Nel 2010 il terremoto di Haiti, nel 2011 la siccità e la carestia nel Corno
d’Africa e, in Italia, le recenti, tragiche alluvioni in Liguria, Calabria e Sicilia: sono solo
alcune delle molte emergenze che negli ultimi tempi hanno scosso l’opinione
pubblica e sollecitato una grande mobilitazione di solidarietà. Sono le
emergenze umanitarie, quelle che vengono fronteggiate dalle organizzazioni
nazionali e internazionali anche grazie a rapide raccolte di fondi.
Proprio
per regolare questo tipo di collette, l’Agenzia del terzo settore ha presentato a Roma le “Linee guida per le buone prassi e la raccolta fondi nei casi di
emergenze umanitarie”. Il motivo di questo documento è spiegato da Edoardo
Patriarca, consigliere dell’Agenzia e coordinatore del progetto “Raccolta
fondi”: «Fattori quali l’imprevedibilità dell’emergenza e l’urgenza con cui si
deve rispondere si riflettono inevitabilmente sui tempi di attivazione della
raccolta e sulle modalità in cui le fasi del processo si sviluppano, oltre che
sulla capacità dell’organizzazione di agire tempestivamente sul territorio».
Patriarca sottolinea i principi fondativi alla base delle linee guida:
trasparenza, necessità di scrupolosi rendiconto e accessibilità. «In
queste circostanze diventa
doveroso per le organizzazioni», spiega nell’introduzione del testo,
«intervenire con rapidità e dimostrare di saper gestire le risorse
ricevute in
modo efficiente, adeguato e imparziale». L’Agenzia per il terzo settore
annuncia
anche, dalle pagine del documento, la propria volontà di istituire un
elenco
delle organizzazioni che aderiscono alle linee guida e di monitorarne
l’effettiva applicazione.
Nel dettaglio, il documento si rivolge non solo
alle Organizzazioni no profit, ma anche agli Enti pubblici, alle Organizzazioni
internazionali e ai soggetti privati. All’articolo 3, in particolare, ricorda gli impegni delle
organizzazioni in termini di rispetto della legge, di collaborazione con le
altre organizzazioni e di corretta comunicazione. Quanto agli impegni verso i
beneficiari dell’intervento, si sottolinea l’importanza che le popolazioni
colpite siano coinvolte nella realizzazione dei progetti e che si lavori per
mitigare i rischi di ulteriori crisi. Gli impegni verso i donatori rientrano
nella sfera dei principi di trasparenza, rendicontabilità e accessibilità e
richiedono adeguata informazione sulla gestione delle risorse e documentazione
attenta dellla progressione delle attività.
Un elemento di novità
introdotto dalle linee guida è la distinzione tra ente collettore, cioè chi si
attiva per raccogliere fondi ma non per gestire le risorse raccolte, ed ente
utilizzatore, cioè chi utilizza le risorse raccolte da un altro soggetto. Negli
articoli conclusivi si riporta ancora una volta la necessità di una
comunicazione attenta e si annuncia l’intenzione dell’istituzione dell’elenco di
organizzazioni impegnate nella raccolta fondi.
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L’avvento di Internet, il suo consolidamento e, in tempi più recenti,
l’evoluzione dei telefoni cellulari e degli smartphone hanno stravolto il mondo
delle donazioni. Non più eventi pubblici, incontri, dibattiti: oggi il
fundraising vive on line. Ma questo nuovo fenomeno ha luci e ombre, evidenziate
da Elena Bellio, Luca Buccoliero e Giorgio Fiorentini dell’Università Bocconi
nella ricerca “Creare valore per le organizzazioni non profit: fundraising e
telefonia mobile” (un riassunto è pubblicato nella rivista Areté, n. 3/2011).
Secondo i ricercatori - che hanno illustrato i risultati durante la
presentazione delle “Linee guida per le buone prassi e la raccolta dei fondi nei
casi di emergenza umanitaria” - a oggi il 14%
delle charities, ovvero delle donazioni, sta già utilizzando i telefoni cellulari come strumento di
comunicazione, mentre un 30% è interessato a entrare in gioco. «Il mondo mobile», spiegano, «si sta rivelando un incredibile laboratorio di innovazione
digitale, che consente di sviluppare una campagna di raccolta fondi minimizzando
i costi, ma aumentando il più possibile i ricavi».
Sono molti i possibili
sistemi di “mobile fundraising” disponibili oggi, ma il più comune resta l’sms
solidale, che prevede l’addebito della donazione nel conto telefonico o, meno
frequente, sulla carta di credito. «Ad oggi», riferiscono i ricercatori, «l’sms
solidale è diventato un servizio indifferenziato e indifferenziante. Il
risultato è che le diverse campagne si sovrappongono e spesso le persone non
ricordano neppure a chi o perchè hanno devoluto il denaro».
Certo, il cellulare
vanta molti punti a favore: è uno strumento di uso quotidiano, è alla portata di
tutti, offre una vasta gamma di servizi e consente un’interazione in tempo
reale. Ma i lati negativi del “mobile fundraising” non mancano: innanzitutto il
mercato è quasi saturo e questo fa salire i costi di attivazione delle campagne.
Inoltre, si può donare un importo limitato e non si crea un rapporto diretto tra
organizzazione e donatore. Inoltre, i tempi per disporre delle donazioni sono
molto dilatati: “Spesso, nel caso di donazioni tramite sms, intercorrono anche
90 giorni” avvertono i ricercatori.
Questi problemi si inseriscono in un
quadro italiano che deve già fare i conti con alcuni nodi critici di fondo. Il
primo è la presenza di “molti piccoli bilanci”: il 54,9% delle organizzazioni ha
meno di 15 mila euro l’anno, mentre il 30,7% ha tra 15mila e 500 mila euro
l’anno. Poche organizzazioni, quindi, detengono la fetta più grande
di risorse: «Il 9% delle organizzazioni ha l’88,8% delle entrate, mentre
il 91% delle
organizzazioni ha il 12% delle entrate», concludono i ricercatori, che
ricordano
anche che il fund raising non finanzia allo stesso modo tutte le cause
sociali.
In generale le donazioni ammontano a 3,7 miliardi di euro: di questi 2,6 sono da
reddito, mentre 1,1 da patrimonio, cioè da testamenti e lasciti.
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