Allarmano i numeri e quel che si cela dietro le cifre: 450 mila richieste di aiuto in tre mesi da marzo a maggio; aumentano i “nuovi poveri”; s'ingrossano le fila degli italiani in difficoltà. È un quadro preoccupante quello tracciato dalle indagini Caritas, da cui emerge che la pandemia ha messo a dura prova una parte consistente della popolazione. Fra le persone sostenute da marzo a maggio ben più della metà - il 61,6% - sono italiane. E di queste un terzo - il 34% - sono “nuovi poveri”, cioè persone che per la prima volta si sono rivolte alla Caritas. Le difficoltà poi non si sono esaurite con la fine del lockdown, ma continuano ancora oggi.
A mancare, in Italia, è in primo luogo il lavoro. In una rilevazione condotta fra il 3 e il 23 giugno, il 95,9% delle Caritas diocesane partecipanti al monitoraggio (169, pari al 77,5% del totale) segnala infatti un aumento dei problemi legati alla perdita delle fonti di reddito, mentre oltre la metà segnala problemi come difficoltà nel pagamento di affitto o mutuo, disagio psicologico-relazionale, difficoltà scolastiche, solitudine, depressione, rinuncia a cure e assistenza sanitaria. Ampio il ventaglio delle persone che si sono rivolte ai centri Caritas, fra cui disoccupati, persone con impiego irregolare fermo a causa della pandemia, lavoratori precari privi di ammortizzatori sociali, dipendenti in attesa della cassa integrazione, pensionati e casalinghe.