La Rai in mano ai privati? Già dalle colonne del Corriere della Sera, Aldo Grasso, commentando la proposta di riforma del servizio pubblico presentata dal Governo, aveva chiarito che la sua era "una provocazione". Dietro cui c'è però una convinzione ben precisa: "Il problema della Rai è irrisolvibile".
Professore, perché è così pessimista?
"La Rai nei suoi primi vent'anni di vita ha svolto un ruolo importantissimo nella costruzione della nostra identità nazionale. Non so se sia avvenuto per suoi meriti o perché anche nel resto del mondo è andata così, ma di certo da molti anni ha esaurito questa carica ed è diventata solo uno strumento in mano ai partiti politici".
Neanche Renzi riuscirà a scalfire questa situazione?
"Io ci spero. Ma da quello che traspare finora, mi sembrano solo illusioni. Soprattutto non sopporto più tutta questa retorica sulla grande professionalità delle risorse della Rai. Da quando i dirigenti sono stati scelti per meriti politici e non sulla base delle loro competenze, nell'azienda sono praticamente scomparsi i professionisti in grado di creare dei prodotti appetibili".
L'idea che l'amministratore delegato sia un vero manager sganciato da logiche politiche non va nella direzione che lei auspica?
"Certo, sarebbe fondamentale avere una guida che decida senza condizionamenti. Ma manca la copertura giuridica per realizzarla. Chi lo nomina? Se lo facesse il Governo si andrebbe contro la legge di riforma del 1975. Alla fine si troverà una soluzione di compromesso, con il coinvolgimento del Parlamento. E non si risolverà nulla".
Cosa pensa dell'idea di far sì che il Consiglio d'amministrazione sia composto solo da esperti?
"Mi sembra un'idea ridicola. Nel nostro Paese sono tutti esperti di Tv. Basta vedere l'attuale Cda in cui siedono, in rappresentanza della società civile, Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo. Cosa ne capiscono di Tv?"
E della proposta di trasformare Rai3 in una rete culturale senza pubblicità?
"Un'altra, se mi passa il termine, fesseria totale. Si dimentica che ormai bisogna ragionare non sui soliti tre canali, ma su 15. E, da questo punto di vista, cosa si vuole fare? Trasformare Rai3 in un clone di Rai5? Così non la vedrà più nessuno".
Perché Rai5 come rete culturale non è riuscita a decollare?
"Viene subito in mente il paragone con Sky Arte. Magari avranno anche più mezzi, ma di sicuro è una rete che ha una sua precisa identità, che ha saputo trovare il giusto mix tra prodotti "alti" e altri più "popolari". Ma alla base di questa discussione c'è il perdurare di un grande equivoco. Cosa significa fare cultura in Tv? Presentare un libro o una mostra? Per me cultura significa semplicemente fare bene le cose. Come ho già scritto, anche un bel varietà di Fiorello è cultura".
Un altro dei mali delle produzioni Rai contro cui lei si è scagliato è il "buonismo", in particolare delle fiction. Eppure Rai3 di recente ha trasmesso "Gomorra"...
"E' stata solo una felice eccezione. "Gomorra", come "Romanzo criminale", entrambi prodotti da Sky, sono stati venduti in tutto il mondo. Si può dire la stessa cosa per le fiction prodotte dalla Rai?"