Il consiglio di classe del liceo scientifico Sabim di Bologna ha ritenuto di bocciarlo, nel giugno scorso, a causa di due insufficienze gravi, precisamente due quattro, in inglese e in italiano. Secondo i prof il ragazzo, dislessico certificato, non studiava abbastanza e si dimostrava pigro. E così Mario, nome di fantasia, avrebbe dovuto ripetere la prima. Le cose sono andate diversamente.
I genitori dello studente hanno fatto ricorso e il Tar dell’Emilia Romagna, con una sentenza che farà clamore, ha dato loro ragione, annullando la bocciatura.
Mario non è pigro, ma è semplicemente dislessico e gli scarsi risultati in inglese e in italiano sono dovuti al suo disturbo dell’apprendimento. I suoi insegnanti, nonostante la scuola avesse predisposto per lui un percorso personalizzato, come da normativa, non ne hanno tenuto sufficientemente conto tanto più che lo studente, aldilà dei quattro in inglese e in italiano, aveva la piena sufficienza nelle materie di indirizzo.
I giudici, ripercorrendo la vicenda, ricordano le misure "dispensative" prescritte dalla legge per chi è dislessico, disortografico e discalculico, come in questo caso: la sintesi vocale, il registratore per prendere appunti, l'uso della calcolatrice, programmi di videoscrittura con correttore ortografico. La loro conclusione si traduce in una precisa accusa per la scuola che "pur in possesso di una diagnosi di disturbi specifici dell'apprendimento già nel dicembre 2014 e nonostante abbia predisposto apposito piano didattico personalizzato, non ha poi dato concreta attuazione ad esso".
Ingiustificata quindi la bocciatura in quanto, conclude la sentenza, proprio dal verbale del consiglio di classe che all'unanimità ha deciso di non ammetterlo alla classe successiva traspare che l’insufficiente preparazione dell’alunno è stata considerata come negligenza “ mentre i comportamenti del ragazzo non sono stati valutati alla luce del fatto che aveva una certificazione Dsa". L’Avvocatura di stato non ha fatto ricorso per cui la sentenza del Tar è diventata definitiva e lo studente, che nel frattempo era stato iscritto a una scuola parificata, è passato di diritto in seconda. “Una scelta che non avrei voluto fare, perché ho sempre creduto nella scuola pubblica”, ha dichiarato la mamma “ ma ho voluto così denunciare l'impreparazione che c'è sui Dsa, gli ostacoli incontrati, le sofferenze e le ingiustizie come la bocciatura, che hanno annientato l'autostima di mio figlio”.
Una sentenza storica che, aldilà del singolo caso, invita a riflettere se la nostra scuola- e soprattutto la scuola superiore- sia sufficientemente preparata per accompagnare e aiutare questi ragazzi.