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mercoledì 18 settembre 2024
 
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Benessere

Allergie e intolleranze: 3 cose da sapere per una diagnosi corretta

21/03/2017 

1. COSA DEVE FARE UN BRAVO ALLERGOLOGO?  

Professionalità, serietà e competenza sono le caratteristiche indispensabili di chi deve riconoscere la reazione avversa a un alimento.

A dimostrarle sono alcune buone pratiche che gli allergologi (in sinergia con dietologi e gastroenterologi) devono garantire, e precisamente:

a. Una diagnosi eziologica, ossia l’individuazione degli alimenti responsabili delle reazioni attraverso test affidabili.

b. L'indicazione di una dieta corretta, anche da un punto di vista nutrizionale.

c. La stesura di consigli comportamentali, come (in alcuni casi specifici) evitare l’attività ­fisica o l’assunzione di antin­ ammatori nelle due-quattro ore che precedono o seguono i pasti.

d. Prescrizioni terapeutiche da adottare in caso di emergenza, con le relative istruzioni per l’uso. Esistono farmaci (antistaminici, cortisonici, broncodilatatori) da utilizzare per gestire i sintomi di lieve entità, mentre l’adrenalina va usata solo in caso di anafilassi.

2. Come distinguere subito le intolleranze dalle allergie

Spesso scambiati per sinonimi, i termini “allergia” e “intolleranza” indicano due differenti modalità dell’organismo di rispondere a un determinato alimento. Nel caso dell’allergia, il sistema immunitario attiva una reazione simile a quella manifestata nei confronti di virus e batteri, stimolando la produzione di anticorpi specifici allo scopo di neutralizzare una sostanza identificata erroneamente come dannosa. Nelle intolleranze, invece, il corpo si “ribella” semplicemente a un cibo che non riesce ad assimilare correttamente, di solito per la mancanza di alcuni enzimi digestivi. I sintomi possono essere simili, ovvero cutanei (rossori, prurito, eczema, gonfiori...), gastrointestinali (dolori addominali, diarrea, stipsi, meteorismo, nausea...) o sistemici (astenia, febbre, aritmie cardiache...), ma nelle forme allergiche possono presentarsi disturbi anche a livello respiratorio (come starnuti, naso che cola, tosse, asma). Se queste manifestazioni sono sfumate, una persona non esperta può confondere le due diverse patologie, ma lo specialista è in grado di porre il corretto sospetto diagnostico.

3. Intolleranze e sintomi di malattie gravi all'intestino: per non fare errori

  

Emocromo, indici di flogosi (Ves e Pcr) e dosaggio della calprotectina fecale: sono gli esami che possono rivelare uno stato infiammatorio dell’intestino, spesso scambiato per allergie o intolleranze. «La maggior parte dei sintomi lamentati infatti, come senso di gonfiore, mal di stomaco, stipsi, diarrea o dimagrimento, può nascondere patologie organiche anche importanti, come la colite ulcerosa o il morbo di Crohn», spiega il professor Antonio Craxi, presidente della Società italiana di gastroenterologia ed endoscopia digestiva (www.sied.it). «Ritardare la diagnosi, affidandosi a test che mettono in luce false reazioni avverse ai cibi, significa rimandare l’adozione di una terapia potenzialmente efficace e in grado di arrestare la progressione della patologia». In altre parole, una diagnosi scorretta rischia di deviare dal normale percorso richiesto da una malattia digestiva, che può emergere solamente attraverso esami specifici (gastroscopia, colonscopia, ecografia delle anse intestinali, risonanza magnetica addominale...). «Soprattutto quando la sintomatologia insorge all’improvviso, cioè non rappresenta un problema abituale, e magari è accompagnata da decadimento fisico generale, anemia o febbre, vale la pena indagare», raccomanda il professor Craxi. «Qualora si trattasse di una malattia vera e propria, l’attenzione alla dieta sarebbe utile ma minoritaria rispetto all’aspetto farmacologico: in molti casi, infatti, la causa sta in disturbi funzionali di cui non è sempre chiara l’origine, ma che devono essere trattati con precisione e tempestività».

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