È il suo debutto nei panni di un poliziotto. «Non avevo mai interpretato prima questo ruolo; casomai in televisione mi era capitato di fare molte volte il cattivo», osserva. Ora sta dall’altra parte. Ma, manco a dirlo, il suo ispettore non è il classico poliziotto “buono”, tutto casa e lavoro, ma un “bastardo”, con una pesante ombra nel passato e tanta voglia di riscatto.
Alessandro Gassmann, 52 anni all’anagrafe tra poche settimane ma una carriera così ricca di lavori e di successi, tra teatro e cinema, che assomiglia di più a quella di un attore ottuagenario, sta comodo nei nuovi panni di Giuseppe Lojacono, “il cinese”, questo tormentato investigatore siciliano trasferito a Napoli per scontare l’infamante accusa di collusione con la mafia.
L’ispettore è il protagonista della nuova fiction di Rai 1 I bastardi di Pizzofalcone, in onda dal 9 gennaio, sei episodi tratti dai fortunati romanzi scritti da Maurizio De Giovanni. «Mi si attaglia bene questo personaggio complesso. Conoscevo già Lojacono da lettore dei polizieschi di De Giovanni, di cui apprezzo l’alta qualità della scrittura, l’introspezione psicologica ben mescolata al meccanismo del thriller», dice l’attore romano.
Giuseppe Lojacono, come gli altri poliziotti che compongono la sua squinternata squadra, vengono mandati al commissariato di Pizzofalcone, che è destinato a chiudere, come punizione per presunti errori commessi in passato. Ma scatta qualcosa in lui e nei suoi compagni di lavoro che li trasforma in una brillante équipe capace di risolvere casi delicati e complicatissimi. E il commissariato, grazie alle loro inchieste, rinasce.
«Insomma, I bastardi di Pizzofalcone è la storia di gente sull’orlo del baratro esistenziale, in cerca di un riscatto professionale e anche umano. E le storie si svolgono in una Napoli straordinariamente bella e vitale», prosegue Gassmann. Una città che, forse, è anch’essa in cerca di un suo riscatto metropolitano.
La Napoli descritta dai gialli best seller di De Giovanni e splendidamente illustrata dalla fotografia della fiction, infatti, è ben diversa da quella degradata, acida, buia e piovosa proposta per esempio dalla serie televisiva Gomorra.
UN UOMO PROBLEMATICO
«La Napoli dell’antichissimo quartiere di Pizzofalcone è quella dell’aristocrazia e della media borghesia che vi abita, fatta di scorci bellissimi e interni eleganti», spiega Gassmann, che per le riprese della fiction ha abitato sei mesi nel capoluogo vesuviano. «Napoli è una città affascinante e di una vivacità culturale senza pari in Italia, se si eccettua Milano».
Ma chi è questo ispettore Giuseppe Lojacono, uno con la faccia da cinese, Alessandro Gassmann?
«Lojacono è un uomo difficile, problematico nelle relazioni e screditato ingiustamente nella sua professione. Accusato da un collaboratore di giustizia di aver passato informazioni a Cosa nostra, si trova allontanato dalla sua terra, trasferito, quasi esiliato, in una città che non conosce e non ama, con l’autostima finita sotto i tacchi e la credibilità tutta da riconquistare di fronte a colleghi e superiori».
Anche negli affetti le cose non vanno meglio al poliziotto di Agrigento: è separato dalla moglie, che lo accusa di averle rovinato la vita, e non ha più rapporti con la figlia che gli nega anche il contatto telefonico.
UN PERSONAGGIO VEROSIMILE
«Una vita tutta in salita, quella dell’ispettore Giuseppe Lojacono, da ricostruire pezzettino per pezzettino dalle macerie. Ma è proprio questa sua debolezza, unita alle sue paure e alle sue amarezze, che lo rende un personaggio verosimile e accattivante».
Lojacono è un antieroe, insomma, come quelli che popolano altre fortunate serie poliziesche, a partire dal commissario Montalbano per arrivare a Rocco Schiavone, il vicequestore romano trasferito ad Aosta dei gialli di Antonio Manzini... «In un certo senso è così. Ma è anche un personaggio costruito benissimo, con un vissuto convincente, che la Rai e il regista Carlo Carlei hanno saputo valorizzare al meglio».
Sul mestiere del poliziotto Gassmann vuole spendere la sua ultima battuta: «Ho scelto di fare la fiction perché mi intrigava interpretare questo ruolo. È una professione fatta di atti d’eroismo quotidiano. I poliziotti sono servitori dello Stato che rischiano la vita ogni giorno per portare a casa la pagnotta. Non robot o macchine da guerra, ma uomini in carne e ossa che sbagliano, temono, ma sanno rialzarsi». Proprio come quei “bastardi di Pizzofalcone”.