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mercoledì 25 giugno 2025
 
 

Un italiano alla Dreamworks di Los Angeles

27/11/2013  Alessandro "Alex" Ongaro, 40 anni, da dieci lavora nello studio cinematografico americano, dove ha raggiunto la posizione di capo degli effetti speciali realizzando vari film di animazione, fra i quali "Turbo".

"Nessun sogno è troppo grande e nessun sognatore è troppo piccolo". E' il motto di Turbo, il film di animazione che racconta la storia di una lumaca che adora la velocità e sogna di diventare un pilota da corsa. E si può dire che sia anche il motto alla base della parabola professionale di Alessandro "Alex" Ongaro, 40 anni, creativo italiano, con doppia nazionalità italiana e svizzera, approdato negli Stati Uniti, a Los Angeles, per lavorare negli studi della Dreamworks, dove oggi ricopre l'incarico di head of effects (capo degli effetti speciali).  Dopo aver lavorato al film Shrek forever after (l'ultimo capitolo della saga di Shrek), e ad altri film come Bee Movie e Madagascar, Ongaro ha realizzato gli effetti di Turbo. Dopo il successo nelle sale cinematografiche, l'avventura della lumaca più veloce del mondo - che arriva addirittura a correre nel circuito di Indianapolis -, diretta dal regista David Soren, dal 28 novembre è disponibile in Blu-ray 3D e Deluxe edition, Blu-ray e Dvd.

"Head of effects", in cosa consiste in pratica il tuo lavoro?
Consiste nel realizzare tutto quello che in un film non ha a che fare direttamente con l'animazione del personaggio. Per fare un esempio, in Turbo, quando la lumaca corre, la scia azzurra che lascia dietro di sé la realizza il mio dipartimento; lo stesso vale per gli effetti come il fumo, la pioggia, il fuoco e le fiamme, le esplosioni, sono tutti effetti speciali. 

Quindi una parte decisamente molto ampia di un film di animazione...
In Turbo  in realtà a livello di effettistica non c'è moltissimo, rispetto ad esempio a film come Kung Fu Panda 3 che contiene il doppio degli effetti speciali.  Per realizzare Turbo ho dovuto gestire nel mio dipartimento circa 22-23 animatori degli effetti. A volte, per altri film, questi team arrivano anche a 40-50 persone. Io in qualità di capo ho l'ultima parola su quello che realizziamo come gruppo.

Come si sviluppa il vostro lavoro?
Il lavoro è fondato sulla tecnologia ma anche molto artistico: unisce perfettamente creativita e tecnica. Spesso si parte con lo sviluppo visuale addirittura anni prima del film: alcuni artisti disegnano a mano o sulla tavoletta grafica i momenti chiave del film per avere una visione generale del look, dello stile. Si tratta dunque di un processo molto lungo, che ovviamente richiede poi l'approvazione del regista, anche se in genere quest'ultimo ci lascia molta libertà e si fida di noi. Posso dire che molti dei miei artisti sono dei piccoli geni.

Qual è la media dell'età degli animatori?
Non abbiamo persone appena uscite dalle scuole perché richiediamo artisti che abbiano già lavorato. Comunque partiamo dai 24-25 anni fino ai 45-50 anni. Quando io sono arrivato in America e facevo l'animatore degli effetti avevo 30 anni.

Tu sei l'unico italiano del dipartimento?
Sì, prima c'era un altro italiano che è andato via di recente, ora sono l'unico. A Dreamworks, come società, il team è molto internazionale. Abbiamo di tutto: tantissimi indiani, e poi cinesi, giapponesi, australiani, francesi, tedeschi, ovviamente gli americani, e qualche italiano. Nel mio dipartimento la maggior parte sono americani. Del resto, negli Stati Uniti la diversificazione etnica è una normalità: a Los Angeles ci sono più latinos che statunitensi. La multietnicità caratterizza il mondo professionale americano.

Sei uno degli italiani che all'estero ce l'hanno fatta...

Sì, per me lavorare qua era un sogno. Quando ho deciso di specializzarmi nel campo della computergrafica tanti anni fa sognavo di venire in America, dove questa tecnica è stata inventata. E ce l'ho fatta. Sono molto soddisfatto.

Cosa consiglieresti a un ragazzo italiano che volesse intraprendere la strada americana?
Bisogna avere tanta umiltà, prima di tutto. Venire negli Usa è molto complesso a causa dei visti. Sicuramente avere avuto già esperienze lavorative in Europa aiuta molto a ottenere il visto di lavoro. Adesso c'è molta competizione nel settore, tante società hanno chiuso, per essere assunti da stranieri in un'azienda come Dreamworks oggi bisogna avere davvero delle capacità straordinarie, altamente competitive, altrimenti una società preferisce assumere un americano. Poi, ovviamente, bisogna conoscere già la lingua inglese.

L'Italia è lontana?
Sì, torno solo una volta all'anno, per Natale, a trovare la famiglia. Però mi manca, a livello di cultura e tradizioni: dopo dieci anni in America ancora faccio un po' di fatica qua. Ma la cosa bella di Dreamworks è che più che un posto di lavoro sembra un campus universitario. Qui in America hanno capito da tempo che un ambiente di lavoro bello, piacevole e stimolante facilità la produttività. Purtroppo in Italia questa consapevolezza ancora manca.

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