Che ci fanno 28
attivisti di Greenpeace e due giornalisti free lance nelle carceri
russe? Sono accusati di “pirateria” e rimarranno dentro 2 mesi,
in attesa della conclusione delle indagini che sono partite dopo
un’azione di protesta pacifica dell’associazione ambientalista
contro una piattaforma petrolifera russa.
Il direttore esecutivo
di Greenpeace International, Kumi Naidoo, ha scritto al Presidente
Putin, chiedendo un incontro urgente a Mosca e proponendo di
trasferirsi in Russia per fare da garante della buona condotta di
attivisti e giornalisti, se questi verranno rilasciati sotto
cauzione.
Proprio Putin, lo
scorso 25 settembre, si era già espresso in merito a quelle che, al
momento delle sue dichiarazioni, erano ancora solo voci di accuse di
pirateria. Durante un suo intervento alla conferenza
dell’International Arctic Forum a Salekhard, parlando della
vicenda, si era mostrato aperto al dialogo con Greenpeace. Aveva
affermato che di certo gli attivisti non erano da considerare pirati. Ma ora le autorità russe si stanno mostrando di diverso avviso.
Tra i 28 attivisti in
carcere anche un italiano, Cristian D’Alessandro, 31 anni, una
laurea in biotecnologie mediche all’Università Federico II di
Napoli. La famiglia è molto preoccupata per quello che sta passando,
chiuso in cella probabilmente insieme a criminali comuni russi.
«Ci sono state delle serie violazioni dei diritti»
«Mai
avremmo creduto di vederlo in prigione, lui persona pacifica, non
violenta, amante della natura, della musica, della compagnia semplice
e schietta, accusato di pirateria e di atti violenti»,
commenta la madre, che ha scritto una lettera appello al Presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano.
Greenpeace ha sporto
denuncia per la violazione dei diritti dei 30 detenuti. «In
alcune celle fa molto freddo e i detenuti sono sottoposti
continuamente a riprese video. Non tutti hanno accesso ad acqua
potabile a sufficienza o hanno la possibilità di fare esercizio
fisico adeguatamente»,
dichiara l’avvocato di Greenpeace Sergei Golubok. «Alcuni
detenuti sono stati trasportati per 4-5 ore, sia all’andata che al
ritorno da Murmansk per gli interrogatori, in gabbie senza cibo,
riscaldamento o possibilità di andare al bagno».
«Ci
sono state delle serie violazioni dei diritti nel momento in cui i Servizi
federali per la sicurezza della Federazione russa hanno trattenuto
l’equipaggio e la nave»,
afferma Alexander Mukhortov, l’avvocato che rappresenta Peter
Willcox, il capitano statunitense della nave di Greenpeace. «Uomini
armati e coperti in volto, sono saliti a bordo della nave senza
identificarsi, puntando la pistola ai membri dell’equipaggio. In
seguito hanno preso il controllo della nave, confiscato gli oggetti a
bordo, e sottoposto tutti a fermo senza documentare queste azioni».
La lettera-appello della madre di Cristian a Napolitano, rilanciata da Change.org
Signor Presidente,
mi chiamo Raffaela
Ruggiero, sono la madre di Cristian D’Alessandro, il giovane
attivista di Greenpeace, arrestato dalle autorità russe nel Mar
Artico con i suoi 29 compagni.
Mi rivolgo a Lei ,
Presidente, conoscendo la Sua storia e la Sua sensibilità verso i
temi dei diritti umani, perché si adoperi per la libertà di
Cristian.
Certo, il momento è
grave per il Paese e ben altri pensieri affollano la Sua mente, lo so
bene, ma pure mi permetta di insistere perché rivolga qualche minuto
del Suo prezioso tempo al mio ragazzo e ascolti, per cortesia, il mio
appello.
Cristian ha 31 anni, ha
conseguito la laurea in biotecnologie mediche all’Università
Federico II di Napoli, con una tesi di ricerca che ha avuto risultati
lusinghieri e apprezzamenti dai docenti fino a meritare la
pubblicazione su una rivista scientifica. Durante il percorso
universitario ha fatto le sue prime esperienze lavorative in
Inghilterra, dove ha imparato la lingua pagandosi il soggiorno
facendo il cameriere, perché la sua grande dignità non gli avrebbe
mai consentito di chiedere soldi alla famiglia.
Una volta laureato,
assecondando il bisogno interiore di mettere in atto quei principi
che per molti restano solo teoria, ha fatto la sua scelta di vita,
aderendo ai principi dell’organizzazione ecopacifista Greenpeace,
che si occupa di tutelare il pianeta dalle aggressioni, talvolta
inconsapevoli, spesso proditorie, degli stessi popoli che lo abitano.
Noi, d’altro canto,
abbiamo sempre sostenuto la ricerca di autonomia dei nostri figli,
sicuri come siamo dei principi di onestà e correttezza in cui li
abbiamo cresciuti e se, egoisticamente, avremmo preferito averli
vicini, pure li abbiamo lasciati liberi di inseguire i propri sogni e
di accrescere quel patrimonio di esperienze attraverso il quale sono
diventati quello che adesso sono: esseri pensanti, liberi, onesti,
leali, in grado di fare scelte consapevoli, di compiere gesti nobili.
Sono entrambi lontani, ma siamo certi del loro affetto, fieri del
loro coraggio e contenti della loro felicità, perché i figli sono
felici se fanno ciò in cui credono.
Cristian aveva il sogno
di contribuire a costruire un mondo migliore e ha creduto di poterlo
fare pacificamente con i suoi compagni di Greenpeace.
Questo sogno adesso è
una colpa, anzi un reato gravissimo.
Signor Presidente, non
sentiamo Cristian da settimane. Sua nonna, che ha 88 anni, prega ogni
giorno per lui, nel chiaro timore di non poterlo riabbracciare più.
Mai avremmo creduto di vederlo in prigione, lui persona pacifica, non
violenta, amante della natura, della musica, della compagnia semplice
e schietta, accusato di pirateria e di atti violenti.
Sappiamo che il
Ministero degli Esteri sta facendo tanto per riportarlo a casa, ma La
preghiamo Presidente, creda in questo nostro ragazzo, e ce la metta
tutta per aiutarlo e per aiutarci.
Grazie. Raffaela Ruggiero