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venerdì 04 ottobre 2024
 
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Alessandro, Andrea, Julia... io, prete davanti a quelle madri che chiedono: "Signore perché?"

14/04/2023  La riflessione di don Maurizio Patriciello, pensando alle domande senza risposta delle famiglie che in questi giorni in Israele, in Trentino, a Istanbul hanno perso figli giovani in modi con cui è difficile fare pace

Un giovane romano va in vacanza in Israele. Si chiama Alessandro Parini, è un avvocato di 35 anni. Ha voglia di viaggiare, visitare, divertirsi. A Tel Aviv, invece, trova la morte. Esce da questo mondo senza nemmeno sapere chi lo uccide. Muore perché qualcuno sta protestando contro un sistema che ritiene ingiusto. Protestare è un diritto. Uccidere persone innocenti per ottenere i propri diritti – veri o presunti che siano – è atto criminale. Alessandro scende nella tomba. E con lui, nella stessa tomba, precipitano i cuori di chi lo amava.

Siamo in Trentino. Andrea Papi, 26 anni, decide di andar per la montagna. È bella sempre la montagna, quando il sole brilla, quando piove o è imbiancata dalla neve. Aiuta a riflettere, a meditare, a pregare, la montagna. Ti aiuta a rimanere con te stesso. Dal silenzio infatti nascono le parole vere. Viene aggredito da un’ orsa. Non è cattiva l’orsa, ma non può sapere il doloroso dramma che sta provocando. È un animale. Ha i suoi diritti che gli uomini le riconoscono senza pretendere i relativi doveri. Anche Andrea muore. Sofferenza immensa.

Che fare? C’è chi dice di abbattere gli orsi, chi è convinto che occorre imparare a convivire con essi e la natura circostante. Mettere insieme i diritti degli uomini con quelli degli animali, dell’ambiente, degli immigrati, dei poveri, dei senzatetto, dei bambini non ancora nati ma già presenti nel grembo della mamma, non è facile come taluni si ostinano a credere. Sarebbe una gran bella cosa se il bene e il male fossero divisi in due parti distinte e separate, il problema è che stanno intrecciati, nella stessa persona, nella stessa famiglia, nello stesso popolo. Occorre discernimento. Le guerre più spietate sono sempre quelle cosiddette “civili”. Penso che occorra difendere gli uomini dagli orsi senza uccidere gli orsi. Troppo semplice la soluzione per essere credibile. Anche con gli assassini umani, del resto, facciamo così. Il reo va punito severamente, ma anche rieducato e rimesso, a tempo debito, in libertà. Eliminare il reo – la storia insegna – non ha migliorato i rapporti umani. Il caro Andrea è morto, in un modo inaspettato. Pensando alla mia morte mai ho preso in considerazione di essere ucciso da un orso.

Siamo in Turchia. Julia Ituma, italiana, appena maggiorenne, è arrivata a Istambul per disputare una partita di pallavolo. È brava, Julia. Una promessa dello sport. È bella, intraprendete, gode ottima salute. Non tutte le ragazze della sua età hanno avuto in sorte ciò che è toccato a lei. Tante sue coetanee stanno a letto influenzate; altre stanno lottando per sconfiggere un cancro; altre ancora, su un barcone malandato, sognano solo un pezzo di pane e un briciolo di libertà. Il suo corpo viene ritrovato senza vita. La ragazza è caduta – suicidio o assassinio? – dal sesto piano dell’albergo.

Mercoledì scorso ho dovuto celebrare il funerale di Tommy, 16 anni, morto per un’ orribile forma di leucemia. Lacrime. Quante lacrime. I genitori di Tommy, giovanissimi, hanno un altro figlio, affetto da autismo. Il bambino piange, pretende la loro più completa attenzione. Una carezza alla bara, un singhiozzo, mille coccole al piccolo. Li osservo. Mi vergogno dei miei lamenti. Ho celebrato troppi funerali con le bare bianche. Troppi sono stati i bambini, gli adolescenti, i giovani morti per incidenti – meglio dire omicidi – stradali, droga, omicidi, tumori e leucemie nella “terra dei fuochi”.

È di venerdì, 14 aprile, la notizia che è stato tratto in arresto il presunto assassino di Antonio Natale, il giovane 22enne della mia parrocchia, giustiziato dalla camorra, due anni orsono.

Ci vuole coraggio a prendere la parola davanti a una bara bianca, a una mamma in lacrime, a un’ assemblea stipata e commossa che, senza parlare, ti chiede: perché? Perché, Signore? Perché ci lasci in balia di noi stessi, dei nostri fantasmi interiori, delle delusioni che ci distruggono? Non avresti potuto impedire ad Alessandro di andare in Israele? O ad Andrea di imboccare quel sentiero? O a Julia di trovarsi sulla soglia di quella finestra? Perché, Signore, il peccato degli altri, deve essere pagato dagli innocenti? Perché dormi, Signore? A chi ci rivolgeremo per trovare una risposta alle domande che ci scorticano il cuore? Una cosa è certa, il male gli uomini non lo sconfiggerranno mai del tutto. Non occorre mai abbassare la guardia. L’attenzione deve essere massima. Le antiche virtù – un tantino desuete – della pazienza, della prudenza, dell’umiltà, devono essere tenute in grande considerazione. Per limitarlo, il male. E ricordarci che siamo incredibilmente grandi ma anche immensamente piccoli. Forti e fragili. Umani e divini.

Chi crede alla Vita oltre questa vita, può accedere a una qualche forma di conforto. Chi crede in Gesù morto e risorto trova nel vangelo tanta forza e tanta luce. Il dialogo con la persona defunta continua. Saperla beata in cielo, porta conforto al cuori di chi gli ha voluto bene. Mi piace pensare che anche chi dice di non credere, nel fondo del suo cuore, spera sempre che la persona amata, da qualche parte, in qualche modo, continui a vivere. Davanti alla morte siamo un po’ tutti atei, un po’ tutti credenti. Mi ritorna in mente Maurizio Costanzo. Poco prima di morire chiese al suo amico credente: « Vogliamo recitare insieme una Ave Maria?» Mai preghiera fu più gradita a Dio. Mistero della fede. Mistero della vita. 

 
 
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