Da Napoli, la sua città di origine, al Giappone, Paese al quale è molto legato, passando per le strade di New York, i locali jazz di Manhattan. Una solida formazione classica, con studi al Conservatorio partenopeo. Poi il passaggio alle composizioni jazzistiche, alle rivisitazioni della tradizione napoletana e delle colonne sonore cinematografiche. Alberto Pizzo, 36 anni, è un pianista cosiddetto crossover, che spazia tra generi e suggestioni differenti, mantenendo sempre salde le sue radici partenopee e mediterranee. Nell'album On the way, del 2013, vanta collaborazioni con musicisti come David Knopfler, Mino Cinelu, Toquinho e Renzo Arbore.
Ha tenuto concerti in giro per il mondo. A Napoli, nel 2014, ha improvvisato insieme a Chick Corea. Nel 2015 all'Auditorium del Porto antico di Genova ha suonato in trio con Stefano Bollani e il grande maestro di origine argentina Luis Bacalov, direttore d'orchestra e compositore di indimenticabili colonne sonore, che ha collaborato con i più grandi registi italiani, tra cui Damiani, Monicelli, Scola, Pasolini, Lizzani, Fellini. Per le musiche del film Il postino ha ricevuto numerosi premi, tra cui l'Oscar per la migliore colonna sonora nel 1996. E proprio Bacalov è il co-direttore artistico del nuovo progetto discografico di Alberto Pizzo, Memories, registrato negli Abbey Road studios di Londra. In quest'album Bacalov ha partecipato come arrangiatore e ha accompagnato il pianoforte di Pizzo in cinque brani dirigendo una delle orchestre più prestigiose del mondo, la London Symphony Orchestra.
Alberto, Memories è un progetto nato un po' per caso, da un incontro fuori programma con il maestro Bacalov.
«Sì, l'impulso è venuto da un incontro casuale con il Maestro in treno, sulla tratta Milano-Napoli. Da un po' di tempo discutevo con il mio manager sulla possibilità di un disco immaginando un'orchestrazione sui miei brani. Quando l'ho visto in lontananza è stato impressionante, l'ho avvicinato, lui è stato gentilissimo, ci eravamo incontrati poco tempo prima in alcuni concerti. nella carrozza ristorante gli ho proposto di ascoltare le mie composizioni. Io immaginavo che al massimo avrebbe potuto arrangiare un brano. Lui invece è andato ben oltre le mie aspettative: ne ha scelti dieci, cinque li ha destinati a pianoforte e orchestra e cinque al piano solo. Lavorare in un progetto discografico con un maestro come Bacalov è una cosa incredibile, ancora non ho realizzato pienamente quello che mi sta accadendo».
Sta partendo per una serie di concerti in Giappone. Lei ha una moglie giapponese, con la quale ha anche composto un brano del suo nuovo album, My secret.
«Lei è una cantante lirica, soprano. Ci siamo conosciuti in Italia, quando frequentava una masterclass di canto lirico al Conservatorio di Napoli, io ero assegnato a quel corso come accompagnatore al pianoforte e da lì è nato tutto».
Da parte del Giappone e in generale del mondo asiatico c'è una grande attenzione per la musica italiana. Lo riscontra anche lei?
«Dal 2009 vado spesso in Giappone. Questa attenzione è cresciuta negli anni. C'è tanta sensibilità per il jazz italiano, che è molto diverso da quello americano. Gli asiatici hanno una passione immensa per la nostra melodia, dalla canzone classica napoletana alle colonne sonore cinematografiche. Io nei concerti cerco sempre di dedicare i bis a melodie di compositori come Ennio Morricone e Nino Rota».
Le sue composizioni inserite in "Memories" sono state scritte in momenti e anni diversi. Come nasce la sua produzione musicale?
«I mie brani sono molto legati ai viaggi che ho fatto negli anni, ai momenti importanti della mia vita, alle sensazioni che ho vissuto, dalla nostalgia al desiderio di farcela. L'Italia è un Paese particolare, si risveglia di fronte a ciò che viene dall'esterno. Nel 2011 io ho deciso di trasferirmi negli Stati Uniti, a New York, e quando sono tornato ho riscontrato molta più attenzione mediatica nei confronti della mia musica rispetto alla gavetta percorsa qui in precedenza. Se non vai fuori non vieni valorizzato. Tutto ciò che ha un sapore straniero ci sembra che abbia più luce e importanza. Eppure in Italia anche nella musica abbiamo dei talenti grandiosi, che fanno fatica ad emergere».
Lei si sente molto legato alle sue origini, a Napoli e alle sonorità della sua terra?
«Sì, cerco di dare spazio alla tradizione napoletana. In questi giorni ho girato un documentario per la televisione pubblica nazionale giapponese su Napoli e il suo centro storico. Io sono il protagonista del video e attraverso l'arte e i luoghi storici, in 35 minuti di video spiego la città con la sua storia e le sue bellezze al di là degli stereotipi».
Quest'anno ricorrono i vent'anni dal Premio Oscar a Luis Bacalov per la colonna sonora del film "Il postino". Immagino che anche lei sia molto legato a questa musica.
«Per me la colonna sonora di Il postino ha un significato ancora più profondo in quanto il protagonista di quel film è interpretato da Massimo Troisi (che l'ha diretto con Michael Redford). Non potevo, quindi, non sentirla mia. Con il tempo e con gli anni ho cominciato ad apprezzare sempre di più Bacalov come compositore di musica contemporanea, musica cosiddetta colta: produzioni meno conosciute ma che hanno alla base un lavoro tecnico-compositivo di altissimo livello. Bacalov mi affascina non solo come compositore di colonne sonore, ma come artista a tutto tondo».