«Nessuno ama quello che non conosce». Parte da sant’Agostino Lucy Urvina Alejandro per spiegare il suo impegno quale responsabile dell’area Ecologia integrale della Caritas diocesana di Tena, capitale della provincia del Napo, nella regione amazzonica dell’Ecuador. Ciò che non conosciamo abbastanza è l’inestimabile valore della natura che ci circonda, una ricchezza che Dio ha affidato all’uomo perché la custodisca e la faccia fruttificare. Promuovere tale consapevolezza è la missione di questa giovane di ventotto anni, laurea in Sociologia e relazioni internazionali, che è anche membro del Movimento cattolico mondiale per il clima, un network internazionale di individui e organizzazioni cattoliche nato nel 2015 per rispondere all’appello per la difesa del creato, pietra miliare della Laudato si’ di papa Francesco. Incontriamo Lucy a Tena durante la “Missione Ecuador” organizzata dal 1° all’11 settembre dalla Focsiv (Federazione italiana che raggruppa 86 organizzazioni non governative di ispirazione cristiana impegnate nel volontariato internazionale). «Come Caritas, forniamo alimenti e vestiario a chi non ne ha, ma soprattutto offriamo ascolto. Io in particolare seguo i ragazzi della fascia 14-19 anni, che abitano i quartieri periferici. In questa società fortemente individualista, le persone sperimentano la solitudine, pertanto non necessitano solo di cibo, ma anche di qualcuno che le ami». L’altro impegno «è cercare di far conoscere la grandiosità della natura in cui siamo immersi, di spiegare alle comunità che questo patrimonio va tutelato».
Missione educazione
La giovane operatrice della Caritas ricorda che quand’era piccola le era stato insegnato a pescare, a utilizzare alimenti organici, a conoscere le piante medicinali, a non sprecare l’acqua. «Noi nasciamo immersi in questa relazione con la natura. E, quando è stata pubblicata la Laudato si’, ho sentito come mio dovere farla conoscere». Così in diocesi si è formato un gruppo di otto persone, chiamati «Animatori della Laudato si’», che l’hanno studiata, ed ora girano per le parrocchie per divulgarne i contenuti e il messaggio, in vista del Sinodo sull’Amazzonia indetto da papa Francesco che si terrà a Roma dal 6 al 27 ottobre. «Non è facile», spiega Lucy. «Chiedo spesso a Dio di darmi pazienza e forza. Qui tutti si ritengono buoni cristiani perché pregano molto, mentre faticano a comprendere che un credente deve anche tutelare la casa comune, che per noi non è solo il territorio della nostra diocesi, ma è tutto il Paese, e l’Amazzonia in particolare. Perché è quella che soffre maggiormente per i disboscamenti, le monocolture estensive, le centrali idroelettriche, le attività estrattive del petrolio. Chi abita in città ne risente meno, mentre le comunità che vivono nella foresta soffrono. Buona parte della rete fluviale è contaminata. Ma da quei fiumi le donne prendono l’acqua per cucinare, in quei fiumi lavano i panni, i mariti pescano e i bambini nuotano. Molti manifestano problemi di salute. Alcuni tipi di piante non esistono più, gli alberi da frutto risentono della moria di api perché viene loro a mancare l’impollinazione. Noi cerchiamo di spiegare che se vogliamo salvaguardare la nostra terra, dobbiamo cambiare il nostro stile di vita. E spieghiamo anche che preservare l’ambiente è un dovere nei confronti di chi verrà dopo di noi».
Vocazione familiare
La “vocazione alla difesa della natura” Lucy se la porta dentro da sempre e il primo risultato positivo l’ha ottenuto in famiglia. «I miei genitori sono originari del sud del Paese, vennero in queste zone negli anni Settanta perché il Governo donava lotti di terra per chi volesse lavorarla. Mio papà fu incaricato di tagliare alberi. Era pagato molto poco, mentre quelli che poi rivendevano il legname ne traevano grossi profitti. Gli dissi: “Che senso ha? Distruggi la natura e non te ne viene quasi nulla in cambio”. Mi ascoltò. Da allora ha cambiato mestiere, guida i taxi». Ogni venerdì Lucy porta un gruppo di giovani a ripulire dalla spazzatura le rive del rio Napo. «Nonostante il fiume sia inquinato dagli sversamenti del petrolio, molti turisti vengono qui a fare kayak e rafting (la discesa lungo le rapide del fiume su gommoni), e lasciano montagne di rifiuti. Noi, grazie a una delle società di rafting, che ci mette a disposizione gratuitamente imbarcazioni e istruttori, li raccogliamo, rispondendo così all’appello di “Fridays for future” (gli scioperi del “Venerdì per il futuro”) dell’attivista Greta Thunberg». Lucy confida molto nella Chiesa locale: «Il vescovo Adelio Pasqualotto ha scritto una lettera al presidente dell’Ecuador sollecitandolo affinché vengano protetti i fiumi. E al Sinodo porterà un documento con le richieste della popolazione ecuadoriana. Questo appoggio istituzionale è per me fondamentale, perché mi indica la direzione, e perché così so che siamo in tanti a credere nello stesso obiettivo». Ma quando anche questo non basta..., Lucy ricorre a “el flaco”, “il magro”, come lei chiama amichevolmente Gesù. «Mi affido a lui. Gli racconto le mie giornate, le mie difficoltà, quello che sento dentro. Lo incontro in chiesa, ma soprattutto lo incontro immersa nella mia natura, ammirando una cascata, o seduta sulla riva del Napo. Allora tutto ritrova un senso e le fatiche vengono meno».
(Foto in alto di Cristian Gennari)