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sabato 21 settembre 2024
 
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Cattolici e il tribolato mondo del lavoro: il grido si fa proposta

26/10/2017  Un migliaio di delegati giunti da oltre 200 diocesi, più di 40 esperti, 402 buone pratiche raccolte e raccontate per non dimenticare  «le immagini concrete delle vittime di incidenti sul lavoro, dei disoccupati che ci visitano ogni giorno, degli inattivi, dei cinquantenni in stand by». Sintesi ragionata dei lavori.

A due passi dal santuario di Bonaria dove papa Francesco, nel 2013, raccolse il grido di dolore di lavoratori e disoccupati comincia la 48esima settimana sociale dei cattolici italiani proprio sul tema del lavoro. Bergoglio interviene con un videomessaggio, dopo i saluti iniziali delle autorità, per ricordare l’intuizione del beato Giuseppe Toniolo che nel 1907 cominciò gli incontri. E per ribadire che il lavoro nero è una piaga e il lavoro pecario è «una ferita aperta». Che tanti vivono «l’angoscia di poter perdere la propria occupazione». Nel videomessaggio (che potete vedere integralmente sulla nostra pagina) Bergoglio spera che le intuizioni e i pensieri «possano tradursi in fatti».

E l’assemblea entra subito nel merito dei fatti concreti. Lo fa con le parole di monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto e presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane che, spiegando il logo dell’incontro che riprende la creazione di Michelangelo, ricorda che «questa Settimana Sociale parte dai volti della persone, non da statistiche o da teorie economiche anche se numeri e teorie hanno la loro importanza». Il profilo geografico del mondo, fatto da un circolo di persone mette in evidenza che il lavoro ha una dimensione planetaria e ci interpella tutti». Parla della situazione dell’Ilva di Taranto, monsignor Santoro «città di cui sono pastore che necessariamente è soggetta a logiche planetarie di cui dobbiamo tener conto perché la produzione non continui a devastare le persone, le case, il cielo, la terra, l’aria, il mare cioè la nostra casa comune. Un discorso analogo, anzi ancora più urgente dal punto vista morale, si pone sul grave problema della produzione e vendita delle armi che riguarda anche situazioni qui presenti in Sardegna». Ma, continua l’arcivescovo, «Riteniamo possibile una rigenerazione umana, urbana ed ambientale attraverso un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale a patto che ci sia un cambiamento di paradigma nel nostro progetto di sviluppo globale che parta dal rispetto della dignità della persona umana, dalla cura della casa comune e dalla costruzione della pace».

Un migliaio di delegati giunti da oltre 200 diocesi, più di 40 esperti, 402 buone pratiche raccolte e raccontate per non dimenticare  «le immagini concrete delle vittime di incidenti sul lavoro, dei disoccupati che ci visitano ogni giorno, degli inattivi, dei cinquantenni in stand by». Per cercare risposte. «Nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita», sottolinea il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, citando le parole del Papa dell’Evangelii gaudium. Parole che «tracciano alla perfezione il quadro d’insieme in cui si svolge la 48° settimana sociale. Queste giornate di Cagliari rappresentano, senza dubbio, un grande dono per noi perché ci consentono di ritrovarci insieme, con la disponibilità all’ascolto e al confronto, alla ricerca di soluzioni concrete e di piste da seguire».

Le spiega bene Sergio Gatti, vicepresidente del Comitato, richiamando il cammino dell’Instrumentum laboris, l’impegno nella formazione, nei nuovi lavori e modelli di sviluppo, le proposte concrete e subito cantierabili su cui sono chiamati a discutere i delegati prima di consegnarle al governo perché siano introdotte in finanziaria. E le  proposte profetiche, che hanno bisogno di una maturazione di qualche anno, per cambiare il tessuto del Paese. L’assemblea guarda al presente e al futuro, ma sapendo di avere radici e persone di riferimento. Compresi Ezio Tarantelli, Massimo D’Antona, Marco Biagi, «uomini che hanno tentato di rendere migliore il lavoro degli italiani e che per questo sono stati uccisi».

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Considerare il lavoratore «una riga di costo del bilancio» è mortificarne la dignità
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