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martedì 22 aprile 2025
 
 

Alberi, la natura alla riscossa

22/04/2012  La foresta riguadagna terreno, anche "grazie" al ritiro delle terre coltivate. In testa alla graduatoria del verde l'Emilia Romagna e l'Umbria.

Circa 200 alberi per ogni italiano. Il patrimonio forestale italiano è aumentato di 1,7 milioni di ettari negli ultimi 20 anni, raggiungendo oltre 10 milioni e 400 mila ettari di superficie, con 12 miliardi di alberi che ricoprono un terzo dell’intero territorio nazionale. La ragione dell'aumento dei boschi va ricercata principalmente nell'abbandono dei terreni agricoli che vengono riconquistati dalla natura.  

E' questo il risultato dell'Inventario Nazionale delle Foreste e dei serbatoi forestali di Carbonio, realizzato negli ultimi tre anni dal Corpo forestale dello Stato, con il coordinamento scientifico del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e in collaborazione con il Ministero dell'Ambiente.   Tra le regioni più verdi d'Italia troviamo l'Emilia Romagna, che vanta la media più alta per ettaro con 1.816 alberi, seguita dall'Umbria con 1.815 e dalle Marche con 1.779, mentre le meno popolate di alberi per ettaro sono la Valle d'Aosta con 708 e la Sicilia con 760.  

A questi importanti dati - raccolti capillarmente grazie a squadre di Forestali su tutto il territorio nazionale, una per provincia - si affiancano oggi i risultati dell’indagine sulla quantità di carbonio contenuto nei suoli forestali italiani. Questa attività, unica in Europa su così vasta scala, mette in evidenza il ruolo fondamentale che il suolo forestale svolge nello “stoccaggio” di carbonio organico, addirittura superiore a quello degli alberi.  

La quantità di carbonio trattenuta nei tessuti, nei residui vegetali e nei suoli delle foreste, infatti, è pari a circa 1,2 miliardi di tonnellate di carbonio, corrispondenti a 4 miliardi di tonnellate di CO2. Il 58 % di tutto il carbonio forestale è contenuto nel suolo, mentre quello accumulato nella vegetazione arborea e arbustiva è il 38 %. Il restante 4 % è presente nelle foglie secche, nei residui vegetali e nel legno morto. In particolare, il carbonio contenuto nel suolo è di oltre 700 milioni di tonnellate.

Il suolo dei boschi, quindi, è importante non solo per la loro funzione di difesa idrogeologica, di conservazione e tutela della biodiversità e di base per la produzione di legname, ma anche per la mitigazione dei cambiamenti climatici in atto. “Il suolo italiano è uno dei più ricchi di biodiversità e vi si trovano una gran quantità di batteri, molti ancora sconosciuti, che possono risultare utili per sviluppare prodotti farmaceutici e la cosiddetta chimica verde” ha detto Giuseppe Alonzo, presidente del Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura.  

I dati sono stati presentati oggi a Roma, in un convegno svoltosi alla Coldiretti, alla presenza del ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Mario Catania e di quello dell'Ambiente Corrado Clini. “Purtroppo in Italia tendiamo sempre a pensare al breve termine, mentre l'investimento che facciamo con i boschi è importante perché è rivolto alle generazioni future” ha commentato Sergio Marini, presidente di Coldiretti.

 

I nostri boschi, come contenitori naturali di carbonio,  svolgono un ruolo fondamentale nel raggiungimento dell’obiettivo fissato dal Protocollo di Kyoto.

Il  Protocollo di Kyoto ha iniziato la sua attività operativa il 1 gennaio 2008 e terminerà il primo periodo d’impegno il 31 dicembre 2012. Attualmente l’Italia è vicina al raggiungimento dell’obiettivo fissato dagli accordi internazionali, in quanto si è avuta una riduzione delle emissioni totali dei gas serra del 5,4 %, a fronte di un impegno pari al 6,5%. Un obiettivo che sarà possibile raggiungere (oltre che per via della crisi economica) anche grazie alle foreste che assumono in questo contesto un’importanza non solo ecologica ma anche economica.

La componente di carbonio forestale calcolata dal Protocollo di Kyoto, infatti, è quantificata in circa 1-1,5 miliardi di euro per il periodo 2008-2012, che l’Italia risparmierà evitando le possibili sanzioni dovute al mancato raggiungimento dell’obiettivo fissato. Il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, ha presentato al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) il piano per la riduzione delle emissioni al 2020 per l'Italia, e lo ha illustrato nel corso della riunione del Mef a Roma, il Major Economies Forum che riunisce i delegati di 18 paesi per parlare di questioni ambientali.  

“Il piano contiene misure strutturali e infrastrutturali che dovrebbero consentire alla nostra economia di ridurre ulteriormente quello che viene chiamato il contenuto di carbonio, cioè ridurre le emissioni, tenendo conto che a livello europeo stiamo convergendo verso una strategia di lungo termine che prevede che una riduzione delle emissioni nel 2020 del 25%, entro il 2030 del 40%, obiettivi che si sposano con l’innovazione tecnologica”, ha detto il ministro Clini.  

Tra le iniziative previste l'istituzione di un catalogo di tecnologie, sistemi e prodotti per decarbonizzare l'economia italiana; l'introduzione della carbon tax (risorse a potenziamento del Fondo per Kyoto); l'efficienza energetico, la generazione distribuita e lo sviluppo di reti intelligenti per smart cities; l'ecoedilizia e l'estensione fino al 2020 del credito di imposta (55%) per investimenti a bassa CO2 in economia; infine la gestione del patrimonio forestale sia come serbatoi di cattura della CO2 sia per la produzione di biomassa e biocombustibili.  

“In questo modo mettiamo l'economia europea in grado di competere con quella degli Stati Uniti, dell'India, della Cina e del Brasile, che stanno investendo tantissimo nelle nuove tecnologie a basso contenuto di carbonio” ha concluso Clini.

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