Aleppo vuol tornare a vivere. Foto Reuters. In alto: Nour (foto Fondazione Giovanni Paolo II)
Quando sono arrivato ad Aleppo per la prima volta, in periferia si sparava ancora, gli sminatori raccoglievano cumuli di ordigni disseminati per le strade e di tanto in tanto cadeva qualche missile. Ma l’immagine più crudele e toccante insieme era quella degli abitanti che cominciavano ad aggirarsi nella parte Est della città, quella che per quasi quattro anni era stata sotto il controllo dei ribelli insorti contro il Governo di Bashar al-Assad e dei jihadisti prezzolati dagli Stati petroliferi del Golfo Persico.
Poche persone la mattina presto, poi via via tante altre, provavano a riprendere condenza con la parte della città che non vedevano da anni e che era stata sbriciolata dall’offensiva dell’esercito regolare siriano e dell’aviazione russa. Quello dove più aspramente si era combattuto era il cuore di Aleppo, la zona degli antichi mercati coperti, delle maggiori moschee, degli hammam, della fantastica Cittadella, delle botteghe, del turismo, dei locali dove gli aleppini andavano a riposarsi o a festeggiare un compleanno o un matrimonio.
Un’area che raccoglieva alcune delle gemme del Medio Oriente. La gente, insomma, tentava di ricuperare una parte della propria storia e scopriva che quella parte era stata cancellata e che un futuro diverso, e chissà se migliore, era tutto da scrivere.
In questo stato d’animo sta molta della ragione per cui Famiglia Cristiana e la Fondazione Giovanni Paolo II rilanciano, per questa Pasqua 2017, la campagna di raccolta fondi per sostenere le famiglie e i bambini di Aleppo e della Siria. La ne della guerra quasi mai coincide con l’inizio della pace. E questo si avverte con particolare angoscia proprio in Siria, dove le battaglie e gli attentati continuano, e in particolare ad Aleppo.
Aleppo vuol tornare a vivere. Foto Reuters.
Quale pace per Nour, rinata dalle macerie?
Quale pace si aspetta, per esempio, Nour, 23 anni, sposata da tre, madre di Mounir (2 anni) e Sedra (3 mesi e mezzo)? Nel dicembre dell’anno scorso, quando la riconquista di Aleppo est era ormai prossima, un missile ha colpito la casa in cui viveva. Un palazzo di cinque piani che è collassato come un castello di carte. «Ero al secondo piano, con mia suocera. Ci è crollato tutto addosso in un attimo. I bambini sono morti sul colpo, non li ho sentiti piangere né lamentarsi. Mia suocera, invece, è morta qualche ora dopo, accasciata sulle mie gambe. Io ero bloccata dalle macerie, potevo solo girare la testa e muovere una mano: mi ha salvata lo stipite di una porta, che ha frenato la caduta del soffitto»
Nour è rimasta sepolta in quel modo per cinque giorni. Senza cibo né acqua. Rischiando di soffocare per la decomposizione del corpo della suocera. Dovendo fronteggiare l’assalto dei topi. Lacerandosi il cuore ogni minuto nel pensiero dei suoi bambini. Poi ha sentito dei rumori e, con la mano libera, ha cominciato a picchiare un calcinaccio contro i resti di un divano fracassato. È bastato a salvarla. I soldati siriani, che stavano avanzando tra le macerie, si sono accorti di lei e l’hanno tirata fuori. Ora Nour sogna. Immagina di ritrovare il marito Hassan, che nel frattempo è stato arruolato nell’esercito, avere dei figli e vederli crescere e non morire, vivere dove non ci sono stragi né bombe. La felicità assoluta, per lei, è ciò che noi abbiamo e diamo per scontato.
