«Giustizia è fatta», ha tuonato il presidente Usa Joe Biden (ancora in isolamento per il Covid). Undici anni dopo Osama bin Laden, gli Stati Uniti hanno ucciso anche l’uomo che aveva raccolto la sua eredità alla guida dell’organizzazione jihadista al-Qaeda. Ayman al-Zawahiri, 71 anni, è stato colpito a Kabul da un attacco di droni che lo hanno identificato mentre si trovava in terrazza al terzo piano di un edificio residenziale della capitale afghana (nessun altro membro della sua famiglia o altri civili sono rimasti uccisi). È finita così una caccia durata undici anni a una delle menti dell’attentato alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, considerato il numero uno dei ricercati per terrorismo internazionale dopo la morte di bin Laden, ucciso in Pakistan, ad Abbottabad il 2 maggio del 2011.
Nato in Egitto, medico chirurgo oculista, al-Zawahiri era l’ideologo e lo stratega di al-Qaeda. Come spiega al Jazeera, mentre bin Laden sosteneva l’organizzazione terroristica con il suo carisma e il denaro, il medico egiziano aveva dato un fondamentale contributo con le sue capacità organizzative e tattiche. Nato al Cairo nel 1951 da una famiglia in vista della capitale, cresciuto ad al-Maadi, elegante quartiere della capitale molto frequentato dalla comunità internazionale, al-Zawahiri era nipote del Grande Imam di al-Azhar, una delle moschee più rinomate di tutto il mondo islamico e sede dell’Università di al-Azhar, uno dei centri del pensiero teologico islamico sunnita. Avvicinatosi alle idee del fondamentalismo islamico, nel 1993 al-Zawahiri assunse la guida dell’organizzazione Jihad islamica egiziana, che affondava le sue radici nel movimento dei Fratelli musulmani. Soprannominato “Il Dottore”, il leader di al-Qaeda giocò un ruolo centrale non solo negli attacchi dell’11 settembre ma anche in precedenti azioni terroristiche, come gli attentati alle ambasciate statunitensi a Nairobi, in Kenya, e a Dar es Salaam, in Tanzania, il 7 agosto del 1998, nei quali morirono complessivamente 224 persone (circa 4mila furono i feriti).
L’attacco con i droni che ha ucciso al-Zawahiri è stato confermato dal portavoce dei talebani, che ha condannato l’operazione americana definendola una violazione degli “principi internazionali”. Ma dal canto suo il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha dichiarato: «Ospitando e dando rifugio al leader di al Qaeda a Kabul, i talebani hanno violato in modo grave gli accordi di Doha e le ripetute assicurazioni al mondo che non avrebbero permesso che il territorio afghano fosse usato dai terroristi per minacciare la sicurezza di altri Paesi». Firmati nella capitale del Qatar il 29 febbraio del 2020, gli accordi di Doha rappresentano una sorta di trattato di pace fra i talebani – tornati al potere in Afghanistan ad agosto del 2021 – e Washington, che prevedeva la fine del conflitto nel Paese – iniziato nel 2001 – e il totale ritiro delle forze armate americane – ridotto a un contingente di 2.500 soldati - dal territorio afghano entro aprile del 2021. Tra le richieste ai talebani, oltre al rispetto del cessate il fuoco, era previsto anche l’impegno a impedire che gruppi terroristi usassero il territorio afghano come base per lanciare attacchi verso altri Paesi. Negli accordi di Doha non c’era alcun cenno al futuro assetto politico dell’Afghanistan, né tantomeno al problema dei diritti delle donne: di fatto, questo documento ha aperto la strada, un anno fa, al ritorno al potere dei talebani, iniziato con l'affensiva lanciata contro il Governo afghano a maggio - subito dopo il ritiro delle truppe Usa - e culminata con la presa della capitale Kabul il 15 agosto del 2021.
(Foto Reuters: Ayman al-Zawahiri, a destra, con Osama bin Laden durante un'intervista a novembre del 2001)