Cosa fa una coppia di genitori, se il figlio si ammala di morbillo? Si rivolge al pediatra. Ma non se i genitori sono immigrati irregolari in Italia. Eppure si tratta di un bambino, protetto in via teorica da leggi nazionali e internazionali.
Anche per ovviare a situazioni come questa, il 20 dicembre scorso Governo e regioni hanno raggiunto un accordo sulle “Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera”. Una delle misure previste è proprio l’accesso al Servizio sanitario nazionale, con l’assegnazione del pediatra di libera scelta, anche per i minori con genitori in condizioni di soggiorno irregolare.
Finora l’Accordo è stato recepito da Lazio, Puglia, Liguria, Campania, Calabria, Friuli Venezia Giulia e Provincia autonoma di Trento. E basta. Ma il caso che ha sollevato più polemiche è stata la bocciatura al Consiglio regionale della Lombardia (con i voti di Pdl, Lega Nord e Fratelli d’Italia), nel luglio scorso, di una mozione che chiedeva appunto il riconoscimento «dell’assistenza sanitaria di base anche per i minori non regolari», con «l’attribuzione del pediatra di libera scelta e l’erogazione di determinate prestazioni sanitarie per i figli di immigrati extracomunitari senza permesso di soggiorno».
Il primo firmatario della mozione era Umberto Ambrosoli di Patto Civico, con l’appoggio di Pd e Movimento 5 Stelle. «I bambini degli irregolari possono già contare su un’ampia offerta di prestazioni offerte dal nostro sistema sanitario» ha obiettato in aula l’assessore lombardo alla Sanità, Mario Mantovani (Pdl). «A parte le urgenze, riconosciute da tutti i pronto soccorso, ci sono poi le cure essenziali e gli interventi di medicina preventiva, tutti servizi a carico della nostra sanità». Parole alle quali però, nei giorni successivi, l’assessore ha fatto seguire segnali di disponibilità alla ratifica dell’accordo.
Umberto Ambrosoli, i minori figli di immigrati irregolari possono già contare su una serie di cure sanitarie?
«È vero nel regime dell’emergenza e urgenza, non è vero per tutto il resto. Perciò noi chiedevamo l’iscrizione alle liste dei pediatri, cioè una continuità di cure e un monitoraggio in grado di far fronte a situazione non di emergenza e urgenza. Per fare esempi molto banali, di fronte a malattie come il morbillo o la quinta malattia, un conto è affrontarle in totale solitudine, e un altro con l’assistenza di un pediatra, non fosse altro che per la tranquillità di tutti i soggetti coinvolti. Ed è così per tanti stati infiammatori, per tutta una serie di situazioni patologiche, oppure non patologiche ma meritevoli di investigazione per comprendere che tali non siano: tutti esempi che nei pronto soccorso non trovano certo la legittimazione neppure per un codice bianco».
Come si può accelerare il riconoscimento di questo diritto per i minori figli di irregolari?
«Qui si tratta di mettere le Regioni davanti alle loro responsabilità. In Lombardia è stata avviata un’azione legale da parte di un’associazione per la tutela dei diritti dei cittadini non regolari, rivolta proprio al riconoscimento di questo diritto. Esiste comunque il tavolo politico: noi, ad esempio, non abbiamo nessuna intenzione di arrenderci. Quando ascolteremo in commissione Sanità i responsabili della Caritas e del Naga (che si occupano dell’assistenza sanitaria agli immigrati, ndr), se apprenderemo che la realtà è tra l’altro diversa da come ci è stata rappresentata dall’assessore alla Sanità, non esiteremo a presentare un progetto di legge che riproponga il tema».
In che senso diversa?
«A noi sembra che i diritti comunque riconosciuti ai bambini irregolari stranieri, anche in tema di assistenza in emergenza e urgenza, non siano così ampi quanto a patologie coperte».
L’attuazione dell’Accordo del 20 dicembre rappresenterebbe un costo in più per la Regione?
«Alla fine, no. L’associazione dei pediatri ha chiarito che i suoi associati, che rappresentano una grandissima maggioranza dei pediatri esistenti, se ne farebbero carico in termini gratuiti. Quei piccoli pazienti non costituirebbero ulteriori soggetti verso i quali il Sistema sanitario regionale deve erogare delle prestazioni».
Dopo quest’intervista, Ambrosoli ha in effetti deciso di presentare il progetto di legge, per accelerare i tempi della ratifica dell’accordo.