«La famiglia composta da padre, madre e figli è in salute. Ci sono difficoltà, ma tiene». Il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, alla vigilia dell’assise convocata in Vaticano, dal 4 al 25 ottobre, sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo” sottolinea che «è essenziale innanzitutto far conoscere alla Chiesa e al mondo la bellezza della famiglia. Ed è stato profetico in tal senso l’appuntamento a Filadelfia, programmato già sotto Benedetto XVI dopo il VII Incontro mondiale a Milano, che opportunamente si inserisce nel Sinodo. Il contributo di Filadelfia sarà accolto dai vescovi con grande interesse».
- Bellezza, ma anche fragilità...
«Siamo consapevoli delle sfide. Sono state interpellate tutte le istanze dentro la Chiesa con una accentuazione della sinodalità. Il questionario prima del Sinodo straordinario e poi l’assemblea dello scorso anno, la Relatio synodi conclusiva che il Papa ha fatto diventare Lineamenta della seconda tappa per la preparazione dell’Instrumentum laboris che i padri sinodali avranno come base della riflessione per questo appuntamento ordinario, ci hanno dato un quadro ampio delle fatiche e delle difficoltà. E ci hanno indicato anche i temi sui quali lavorare: la solitudine, la sfida economica, del lavoro, l’esclusione sociale, quella ecologica, la bioetica, la povertà, la disabilità, il lutto, l’individualismo… Tutte sfide che chiedono un accompagnamento da parte della Chiesa. E, soprattutto, un atteggiamento di inclusione: non bisogna costruire muri, ma ponti, non bisogna escludere le persone».
- E i divorziati risposati?
«La Chiesa vive nella società e deve tener conto di ciò che succede nel mondo. Quello dei divorziati risposati, delle unioni civili, delle convivenze sono temi da affrontare, anche se non sono i centrali. La Chiesa vuole seguire queste persone, accompagnarle. Mettendo insieme misericordia e verità e ricordando che la Chiesa vuole accompagnare. E dunque parliamo della pastorale per i giovani che convivono, per chi è sposato civilmente, per i separati, per i divorziati e per i divorziati risposati. Il comune denominatore di queste situazioni è che sempre c’è un discernimento e un cammino di fede da fare. Una sorta di direzione spirituale che comincia dal capire se il battesimo è stato solo un atto formale o se c’è una volontà di camminare e crescere nella fede. Non si tratta di cambiare la dottrina, ma di sostenere le persone nelle loro situazioni concrete, anche in quelle difficili, anche quando ci sono dei fallimenti».
- Su questi temi allo scorso Sinodo c’è stata molta attenzione da parte della stampa. Il motu proprio del Papa sul tema della nullità sgombra il campo da un dibattito più duro?
«Direi che è già uno dei frutti del Sinodo. È la conclusione di un percorso che è venuto durante il Sinodo. C’è stato un consenso anche nel periodo intersinodale per lo snellimento delle procedure. Si era detto che occorre dare risposte celeri alle persone che soffrono e si era fatta una lista di situazioni concrete. Il motu proprio del Papa, che snellisce le procedure per la dichiarazione di nullità, è dunque il frutto maturo di questo lavoro».
- L’Anno della misericordia influirà anche sui lavori del Sinodo?
«Papa Francesco ci ricorda costantemente la misericordia. E ci dice che anche la famiglia va guardata in questa ottica. Misericordia inscindibile dalla verità. Anche nell’Instrumentum laboris si dice che “la misericordia è verità rivelata”. E misericordia e verità sono essenziali per essere quell’ospedale da campo che riesce ad accompagnare anche i fallimenti».