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martedì 22 aprile 2025
 
L'intervista
 

Alessandro d'Avenia: «Ecco cos'ho scoperto, scrivendo, sull'amore»

01/12/2017  L’insegnante scrittore più celebre d’Italia racconta il suo nuovo libro e prova a spiegarci perché, secondo lui: "Ogni storia è una storia d'amore".

Stretto nel cappottino scuro, davanti all’Istituto San Carlo dove insegna, a Milano, Alessandro D’Avenia sembra il fratello maggiore dei suoi studenti. Ma è un’illusione ottica. Basta ascoltarlo un attimo per capire che con i 40 anni è giunto il tempo delle sfide mature: l’Amore con la A maiuscola, per esempio, il tema dei temi di Ogni storia è una storia d’amore, il nuovo libro già in cima alle classifiche. Diversissimo da quello adolescenziale di Bianca come il latte: è l’amore di 36 storie vere d’artisti e poeti, non esattamente un romanzo.

Lei per primo definisce il libro “strano”...

«Già. In Ciò che inferno non è ho mescolato generi e punti di vista. Qui mi sono preso un rischio: volevo guardare il mistero dell’amore da lati molteplici. La struttura del libro è funzionale a questo. L’avere collegato le storie con il mito di Orfeo ed Euridice è un tenere insieme le mie identità di insegnante e narratore».

La copertina con ago e filo, però, evoca di più i miti di Arianna e Penelope. Un caso?

«Come sempre la copertina è di mia sorella Marta che fa la fotografa: tra le suggestioni che le ho dato, Arianna c’era. La vita è un labirinto con al centro la grande paura del Minotauro. Mi affascina l’idea che il filo che porta Teseo fuori dal labirinto nasca dal genio di una donna innamorata. Non contano gli snodi del labirinto, conta il filo che ci lega a relazioni significative».

Ha scritto prima Orfeo o prima le storie degli artisti e dei loro amori?

«Scrivendo L’arte di essere fragili ho notato che l’amore non corrisposto di Leopardi per Fanny Targioni Tozzetti ha permesso al poeta di contattare un nucleo spirituale della sua esistenza che ha generato poesia straordinaria. Mi sono chiesto se fosse andata così anche ad altri autori che amavo: ho scritto le 36 storie quasi con urgenza, mentre ancora lavoravo all’altro libro. Il riferimento a Orfeo e Euridice, mito che contiene tutti gli amori, è venuto da sé, un riflesso dei miei studi».

L’amore motore dell’arte di solito è infelice. L’amore corrisposto intralcia l’ispirazione?

«Se è vero che Dio è amore, ogni amore lavora in incognito per lui. Un personaggio diventa protagonista quando è chiamato da un oggetto del desiderio, è la regola base di ogni racconto. Nel caso dell’amore, l’altro, però, deve diventare soggetto d’amore, volevo raccontarlo per liberare l’amore dalle incrostazioni di questo tempo storico in cui prevalgono due estremi: l’amore romantico, per cui l’altro diventa un dio che risolverà i miei vuoti, e l’amore cinico, per cui il dio sono io e l’altro mi serve».

Perché proprio gli artisti?

«Sono funzionali a mostrare questo perché hanno un talento chiaro: l’altro entra in un territorio già occupato dalla Musa ispiratrice. Si crea immediatamente un triangolo amoroso. Volevo capire che cosa permette ad alcune relazioni di essere salvi‚che, mentre altre sono distruttive. Il libro apre chiedendo: l’amore salva? Ne siamo convinti, ma poi alla prova dei fatti sembra che non siamo capaci di giocare il grande gioco che Dio ci ha messo tra le mani».

Scriverne le ha dato una risposta?

«L’amore è un futuro anteriore: ci precede, perché siamo convinti che sia il senso della nostra vita, però è tutto da fare. Salvano gli amori che raggiungono la nostra identità nel punto più fragile e le attribuiscono un canto di misericordia, che è l’amore che Dio ha per ciascuno di noi. Ma noi misteriosamente gli resistiamo».

Frequenta ragazzi per lavoro: vede un bisogno di educazione sentimentale?

«Sì. Ci preoccupa l’analfabetismo funzionale e trascuriamo quello emotivo. Pensiamo che l’amore spontaneo vada bene per inerzia e invece se non ci metti la testa e non gli dedichi tempo le relazioni vanno all’aria. Nella velocità attuale, fermarsi a pensare è pensare. Ma dobbiamo fermarci anche ad amare, perché se non ci fermiamo non amiamo».

Dove sta la creazione dello scrittore nel raccontare storie che già esistono?

«Se è vero che la storia umana è l’esplicarsi del corteggiamento che Dio fa agli uomini, ogni storia umana è sacra, non c’è più differenza se invento o se mi nutro di una storia reale: per me è un’unica grande storia. Il modello rimane la Bibbia, che è una storia di salvezza con dentro tutto il caos del vivere in cui niente si perde».

Scelga dal libro le sue tre donne da podio...

«(Ride) Non vale, io sono innamorato di tutte. Se proprio devo, Nadežda, perché è la storia che vince la storia: le poesie perseguitate dal regime sopravvivono all’autore grazie alla donna che lo ama che le impara a memoria. Giulietta Masina per simpatia ed Elizabeth Sidal, perché ha una storia da tragedia greca».

Perdoni l’indiscrezione: che cos’ha spinto un uomo che ha scelto l’insegnamento e il celibato a raccontare storie d’amore coniugale?

«La scrittura per me è esplorazione dell’ignoto. Avendo dedicato la mia vita a Dio e agli altri, perché negli altri vedo Dio, questo ignoto lo conosco, anche se manca l’esperienza carnale: se esiste, come dice Dante, l’Amor che move il sole e l’altre stelle, che poi è l’amore di Dio, tutti gli altri amori discendono da quella fonte. Il fatto di aver bevuto alla sorgente mi consente di conoscere il gusto dell’acqua, ma mi interessava capire come arriva a valle in vite diverse dalla mia».

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