Simonetta Paradisi, ideatrice e direttrice artistica del Festival
Dal premio Oscar Giuseppe Cederna al teologo Vito Mancuso, dal cardinale arcivescovo di Bologna, Matteo Zuppi all’alpinista Simone Moro e l’apneista Mike Maric, dall’artista poliedrico Neri Marcorè al Curatore di Torino Spiritualità Armando Bonaiuto. Sono alcuni ospiti della dodicesima edizione del Festival culturale “Le Parole della Montagna” in programma dall’11 al 18 luglio 2021 nei borghi di Smerillo e Montefalcone Appennino, in provincia di Fermo (il programma completo online su www.leparoledellamontagna.it).
Il valore aggiunto del Festival, spiegano gi organizzatori, è l’atmosfera che si viene a creare in questi piccoli borghi, fatta di relazioni e tanta bellezza, dove fra una conferenza e l’altra viene offerto un aperitivo o in tarda serata un orzo caldo, tanto per creare convivialità, favorire la nascita di nuove amicizie e permettere lo scambio di idee; dove il dibattito culturale cui partecipano vivamente tutti gli spettatori rimane vivo anche fuori dal palco, per un più approfondito arricchimento.
Il tema di quest’anno è il respiro, «la parola che più di ogni altra, negli ultimi tempi, è stata nelle nostre conversazioni», spiega l’ideatrice e direttrice artistica Simona Paradisi, «l’esperienza del Covid, infatti, ha privato la più meccanica delle nostre azioni, dell’automatismo scontato cui eravamo abituati, costringendoci a fare i conti con la paura dell’apnea ed a temere il respiro altrui. Da qui, riparte il Festival con un tema che lancia uno sguardo sulla attuale crisi emergenziale ma che propone alternative chiavi di lettura, per capire come sfruttare positivamente l’esperienza che stiamo vivendo ed acquisire la consapevolezza dell’importanza del nostro respiro. La nostra vita è un intervallo fra il primo e l’ultimo respiro, tutta la nostra esistenza è respiro, alternanza armonica fra inspirazione ed espirazione, atto vitale ed imprescindibile. Nella storia del pensiero, nelle diverse epoche e culture, il respiro», continua Pardisi, «ha però, assunto anche un significato simbolico che va ben oltre il semplice atto del respirare e conduce all’idea di anima. Le tradizioni filosofiche e le religioni riconducono, infatti, il respiro all’alito vitale che Dio insuffla nell’Uomo, la Ruah ebraica, lo pneuma della grecità classica, il prana della tradizione indiana. Con il respiro dell’infinito, l’Uomo ossigena la propria anima, alla ricerca della bellezza più profonda della propria esistenza. La pandemia, richiamando l’attenzione sul nostro respiro», conclude, «può diventare così, occasione per una nuova consapevolezza, che conduca ad attraversare nuovi territori in cui si afferma il diritto di ogni vivente di respirare e dove sorge l’idea che “solo l’amore fa respirare”, come ci ricorda il cardinale Matteo Zuppi, ospite d’onore del Festival».