Alzheimer, un termine che fa paura e porta con sé sofferenza, oblio, isolamento, solitudine, ma anche un pesante carico psicofisico per i familiari. A Milano queste problematiche sono affrontate dalla
Fondazione Manuli Onlus, che dal 1992 offre anche a domicilio servizi assistenziali gratuiti e personalizzati ai malati e ai loro care giver, cioè i familiari che li aiutano – vittime indirette della patologia.
Ogni anno la Fondazione prende in carico 300 nuovi casi, offrendo ben 15.000 ore di assistenza a cura di esperti (medici, infermieri, psicologi ecc.) e volontari formati ad hoc. Tra le iniziative della Fondazione ci sono pure sedute di terapie non farmacologiche quali arteterapia, danza-movimentoterapia, musicoterapia (quest'ultima partirà a marzo). Dal 2007, poi, c'è l'Alzheimer Café Milano, che accoglie circa 80 nuclei familiari.
«Gli incontri si svolgono presso due sedi date in concessione grazie a convenzioni con il Comune di Milano/Istituto dei Ciechi e le Residenze per anziani Saccardo» spiega la presidente,
Cristina Manuli. «
Lo scopo è duplice: da una parte, spezzare l'isolamento del nucleo familiare, proponendo attività mirate al mantenimento delle capacità residue del paziente; dall'altra, offrire al care giver un punto di incontro e di confronto sulle proprie esperienze». Come si svolge l'incontro?
I pazienti si radunano in un'aula dove un terapista occupazionale, coadiuvato da volontari, sottopone loro attività diverse, come stimolazione cognitiva o sensoriale, attività manuali e creative.
In un'altra stanza i familiari ascoltano esperti di vari settori (avvocati, neurologi, psicologi ecc.) o volontari formati appositamente che li informano sulla malattia, sul modo di comunicare con i malati, sulle novità nel settore ecc.
Il pomeriggio si chiude in modo leggero e conviviale con musica e merenda e con la possibilità di condividere il proprio fardello con gli altri.
I benefici di queste sedute si protraggono a lungo: come sottolinea la presidente, il carico di stress dei familiari è pesantissimo, soprattutto al primo incontro, così ricevere guida e orientamento è di grande aiuto. «E poi, diversamente che in un bar qualsiasi, qui sono possibili la socializzazione e un ritorno alla normalità, almeno temporaneo».
La speranza è che questi luoghi di incontro, nati nel 1997 per iniziativa di un medico olandese e poi diffusi in altre capitali europee, possano trovare spazio anche in altre città italiane.
Info: www.fondazione-manuli.org;