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lunedì 17 marzo 2025
 
 

«Aiutatemi a liberare Cristian»

12/10/2013  Ventotto attivisti di Greenpeace in carcere, da settimane, solo per aver protestato pacificamente contro l'aggressione delle multinazionali del petrolio sull'Artico. L'accusa, assurda, è di pirateria. Fra loro un italiano, Cristian D'Alessandro. Ecco la lettera della madre che chiede al Presidente Napolitano di farlo liberare.

Che ci fanno 28 attivisti di Greenpeace e due giornalisti free lance nelle carceri russe? Sono accusati di “pirateria” e rimarranno dentro 2 mesi, in attesa della conclusione delle indagini che sono partite dopo un’azione di protesta pacifica dell’associazione ambientalista contro una piattaforma petrolifera russa.

Il direttore esecutivo di Greenpeace International, Kumi Naidoo, ha scritto al Presidente Putin, chiedendo un incontro urgente a Mosca e proponendo di trasferirsi in Russia per fare da garante della buona condotta di attivisti e giornalisti, se questi verranno rilasciati sotto cauzione.

Proprio Putin, lo scorso 25 settembre, si era già espresso in merito a quelle che, al momento delle sue dichiarazioni, erano ancora solo voci di accuse di pirateria. Durante un suo intervento alla conferenza dell’International Arctic Forum a Salekhard, parlando della vicenda, si era mostrato aperto al dialogo con Greenpeace. Aveva affermato che di certo gli attivisti non erano da considerare pirati. Ma ora le autorità russe si stanno mostrando di diverso avviso.

Tra i 28 attivisti in carcere anche un italiano, Cristian D’Alessandro, 31 anni, una laurea in biotecnologie mediche all’Università Federico II di Napoli. La famiglia è molto preoccupata per quello che sta passando, chiuso in cella probabilmente insieme a criminali comuni russi.

«Ci sono state delle serie violazioni dei diritti»

«Mai avremmo creduto di vederlo in prigione, lui persona pacifica, non violenta, amante della natura, della musica, della compagnia semplice e schietta, accusato di pirateria e di atti violenti», commenta la madre, che ha scritto una lettera appello al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Greenpeace ha sporto denuncia per la violazione dei diritti dei 30 detenuti. «In alcune celle fa molto freddo e i detenuti sono sottoposti continuamente a riprese video. Non tutti hanno accesso ad acqua potabile a sufficienza o hanno la possibilità di fare esercizio fisico adeguatamente», dichiara l’avvocato di Greenpeace Sergei Golubok. «Alcuni detenuti sono stati trasportati per 4-5 ore, sia all’andata che al ritorno da Murmansk per gli interrogatori, in gabbie senza cibo, riscaldamento o possibilità di andare al bagno».

«Ci sono state delle serie violazioni dei diritti nel momento in cui i Servizi federali per la sicurezza della Federazione russa hanno trattenuto l’equipaggio e la nave», afferma Alexander Mukhortov, l’avvocato che rappresenta Peter Willcox, il capitano statunitense della nave di Greenpeace. «Uomini armati e coperti in volto, sono saliti a bordo della nave senza identificarsi, puntando la pistola ai membri dell’equipaggio. In seguito hanno preso il controllo della nave, confiscato gli oggetti a bordo, e sottoposto tutti a fermo senza documentare queste azioni».

Colpevole di pacifismo

  

La speranza è ora quella di un’azione internazionale congiunta, visto che gli attivisti di Greenpeace vengono da diversi Paesi: l’Italia potrebbe unirsi, come ha fatto la Danimarca, all’iniziativa olandese di ricorrere all’arbitrato internazionale contro la Russia secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare. Cosa aspettano il Premier Letta e il ministro Bonino?

Change.org ha lanciato la petizione della madre di Cristian rivolta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per la rapida liberazione del figlio.

Si può sottoscrivere la petizione all'indirizzo:  https://www.change.org/it/petizioni/cristian-torni-a-casa-è-solo-colpevoledipacifismo.

La lettera-appello della madre di Cristian a Napolitano, rilanciata da Change.org

Signor Presidente, mi chiamo Raffaela Ruggiero, sono la madre di Cristian D’Alessandro, il giovane attivista di Greenpeace, arrestato dalle autorità russe nel Mar Artico con i suoi 29 compagni.

Mi rivolgo a Lei , Presidente, conoscendo la Sua storia e la Sua sensibilità verso i temi dei diritti umani, perché si adoperi per la libertà di Cristian. Certo, il momento è grave per il Paese e ben altri pensieri affollano la Sua mente, lo so bene, ma pure mi permetta di insistere perché rivolga qualche minuto del Suo prezioso tempo al mio ragazzo e ascolti, per cortesia, il mio appello.

Cristian ha 31 anni, ha conseguito la laurea in biotecnologie mediche all’Università Federico II di Napoli, con una tesi di ricerca che ha avuto risultati lusinghieri e apprezzamenti dai docenti fino a meritare la pubblicazione su una rivista scientifica. Durante il percorso universitario ha fatto le sue prime esperienze lavorative in Inghilterra, dove ha imparato la lingua pagandosi il soggiorno facendo il cameriere, perché la sua grande dignità non gli avrebbe mai consentito di chiedere soldi alla famiglia.

Una volta laureato, assecondando il bisogno interiore di mettere in atto quei principi che per molti restano solo teoria, ha fatto la sua scelta di vita, aderendo ai principi dell’organizzazione ecopacifista Greenpeace, che si occupa di tutelare il pianeta dalle aggressioni, talvolta inconsapevoli, spesso proditorie, degli stessi popoli che lo abitano.

Noi, d’altro canto, abbiamo sempre sostenuto la ricerca di autonomia dei nostri figli, sicuri come siamo dei principi di onestà e correttezza in cui li abbiamo cresciuti e se, egoisticamente, avremmo preferito averli vicini, pure li abbiamo lasciati liberi di inseguire i propri sogni e di accrescere quel patrimonio di esperienze attraverso il quale sono diventati quello che adesso sono: esseri pensanti, liberi, onesti, leali, in grado di fare scelte consapevoli, di compiere gesti nobili. Sono entrambi lontani, ma siamo certi del loro affetto, fieri del loro coraggio e contenti della loro felicità, perché i figli sono felici se fanno ciò in cui credono.

Cristian aveva il sogno di contribuire a costruire un mondo migliore e ha creduto di poterlo fare pacificamente con i suoi compagni di Greenpeace.

Questo sogno adesso è una colpa, anzi un reato gravissimo.

Signor Presidente, non sentiamo Cristian da settimane. Sua nonna, che ha 88 anni, prega ogni giorno per lui, nel chiaro timore di non poterlo riabbracciare più. Mai avremmo creduto di vederlo in prigione, lui persona pacifica, non violenta, amante della natura, della musica, della compagnia semplice e schietta, accusato di pirateria e di atti violenti.

Sappiamo che il Ministero degli Esteri sta facendo tanto per riportarlo a casa, ma La preghiamo Presidente, creda in questo nostro ragazzo, e ce la metta tutta per aiutarlo e per aiutarci.
Grazie. Raffaela Ruggiero

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