C'è un verso di una recente canzone di Francesco De Gregori sul rapporto tra un artista e i suoi fan, Guarda che non sono
io, che calza a pennello anche ad Ale e Franz: «Cammino per la strada.
Qualcuno mi vede e mi chiama per nome. Si ferma e vuol sapere e mi
domanda qualcosa di una vecchia canzone. Ed io gli dico: “Scusami però
non so di cosa stai parlando. Sono qui con le mie buste della spesa. Lo
vedi, sto scappando”». Due comici non devono per forza farti sganasciare
dalle risate ogni volta che li incontri, anche se per un’intervista. O
meglio: a volte può essere così, altre volte no, come è capitato a noi. Tre
anni fa avevamo trascorso una piacevolissima mattinata a casa di Franz a
Milano: era stato un fuoco d’artificio continuo di sketch e aneddoti
molto divertenti. Ora li incontriamo di nuovo per il lancio di Soap opera, la commedia di
Alessandro Genovesi che ha aperto il Festival di Roma.
Fin
dalla conferenza stampa, si capisce che i due sono molto meno a loro
agio rispetto alla situazione di tre anni fa: mentre tra il resto del
cast, Diego Abatantuono, Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi e Chiara
Francini, si innesca una gara a suon di battute, loro due se ne stanno
defilati e rispondono alle domande in modo molto professionale. Lo
stesso atteggiamento che avranno con noi poco dopo al momento
dell’intervista. Sono molto gentili, ma non si sbottonano quasi mai. Per
esempio, dal momento che in Soap opera
sono due gemelli che vivono insieme da quando uno dei due (interpretato
da Ale) ha investito con un’auto l’altro (Franz) costringendolo su una
sedia a rotelle e che quest’ultimo prima di diventare attore ha lavorato
in un centro per disabili, gli chiediamo se vuole raccontarci di
quell’esperienza. Ma Franz è categorico: «Preferisco non parlarne.
Siamo qui per il film». Parliamo allora del film, una commedia corale
tutta girata in un appartamento in cui si intrecciano le vicende degli
stralunati inquilini. Tra cui, appunto, i gemelli interpretati da Ale e
da Franz che appaiono più “cattivi” rispetto ai personaggi a cui ci
hanno abituati: «Più che cattiveria, parlerei di quel sano cinismo che
pervade, con tutte le dovute differenze, le migliori pellicole della
commedia all’italiana come I mostri»,
puntualizza Franz.
I due sono tornati in pianta stabile nel cast di Zelig
su Canale 5 («Non ci siamo stati per qualche anno solo perché non
avevamo niente di nuovo da dire», ammette con franchezza ancora Franz)
nei panni di due pensionati che battibeccano al tavolino di un bar
mentre giocano a carte. Franz: «Non intendiamo affatto
prendere in giro le persone anziane, tutt’altro, ma solo mostrare certe
loro ingenuità di fronte a un mondo che è così cambiato rispetto alla
loro gioventù». Ale: «Con il sorriso, vorremmo riuscire a dire a chi ci
segue che gli anziani sono un patrimonio umano meraviglioso e di
ascoltarli perché hanno un approccio alla vita che si sta perdendo». Per
il duo, la comicità ha dei limiti ben precisi. Franz: Non faremo mai battute sulle
malattie e in generale sulla sofferenza: per strappare una risata non si può mancare di rispetto a una persona».
I
due comici stanno insieme da vent’anni. Ale: «Ci siamo conosciuti in
una scuola di recitazione. Pian piano abbiamo scoperto di aver gli
stessi sogni e abbiamo iniziato a collaborare. Ora, dopo vent’anni, la
nostra intesa è tale che quando sul palco a uno capita di dimenticare
qualche battuta, l’altro interviene subito per sorreggerlo e il pubblico
non si accorge di nulla. Alla base di tutto c’è un’amicizia vera. Ci
frequentiamo anche fuori dal palco». Franz: «A vent’anni di solito si è
superato l’esame di maturità. E noi ci sentiamo così: “maturi” per poter
fare ancora tanto». Solo una cosa li divide, la fede
calcistica. Ale: «Io sono milanista e lui è interista. Quest’anno, per
la prima volta, andremo a vedere il derby insieme. Ma anche se il calcio
è per noi fonte di interminabili discussioni, vedremo la partita con lo
stesso spirito leggero che cerchiamo di mantenere sempre». Abbiamo
conosciuto il lato più timido e riservato di Ale e Franz. Oppure, più
semplicemente, oggi avevano la luna un po’ storta, come capita a tutti. E
va bene così perché dietro i personaggi ci sono sempre delle persone.
Il guaio capita con quelli che vogliono fare i personaggi sempre e
comunque. Non è certo il loro caso.