. Al tempo stesso, alle opposizioni verrà garantito di portare le loro proposte al voto dell’aula. Quanto alle critiche all’uomo solo al comando, stavo facendo un ragionamento di sistema, esprimendo la mia visione di società in cui l’associazionismo e i corpi intermedi sono importanti, come previsto dalla stessa Costituzione. Sono discorsi che faccio da tempo. Un uomo solo al comando deresponsabilizza tutti e indebolisce il Paese. In democrazia tutti devono svolgere la loro parte».

Come vive queste polemiche e le  accuse che a volte le piovono addosso anche dalla Rete?

«Quasi sempre non reagisco alle provocazioni, agli attacchi scomposti e agli insulti. Trovo penoso e preoccupante che vi siano persone capaci solo di offendere e minacciare. A livello politico, poi, c’è chi mi dà della “serva” perché sarei appiattita sulle posizioni del Governo e c’è chi negli stessi giorni mi accusa di essere contro Renzi. Forse questi attacchi sono la miglior prova della mia terzietà».

Nel suo libro c’è un’appassionata difesa della buona politica contro l’antipolitica. Con l’aria che tira non le sembra quasi una missione impossibile?
«Il compito è tutto in salita perché ci sono stati esponenti politici che hanno dato un pessimo esempio e perché si è insinuata nella società un’avversione al mondo della politica e una inaccettabile delegittimazione delle istituzioni. Raccoglierei facili consensi se dicessi che mi hanno messo a capo di un’istituzione di fannulloni. Ma non è vero. Invece vorrei che la gente facesse pace con le sue istituzioni. Il Parlamento, in particolare, è il cuore della democrazia e tutti dobbiamo coglierne il valore. In alternativa alla democrazia che cosa resta? La dittatura».

Come si fa pace con la politica?
«Innanzitutto facendo vincere la buona politica, il che signica sradicare la corruzione, regolamentare l’attività lobbistica, varare – come hanno fatto le assemblee elettive di altri Paesi – un codice etico di condotta per i parlamentari. E poi spiegando quello che stiamo facendo. Quando accompagno i cittadini nelle visite alla Camera, all’inizio li vedo un po’ freddini e prevenuti, poi invece si rendono conto del grande lavoro che si fa qui dentro e di quanto abbiamo realizzato in questi due anni. Faccio lo stesso nei miei incontri sul territorio, quando vedo giovani, precari, associazioni, imprenditori. Sono persone che vogliono risposte ai loro problemi e per me è doveroso ascoltare e fare da tramite con chi deve dare risposte. La ducia si recupera con gli atti concreti, non con le parole e le false promesse. Si deve essere seri. Se dici che puoi fare qualcosa, poi devi farla. Altrimenti è meglio non dire nulla».

Nei suoi tanti incontri lei ha l’occasione di tastare il polso degli italiani. Che cosa sente?
«Sento che la paura non ha abbandonato i nostri connazionali. Paura per la crisi economica e per il lavoro che non c’è. È come una cappa che ci opprime. Bisogna uscire dalla crisi creando sviluppo e nuove opportunità di lavoro. Questa è la vera emergenza nazionale. Però c’è anche un approccio mediatico ansiogeno, che dà risalto soltanto agli aspetti negativi, ma se continuiamo a flagellarci senza vedere nessuna prospettiva davanti, non ce la faremo mai. Perciò mi sono data il compito di valorizzare le cose che funzionano».

Per esempio?
«Nel cuore della Sicilia ho incontrato dei giovani ritornati da esperienze di studio all’estero per creare un’azienda nella loro terra. Nelle Marche ho visto persone che hanno deciso di investire nell’agricoltura, con la ricerca e l’innovazione, valorizzando borghi fatiscenti, puntando sulla qualità. Ci sono italiani che hanno una visione e sanno tenere lo sguardo lontano».

Lei ha avuto l’onore e l’onere di gestire due elezioni del presidente della Repubblica. Come ha vissuto questi due eventi?
«La prima elezione l’ho vissuta come una sconfitta del Parlamento, che ha costretto il presidente Napolitano a sacrificarsi quando ormai aveva già fatto parte del trasloco. L’opinione pubblica ha dovuto constatare l’impotenza del Parlamento e il clima nella piazza era molto pesante. Con l’elezione di Sergio Mattarella ci siamo riscattati. È stato bello vedere un Parlamento coeso, anche se poi fra le forze politiche ci sono state polemiche sul metodo».

Che cosa prova quando in aula quando si scatenano scontri verbali e vere e proprie risse tra deputati?
«È uno spettacolo triste, che fa male all’istituzione, non restituisce dignità al Parlamento e allontana i cittadini, che restano esterrefatti e si indignano. I deputati dovrebbero esprimersi con la forza delle idee, non con i muscoli e gli insulti. Io credo che sia necessario un impegno di tutte le forze politiche per non arrivare a questi punti di tensione in aula».

Come sono i suoi rapporti personali con i parlamentari?
«Li abbiamo costruiti nel tempo, visto che in questa legislatura la Camera è composta in gran parte di deputati esordienti, me inclusa. E sono quasi sempre buoni rapporti. In particolare sono molto soddisfatta delle relazioni con le deputate di tutti i gruppi. Per la prima volta il 30 per cento dei parlamentari sono donne e si può lavorare bene insieme. C’è un dialogo continuo e trasversale, fatto di periodici incontri informali, che ritengo molto utile».

In questo nuovo incarico che cosa ha portato della “vecchia” Laura Boldrini, quella impegnata con l’Onu per i rifugiati?
«Il metodo di lavoro è lo stesso: ascoltare, mediare, trovare soluzioni. Senza avere alle spalle 25 anni di lavoro tosto con le agenzie delle Nazioni Unite non sarebbe facile svolgere il mio compito qui alla Camera».

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