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sabato 12 luglio 2025
 
il ricordo
 

Alfred Brendel, l'ultimo romantico del pianoforte

18/06/2025  Si è spento a Londra a 94 anni Alfred Brendel, interprete geniale dei classici viennesi, da Mozart a Beethoven, da Haydn a Schubert. Virtuoso schivo, poeta della tastiera e pensatore della musica, ha lasciato un segno indelebile nella storia del pianismo del Novecento

Con la morte di Alfred Brendel, avvenuta a Londra, a 94 anni, se ne va un altro pezzo di storia del pianismo del Novecento. Paliamo di un pianista che ha saputo coniugare mente, cuore e dita in un equilibrio raro: grande capacità analitica, per cui era giustamente famoso, ma anche sensibilità poetica e tecnica di alto livello. Dopo gli studi un po’ “casuali” (non ha avuto una formazione regolare in conservatorio) e il perfezionamento con Edwin Fischer, sommo interprete dei classici (soprattutto Mozart e Beethoven) e la vittoria al concorso Busoni nel 1949, a soli 18 anni, intraprende una carriera concertistica che decollerà soprattutto negli anni ’70.

Conservo un ricordo personale di un suo concerto ad Alba, poco prima del ritiro dall’attività concertistica (parliamo del 2006-2007): una bellissima esecuzione di Kreisleriana di Schumann, di un’inquietudine e di una poesia quintessenza del romanticismo tedesco.

Brendel si è fatto conoscere soprattutto per le sue interpretazioni dei classici viennesi: Mozart (tutte le Sonate e i Concerti), Beethoven (le Sonate e i Concerti, incisi per intero più volte) e Haydn (sentire la sua selezione di Sonate, così ricche di scoppiettante umorismo, di sorprese continue e capacità di creare una narrazione ben costruita!), Schubert (è stato un campione delle sue Sonate, che ha contribuito a far conoscere e apprezzare nelle sale da concerto). Ma il suo repertorio era ben più vasto e spaziava da JS Bach ai moderni. Il pianista austriaco è stato anche un ottimo interprete di alcune capisaldi del romanticismo: oltre al citato Schumann, del Konzertstück di Weber (inciso con la direzione di Claudio Abbado), in particolare di Liszt, che ha contribuito a far uscire dal cliché del virtuoso “da circo” per farne risaltare invece la ricchezza musicale di compositore geniale e innovativo. Sono i primi ricordi di ascolto (da cd) che ho di Brendel: la sua Sonata di Liszt, sbalzata con impeto in tutta la sua titanica costruzione, i Concerti per pianoforte e orchestra, uno strepitoso Totentanz ma anche gli Anni di pellegrinaggio, così ricchi di umori e poesie romantica (c’è anche una bellissima registrazione video, dove il pianista austriaco suona col dito incerottato per un piccolo incidente) e gli ultimi visionari pezzi che preannunciano già il Novecento. E non disdegnava neppure i pezzi virtuosistici come le trascrizioni di Liszt da opera, come documenta una vecchia (e sorprendente) incisione realizzata per la Vox a inizio anni Sessanta: veri banchi di prova per i virtuosi di razza.

A tutto questo si aggiunge una rara capacità riflessiva sulla musica e sul pianoforte, ai quali ha dedicato diversi saggi (pubblicati in Italia da Adelphi). Insomma, un artista completo e a tutto tondo, che mai aveva bisogno di esibire le proprie capacità, ma tutto al servizio della musica, che – nonostante l’approccio “analitico” – usciva sempre con fluidità e poesia, emozionando il pubblico ogni volta. Un signore della musica, di altri tempi, in questi tempi dove tutto si “confeziona” di fretta.

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