“Quello indipendentista è un progetto sbagliato, antistorico e impraticabile. Il disegno venetista non appare né credibile, né percorribile. Oggi più che mai, mentre il “miracolo del Nordest” ci appare già malinconicamente alle spalle, dobbiamo avere la consapevolezza che l'attuale crisi può essere vinta e superata solo se si è tutti uniti. L'Italia ha bisogno del Veneto e dell'Europa e il Veneto dell'Italia e dell'Europa”.
La chiesa veneta, per bocca dei suoi nove settimanali diocesani che escono con un editoriale comune intitolato “Siamo Veneti, dunque italiani”, boccia solennemente l’iniziativa del movimento indipendentista di Gianluca Busato, che nei giorni scorsi ha organizzato un referendum in rete per chiedere ai veneti l’autodeterminazione, con il conseguente distacco dall’Italia.
Il giudizio dei direttori dei giornali cattolici prescinde dal numero, peraltro assai contestato, di quanti avrebbero davvero preso parte al voto: i promotori sostengono di aver raggiunto addirittura i due milioni di votanti, praticamente un veneto su due; ma c’è, invece, chi afferma che a votare non siano stati oltre centomila cittadini. Ma “al di là dei numeri (sulla cui attendibilità non si può non dubitare) è necessario valutare il segnale e il merito stesso della proposta indipendentista”, si osserva nell’editoriale: “L'esito di questo referendum-sondaggio non va sottovalutato. Si aggiunge ai tanti indicatori di un malessere diffuso anche in Veneto. Si tratta di un disagio amplificato da una crisi economica che non trova soluzioni immediate, da uno Stato centrale che appare, a molti, sempre più lontano, da una politica che fatica a riguadagnare la china della credibilità.
E così si affaccia all'orizzonte "la questione veneta" dopo che per più di vent'anni ha tenuto banco la questione settentrionale senza, peraltro, ottenere nulla di significativo. Il voto venetista s'inquadra in un contesto europeo dove spira un vento freddo nei confronti degli stati nazionali e gelido nei confronti dell'Europa”.
Ma, sottolineano i direttori, se è vero che “gli scandali di questi ultimi anni, sull'uso di denaro pubblico che da Nord a Sud hanno attraversato molti Consigli Regionali e non solo, hanno evidenziato il fallimento delle Regioni proprio di fronte alla prova di una rinnovata e maggiore responsabilità”, la via d’uscita non può davvero consistere in una scelta nostatalgica e velleitarista di un impossibile ritorno alla Repubblica Serenissima.
“Il futuro dell'Italia passa – prosegue l’editoriale congiunto - per una compiuta riforma federalista, che sappia valorizzare ogni livello istituzionale secondo quel principio di sussidiarietà che tanti, a parole, evocano ma che è rimasto fin qui sostanzialmente ignorato nei fatti. Per vent'anni la politica ha saputo partorire solo riforme parziali o grossolane, dal titolo V alla “devolution”, mentre i problemi si acuivano. È tempo di una svolta sostanziale. Ma per tutto questo serve una politica davvero vicina alla gente, che metta al centro la ricerca del Bene comune, il rispetto della legalità, l'efficienza della macchina pubblica”.
Così ,mentre il movimento di Busato, anzi l’autoproclamata Repubblica Federale veneta nomina il tribunale e stabilisce “l’esenzione totale dalle tasse”, la Chiesa veneta rilancia convintamente la via federalista, da tanti invocata, ma da nessuno perseguita nei fatti. Concludono i direttori: “Con le Elezioni Europee alle porte dobbiamo decidere se innalzare muri o se rafforzare i ponti pericolanti che esistono e magari farne qualche altro... Altro che Veneto indipendente!!”.