Sono un’insegnante di una scuola superiore paritaria da alcuni anni. Vorrei chiederle un parere su un allievo di III liceo che mi colpisce e mi interpella come educatrice. Gerardo (è un nome di fantasia) ha una frequenza non sempre continua e risultati alterni, ma nel complesso sufficienti, malgrado sia ampiamente dotato di logica e di intuito. Ha diversi amici ed è bene inserito nella sua classe. Quello che mi preoccupa però è che alterna momenti di esaltazione per i suoi interessi, perché è un sognatore e già si immagina proiettato nel successo nel mondo dello sport o dell’informatica, a momenti di tristezza in cui si isola e arriva anche ad abbandonare per qualche tempo l’impegno scolastico. Vorrei aiutarlo a raggiungere un maggiore equilibrio, ma non so come. Grazie.
— Cara Sara, la sua lettera giunge a proposito per questo numero di inizio anno, tempo di bilanci e di intenti.
Il suo allievo adolescente la preoccupa per queste oscillazioni così marcate. Come se in certi momenti fosse scollato dalla realtà, perduto nei suoi sogni, e in altri la stessa realtà gli apparisse talmente ruvida e refrattaria da farlo disperare di raggiungere i suoi obiettivi.
Il fervido mondo interiore dell’adolescente deve integrarsi con un mondo esterno a lui, che funziona in modo differente dai suoi pensieri. Mi viene da pensare che sia un ragazzo perlopiù in fuga, nella fantasticheria, come nel ritiro sociale e nelle assenze da scuola. Come se non si sentisse adeguatamente in grado di riconoscere le sue risorse (che l’insegnante definisce buone) e di manifestarle.
Di che cosa ha bisogno, allora? Penso che debba guardare un po’ di più dentro di sé, non per perdersi nei sogni di gloria, ma per conoscersi meglio e in modo più realistico. Ciò non significa tanto che l’adulto gli debba mostrare queste sue qualità, attraverso le lodi e le gratificazioni, ma che piuttosto lo guidi a ritrovarle dentro di sé, accompagnandolo e lasciando che sia lui stesso a scoprirle.
Per questo, ha bisogno anche di fare esperienze di vita concrete che gli consentano di mettersi alla prova e di capire le proprie potenzialità e i propri limiti, ma anche di fare amicizia con la realtà e i suoi vincoli.
Fare esperienze non significa soltanto vivere situazioni diverse, anche da solo o con il gruppo degli amici, ma soprattutto poter poi riflettere su di esse. I limiti imposti dalla pandemia hanno ristretto il campo delle esperienze concrete e allargato quello virtuale. Occorre uno sforzo congiunto con la famiglia e il resto della comunità educativa della scuola per favorire questi processi di crescita e il raggiungimento di un nuovo equilibrio.