Ad Aleppo è cambiata la situazione e sono cambiati i bisogni. Per anni le chiese cristiane, e in particolare i Francescani della Custodia di Terra Santa, hanno aiutato le famiglie con gli interventi d’emergenza che i lettori di Famiglia Cristiana e i sostenitori della Fondazione Giovanni Paolo II così generosamente hanno contribuito a nanziare.
I pacchi alimentari, le forniture d’acqua, i vestiti, il gasolio per far funzionare le stufe, il corredo scolastico per centinaia e centinaia di bambini e ragazzi ai quali sono stati anche forniti locali in cui studiare al riparo dai colpi di mortaio, insegnanti professionali, luce elettrica, riscaldamento. È stata una fase eroica, in una città martoriata che mancava di quasi tutto e in cui fra Ibrahim è diventato un riferimento non solo per i cristiani e la sua parrocchia di San Francesco, situata a poche centinaia di metri dal fronte, porto sicuro per molti.
Aleppo vuol tornare a vivere. Foto Reuters.
L'ospedale di Emile Katty
Questa emergenza non è del tutto conclusa, ma ora serve anche altro. La gente innocente di Aleppo merita una speranza. È quanto chiede, per esempio, Emile Katty, direttore dell’ospedale “Al Rajaa” (la speranza, appunto). Quando l’ho incontrato, in quell’area cadevano ancora colpi di mortaio e morivano persone. I vetri dell’ospedale erano incrinati dalle esplosioni. Lui, che ha studiato in Francia e in Italia, ha passaporto siriano e francese ed è console onorario della Polonia, avrebbe potuto andarsene. Invece è rimasto e fa i conti con il dramma. «Da anni la Siria è sotto l’embargo decretato dagli Usa e dall’Europa. Vede queste macchine? Non possiamo farle funzionare perché non possiamo importare pezzi di ricambio. Queste servono alle diagnosi neonatali e sono ferme. Vuol dire che muoiono bambini che potremmo salvare. E quest’altra? Serve a fare radiografie globali, quindi più accurate, del corpo. Noi qui non curiamo soldati, che hanno gli ospedali militari, ma solo civili. Con questa macchina ferma, non possiamo aiutare persone che magari sono state colpite mentre erano in casa o per strada». La politica farà il suo corso ma i bisogni della gente hanno un altro passo, più veloce. Per questo le famiglie di Aleppo hanno ancora bisogno di noi.
LA CAMPAGNA, COME AIUTARE: REGALIAMO UNA PASQUA DI SPERANZA AD ALEPPO
Ad Aleppo manca l’energia elettrica, a causa della guerra tutto costa tantissimo, le giovani coppie non riescono a formare una famiglia e bambini e ragazzi non hanno la possibilità di proseguire scuola e università. In tanti hanno perso la casa e il lavoro: le famiglie senza il nostro sostegno non riescono a farcela. Insieme possiamo aiutare i cristiani a restare e a far rinascere la vita.
DONIAMO UNA VITA NORMALE A FAMIGLIE E GIOVANI
Con 25 € doni a una famiglia energia elettrica per 1 mese.
Con 50 € sostieni un bambino o un ragazzo negli studi per 2 mesi.
Con 100 € garantisci a una giovane famiglia cure mediche per 2 mesi e assistenza per la maternità.
Con 200 € contribuisci alla ricostruzione di una casa o di un’attività commerciale per restituire il lavoro ai giovani
COME INVIARE LA DONAZIONE
1. Bonifico bancario intestato a Fondazione Giovanni Paolo II
- IBAN: IT18N 05390 05458 000 000 091642 -
Indicare nella causale: “Aiuto Aleppo” e il tuo nome, cognome, indirizzo.
2. Versamento su conto corrente postale n. 95695854 intestato a Fondazione Giovanni Paolo II - Via Roma, 3 52015 Pratovecchio Stia (Ar).
Causale: “Aiuto Aleppo”.
3. Carta di credito o PayPal sul sito www.fondazionegiovannipaolo.org
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Ogni donazione è deducibile dalle tasse.