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venerdì 13 settembre 2024
 
 

Aiuto, l'italiano ha perso la bussola

24/02/2015  Scriviamo più di prima, non necessariamente meglio. Prestiti stranieri non tutti necessari contaminano l'italiano che adoperiamo. Ma più che le parole importate a imbarbarirlo è la nostra trascuratezza. Per questo ci piace l'appello Dillo in italiano

Viviamo immersi in un mondo di parole, spesso sommersi da una comunicazione che, complici twitter, facebook e internet, tende all’invadenza e all’ipertrofia, fino alla saturazione di ogni spazio disponibile. Usiamo tante parole, forse troppe, non tutte a proposito. Con il crescere dei mezzi a disposizione parliamo e soprattutto scriviamo più di prima, non necessariamente meglio, il più delle volte ricorrendo a un vocabolario striminzito eppure contaminato di parole straniere, prevalentemente inglesi, usate con maggiore o minore proprietà, spesso (ma non sempre) in presenza di un equivalente italiano che funzionava benissimo, ma che l’abitudine ha reso desueto.

Il linguista Michele Cortelazzo ha calcolato che una parola straniera impiega 20 giorni ad attecchire nel nostro vocabolario: se non la fermiamo entro quel termine non ce ne liberiamo più. Di alcune parole prestate abbiamo bisogno, di altre potremmo fare a meno. Non sarebbe indispensabile, per esempio, “location”. A seconda del contesto avremmo: “luogo”, “sito”, “località”, “ambiente”, “sede”, “spazio” “posto”, “collocazione”, “sistemazione”..., ognuna con la sfumatura adatta. Eppure dal linguaggio della moda e della pubblicità ci siamo presi “location”, quando abbiamo la buona creanza di non scriverla “lochescion”, e l’adoperiamo, come il prezzemolo, per tutte le accezioni di cui sopra.

Prendiamo parole in prestito per moda, per vezzo, talvolta per necessità, altre volte ancora per snobismo e per pigrizia, troppo spesso senza una vera consapevolezza. I prestiti ci sono sempre stati e non sono un male in sé: le lingue sono corpi vivi, non cadaveri in formalina, ma perché vivano in salute e non deperiscano occorre che chi le adopera le ami e le coltivi, come farebbe con un giardino.

Le piante esotiche, se non sono infestanti, non fanno male ai giardini, possono rappresentarne la ricchezza, l’importante è che il giardiniere ci sappia fare. Se è malaccorto ci vuole poco a trasformare un giardino trascurato in una selva oscura. Proprio per prevenirla su change.org è partita la petizione “Dillo in italiano”. L’abbiamo presa come spunto per fare il check-up (ma forse dovremmo scrivere tastare il polso?) all’italiano contemporaneo con Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca e con la linguista Valeria Della Valle.

 
 
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