Tornare a casa, nel proprio Paese e nel contesto sociale di partenza, dopo il fallimento di un’esperienza migratoria in Europa, spesso si rivela un’odissea. Per i migranti di ritorno, quando il rientro in patria è forzato soprattutto a seguito di un’espulsione, reinserirsi nel contesto sociale di partenza non è affatto semplice. È quanto emergenza da una ricerca partecipata condotta da AIFO-Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau che si focalizza sui migranti tunisini, rientrati nel Paese nordafricano nell’ambito del progetto INDIMEJ – Azione per l’inclusione economica e sociale dei giovani e delle donne in Tunisia.
Nel 2022 l’Italia è stata la prima nazione di approdo per i tunisini, con 18mila arrivi di migranti irregolari. Contestualmente, nei primi 8 mesi del 2022 i rimpatri in Tunisia sono raddoppiati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La ricerca di AIFO è un’indagine sui migranti di ritorno condotta dai migranti stessi: ha coinvolto 73 rimpatriati in qualità di ricercatori, con finalità emancipatoria, ovvero con l’obiettivo di far prendere loro coscienza dei propri diritti e delle proprie potenzialità e opportunità. Guidati e supervisionati da AIFO, sono stati i migranti a raccogliere i dati sul campo intervistando comunità e persone che hanno vissuto la loro stessa esperienza, con lo scopo di analizzare difficoltà, barriere, aspirazioni e individuare le possibili strategie per superare gli ostacoli.
La prima difficoltà per chi torna è psicologica: il trauma, il senso del fallimento, la vergogna davanti alla famiglia e alla comunità, la bassa autostima sono fardelli difficili da sopportare e provocano un grave malessere. C’è poi la barriera lavorativa: chi rientra spesso trova solo lavori precari con salari modesti, anche a causa della grave crisi economica e dell’instabilità finanziaria in cui versa il Paese. Chi ha vissuto un rientro forzato, inizia a cercare lavoro solo dopo parecchi mesi, il tempo necessario per adattarsi alla nuova realtà. Il migrante di ritorno, più vulnerabile, in genere è sostenuto, anche economicamente, dalla famiglia e dalla cerchia di amici. Praticamente assente è il sostegno statale.
Da più di 60 anni AIFO lavora nella cooperazione socio-sanitaria internazionale per la salute e l’inclusione sociale dei più vulnerabili, a partire dalle persone con disabilità, promuovendo progetti sul modello dello Sviluppo inclusivo su base comunitaria. Anche per i migranti di ritorno, allora, la risposta per AIFO è inclusiva, come la ricerca che ha coinvolto i migranti stessi. «Inclusione significa dare voce a chi per troppo tempo non l’ha avuta», dice il presidente di AIFO Antonio Lissoni, «anche eliminando le barriere che impediscono a queste persone di sentirsi davvero parte della società in cui vivono». Informazioni sull’associazione: www.aifo.it
(Nella foto sopra e in quella di copertina: i migranti coinvolti da AIFO come ricercatori)