Tutto è iniziato il 10 giugno 1981, davanti al pozzo che l’Italia non può dimenticare, con una mamma disperata che raccontava a un presidente della Repubblica, empatico e pragmatico come Sandro Pertini, che cosa era mancato nel tentativo di salvare il suo bambino: un coordinamento nei soccorsi, nonostante la generosità di tante persone. Qualche settimana dopo Franca Rampi, la mamma di Alfredino, ricevette una telefonata. Era Sandro Pertini: «Signora, per lei ho istituito un ministero della Protezione civile». Lì in mezzo a quelle settimane drammatiche, attorno alla fine di giugno 1981 è maturata, per sopravvivere a un dolore indicibile, ma soprattutto per prevenirne altre forme, l’idea del Centro Rampi, che il 12 giugno ricorda i 40 anni dalla nascita con un programma fitto di incontri https://www.centrorampi.it/quaranta-anni-centro-rampi/.
A raccontare è Rita Di Iorio, psicoterapeuta, presidente del Centro Alfredo Rampi che con Daniele Biondo ne ha seguito la genesi: «Ci siamo dedicati da subito alla cultura della sicurezza, per arrivare alla tutela dell’infanzia, passando per la tutela dell’ambiente e per la prevenzione dei rischi sul territorio, senza trascurare il soccorso in emergenza. È stato un lungo percorso, che ci rende un punto di riferimento a livello nazionale nella formazione di operatori del soccorso, insegnanti, volontari, educatori al rischio nelle scuole. Abbiamo potuto farlo grazie all’aiuto di molte persone, istituzioni, volontari, esperti».
Alla base di ogni attività, convegno, studio, formazione sempre la stessa parola magica: coordinamento, quella mancata in quei tre giorni a Vermicino: «Quando si tratta di mobilitarsi l’Italia è un Paese generosissimo, ma quell’esperienza tragica ci ha insegnato che nel micro e nel macro intervento si tratta sempre di governare la complessità e per farlo occorrono equipe pluridisciplinari, con un coordinamento unico, formate a intervenire professionalmente e validamente: vale per il piccolo incidente, come per il terremoto o la pandemia. La buona volontà non basta, quel giorno non bastò perché i Vigili del fuoco erano soli, quando arrivarono gli speleologi non c’era una modalità rodata per farli dialogare. Oggi sappiamo da tutta l’esperienza maturata in protezione civile, che oggi è un dipartimento, che anche il volontario perché possa agire efficacemente deve essere formato per l’impegno in cui opera, far parte di un’associazione riconosciuta, che viene attivata da un ente che gestisce l’intero intervento: solo così si sa chi chiamare, in tempi rapidi, senza mandare energie a vuoto. Si è imparato molto in questi 40 anni, le stesse istituzioni sono state presenti. Solo in una cosa è difficile farsi ascoltare: la prevenzione. Si stenta a fare programmazione sul lungo periodo».
Sabato 12 giugno presso l’Auditorium Conciliazione di Roma, fa il punto sulla sua lunga storia con una giornata ntitolata “Più in Là”, da un verso di Montale che segna la ripresa della vita dopo una tempesta, la giornata sarà ricca di iniziative e testimonianze che raccontano come si possa superare il trauma e il dolore, attraverso la solidarietà e attraverso l’arte in varie forme. Una performance artistica molto particolare avrà luogo la sera: la Trasmissione Radiotelegrafi-ca in codice Morse dei versi di Montale trasmetterà al mondo intero un messaggio di vita e di speranza, per andare “oltre” la pandemia. Al termine della giornata si assisterà all’anteprima della miniserie “Alfredino una storia italiana” prodotta da Sky e Lotus Production. Un progetto nato con l’intenzione di accompagnare gli spettatori a superare quell’episodio terribile facendo conoscere che cosa, di buono, da quell’episodio drammatico è nato. La miniserie ha visto la collaborazione di tre procuratori delegati dalla famiglia Rampi, che in relazione alla serie non ha percepito diritti né compenso alcuno, a verificare la correttezza dei contenuti.