Una composizione di più immagini riguardanti Alce Nero pubblicata dal sito ufficiale della diocesi americana di Rapid City che sul finire del 2017 ha avviato il processo di beatificazione del famoso capo indiano convertitosi al cattolicesimo. Luigi Grassai, giornalista e scrittore, è autore del libro “Balla coi Sioux. Un italiano alle sorgenti del Mississippi”, Mimesis Edizioni, 194 pagine, 18 euro.
Questo non è un pezzo politicamente corretto. Se lo fosse, si allineerebbe ai tanti che hanno presentato il processo di beatificazione di Alce Nero (Black Elk, 1858 - 1950), il famoso stregone sioux, come una specie di risarcimento morale della Chiesa cattolica ai nativi americani per le sofferenze inflitte dalla civiltà occidentale ai pellerossa. Quelle sofferenze sono vere e documentate dalla storia. Ma la petizione di 1600 sioux, fra cui molti familiari di Alce Nero e discendenti dai suoi discepoli, che di recente hanno chiesto ai vescovi americani di avviare l'iter che porti Alce Nero all'onore degli altari ha un significato esattamente opposto a quello che è stato spacciato: si tratta cioè della rivendicazione della natura cristiana del massaggio di Alce Nero, che non è morto da nostalgico della fede sioux ma da missionario cattolico; e che a suo tempo scrisse in una lettera: «Chiedo a voi, cari amici, che quel libro venga annullato».
«Quel libro» è il celeberrimo Alce Nero parla scritto dal poeta John Neihardt nel 1932; si tratta di un grandioso affresco della storia e della spiritualità dei sioux, ricostruite attraverso le parole di uno dei loro più grandi stregoni. Tranquilli, Alce Nero parla (negli Anni 60 una sorta di Bibbia della controcultura giovanile in America e in Europa) non sarà mai annullato, un po’ perché coi libri non si fa così, e soprattutto perché è troppo bello e lirico perché lo si possa cancellare; ma per ristabilire la verità storica, si tratta di un volume che ha un rapporto molto disinvolto e selettivo con la realtà dei fatti.
Quel che ha messo su carta Neihardt non è falso, ma è parziale. Il libro è assolutamente veritiero quando racconta di Alce Nero coinvolto da bambino nella battaglia di Little Big Horn contro Custer, poi nel massacro dei Sioux a Wounded Knee, e in seguito nella resistenza nazionale dei Lakota come popolo titolare di diritti. Alce Nero parla è veritiero anche e soprattutto nel racconto della “visione” di Black Elk, una summa della cultura nativo-americana, riferita in termini diretti e spontanei, senza mediazioni da antropologi.
Ma lo stesso libro è incompleto, e anzi fuorviante nell’ultimo capitolo, quello in cui il vecchio rimpiange la fine dell’antica religione. Una cosa senza senso. Alce Nero aveva concordato espressamente con Neihardt di scrivere tutt’altro, e di menzionare che lo stesso Black Elk aveva rinnegato i valori del passato. «Ma lui non lo fece...» lamenta Alce Nero, profondamente amareggiato. Neihardt omise di riferire che Black Elk era stato per la maggior parte della vita non solo un convertito al cattolicesimo, ma un suo diacono e missionario. «La preghiera della Chiesa cattolica è miglior della Danza degli Spiriti» ci ha lasciato scritto Alce Nero, per poi incalzare: «Forse ero un buon indiano, ma adesso sono migliore».
Da più di ottant’anni Black Elk è un’icona dei nativi americani e della rivendicazione dei loro sacrosanti diritti. Lo è stato davvero e continuerà ad esserlo, a giusto titolo, per la storia e per la politica. Però non sta per diventare un santo della spiritualità sioux, ma di quella cristiana.
Luigi Grassia